È stato recentemente pubblicato il rapporto di sintesi sugli INDC, i contributi volontari alla lotta ai cambiamenti climatici presentati nell’ambito dell’Accordo di Parigi, da parte della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).Il report sintetizza lo stato di avanzamento degli impegni nazionali per il clima, e sarà seguito da un altro report più completo prima dello svolgimento della 26^ Conferenza delle parti sul clima (COP26) questo novembre a Glasgow. Già questo primo rapporto sintetico mette in evidenza che l'impatto combinato degli impegni dei vari paesi è molto inferiore a quanto necessario, tanto che il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha commentato: “Il rapporto sintetico di oggi dell'UNFCCC è un allarmerosso per il nostro pianeta. Mostra che i governi non sono neanche lontanamente vicini al livello di ambizione necessario per limitare il cambiamento climatico a 1,5 gradi e raggiungere gli obiettivi dell'accordo di Parigi”.I principali dati che emergono dal rapporto:le informazioni sintetizzate nel report riguardano 48 INDC, presentati al 31 dicembre 2020 come nuovi o aggiornati, rappresentano 75 Parti, circa il 40% delle parti dell'accordo di Parigi e circa il 30% delle emissioni globali di gas serra al 2017. Al 25 febbraio 2021 sono 163 gli INDC registrati;molte parti hanno rafforzato il loro impegno a ridurre o limitare le emissioni di gas serra entro il 2025 o il 2030, dimostrando una maggiore ambizione nell'affrontare il cambiamento climatico;le emissioni di gas serra complessive stimate, nonostante gli aggiornamenti degli impegni, continuano a crescere fino al 2025 e a diminuire in modo irrisorio nel 2030: nel 2025 le emissioni saranno il 2% in più rispetto al livello del 1990, del 2,2% in più rispetto al livello del 2010 e dello 0,5 % in più rispetto al livello del 2017. Nel 2030 le emissioni di gas serra saranno lo 0,7% meno rispetto al 1990, lo0,5% meno rispetto al 2010 e il 2,1% meno rispetto al 2017.lo SR1.5 (speciale report 1.5°C dell’IPCC, il panel scientifico intergovernativo sui cambiamenti climatici) indicava che per essere coerenti con l’obiettivo di contenere la temperatura globale entro 1,5° C, le emissioni nette globali di CO2, oltre a quelle degli altri gas effetto serra, devono diminuire di circa il 45% dal livello del 2010 entro il 2030, raggiungendo lo zero netto intorno al 2050. Come è evidente le riduzioni stimate (-0,5% al 2030 rispetto al 2010) ci dicono che siamo molto lontani rispetto a quanto sarebbe necessario, dimostrando la necessità e l’urgenza chele parti rafforzino ulteriormente ed in modo adeguato i loro impegni in seno all'accordo diParigi e che agiscano concretamente senza ulteriori tentennamenti.Il report fa anche un’analisi di tipo qualitativo sui 48 INDC nuovi o aggiornati, da cui emerge che diversi paesi hanno evidenziato nei loro impegni la coerenza e le sinergie politiche fra le misure di mitigazione e le priorità di sviluppo e con le misure di ripresa dalla pandemia. Alcuni hanno inserito processi di consultazione partecipativa ed inclusiva, in particolare in riferimento all'equità di genere, al ruolo delle comunità locali e al ruolo ed ai diritti delle popolazioni indigene. Perquanto riguarda le misure di mitigazione molti paesi indicano i settori prioritari: forniture energetiche, trasporti, costruzioni, industria, agricoltura, rifiuti ed assorbimenti del suolo. Alcuni hanno introdotto anche una parte dedicata all'implementazione dei mezzi finanziari, della tecnologia e del rafforzamento delle capacità. Molti hanno evidenziato altre aspirazioni contestuali e aree prioritarie, fra cui: sinergie tra impegni climatici ed obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), adattamento e sviluppo resiliente al clima, collaborazione e sostegno da parte dei paesi sviluppati e organizzazioni internazionali, implementazione delle tecnologie a basse emissioni per la riduzione delle emissioni e per il sostegno alla crescita economica, sicurezza alimentare e sradicamento della povertà, coinvolgimento dei giovani, delle autorità e delle comunità locali e delle popolazioni indigene, giusta transizione della forza lavoro, giustizia sociale e climatica, economia circolare, riduzione del rischio di catastrofi, salute umana, produzione di energia da fonti rinnovabili ed efficienza energetica, riduzione rischi causati da perdite e danni.È stato evidenziato l'impatto disuguale fra i diversi gruppi della società e sulla forza lavoro come conseguenza delle misure di risposta. Molti intendono affrontare questi impatti includendo il concetto di giusta transizione nell'implementazione dei propri impegni, con meccanismi di giusta transizione, adeguati fondi per la transizione, leggi e strategie per la protezione dei lavoratori, creazione di nuova occupazione, sviluppo di nuove competenze e politiche per l'occupazione, protezione sociale. Alcune parti hanno prestato particolare attenzione ad affrontare gli impatti delle misure di risposta sui gruppi e le comunità vulnerabili in relazione alla povertà e alle disuguaglianze. Alcune parti hanno preso in considerazione anche le misure di adattamento, facendo riferimento all'aumento della temperatura, alle temperature estreme, alle variazioni delle precipitazioni e all'innalzamento dei livello del mare. Questi fenomeni sono stati identificati come responsabili di vari impatti climatici, in particolare eventi estremi (compresi eventi di pioggia, tempeste e cicloni), inondazioni, siccità, ondate di calore, salinizzazione, acidificazione degli oceani, erosioni e smottamenti che colpiscono sopratutto le aree vulnerabili, l'agricoltura e la sicurezza alimentare, la risorsa idrica, la biodiversità e gli ecosistemi, i sistemi sanitari, le infrastrutture (in particolare energetiche) e la perdita di territorio, di mezzi di sussistenza e dihabitat. Altra priorità è la salute su cui intervenire attraverso le istituzioni sanitarie, la sorveglianza e il monitoraggio delle vulnerabilità ed interventi di prevenzione per attenuare gli effetti delle ondate di calore sulla malattie cardiache e respiratorie.Tornando agli impegni quantitativi, è utile richiamare ancora il monito del Segretario Generale dell’ONU che, nella sua dichiarazione di commento al report dell’UNFCCC, ha sfidato i principali emettitori ad intensificare gli obiettivi di riduzione delle emissioni, sottolineando come i piani di ripresa dal COVID-19 siano stati e siano un’opportunità di ricostruire più verde e più pulito ed esortando i decisori politici ad accompagnare gli impegni a lungo termine con azioni immediate per avviare il decennio di trasformazione di cui le persone e il pianeta hanno disperatamente bisogno.Queste parole ci riportano direttamente alla situazione europea e del nostro paese. L’Europa, con ilgreen deal prima e con il NGEU dopo, ha lanciato la sua strategia per la lotta al cambiamento climatico e per una ripresa fondata sulla sostenibilità (ambientale, climatica e sociale) e sulla resilienza. I nuovi target di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 rispetto al 1990 per arrivare alla neutralità climatica al 2050 rappresentano il nuovo impegno europeo per contribuire al contenimento della temperatura globale entro 1.5°C. Anche i nuovi impegni europei potrebbero non essere sufficienti ma intanto devono essere perseguiti con azioni concrete, per poi essere eventualmente aggiornati se il livello complessivo delle emissioni globali lo renderà necessario.In ogni caso rappresentano un innalzamento delle ambizioni che il nostro paese non ha ancora seguito e questo è particolarmente grave anche in considerazione del ruolo istituzionale a livello internazionale che il nostro Governo ha assunto con la presidenza del G20 e con la co-presidenza della COP26. Non si sta facendo quanto necessario per rispettare l’obiettivo di 1,5°C, per farlo dobbiamo imporre una profonda trasformazione dell'intero sistema economico e produttivo.LaCGIL ha da tempo avanzato le sue proposte per un nuovo modello di sviluppo sostenibile, con unruolo forte dello Stato anche nella creazione diretta di lavoro, a partire dal Piano del Lavoro del 2013, fino ai più recenti documenti “Dall’emergenza al nuovo modello di sviluppo” e Piattaforma CGIL, CISL, UIL per la giusta transizione.La contrattazione è il nostro strumento prioritario per rivendicare un cambiamento radicale del modello di sviluppo verso una società equa, rispettosa dei limiti del pianeta e dei diritti umani e del lavoro, per affrontare con urgenza l’emergenza climatica e la riconversione ecologica del sistema produttivo attraverso una giusta transizione che porti piena e buona occupazione. Con le nostre idee, le nostre proposte e la nostra rappresentanza vogliamo essere protagonisti della costruzione del futuro del Paese, nella contrattazione e nel confronto con il Governo, con gli Enti Locali e con le Aziende. Siamo convinti anche della forza della partecipazione, delle alleanze e della mobilitazione.Ieri eravamo fisicamente e da remoto nelle piazze dell’azione globale per il clima con il movimento dei #FFF, oggi continuiamo il nostro impegno e il nostro attivismo insieme al movimento sindacale internazionale e con una fitta rete di alleanze e di consolidate relazioni con il movimento dei #FFF, con le associazioni ambientaliste e i movimenti per la giustizia sociale perché non possiamo lasciarci sfuggire l'opportunità che viene dalle risorse europee per segnare una svolta in materia di lavoro, clima, ambiente, salute, giustizia sociale.
Clima: Nuovo report UNFCCC, allarme rosso per il pianeta. L'azione della Cgil continua a partire dalla contrattazione
22 marzo 2021 • 15:15