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L’Italia ha un rischio idrogeologico molto elevato, anche se di dissesto idrogeologico si parla poco, di solito nei giorni che seguono l’ennesima tragedia.
Gli ultimi dati ISPRA (“Dissesto idrogeologico in Italia”, Rapporto 2021) attestano come continui ad aumentare la superficie potenzialmente soggetta a frane e alluvioni: nel 2021 rispettivamente del 4% e del 19% rispetto al 2017. Quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità: 1.300.000 in zone a rischio frane, circa 7 milioni in aree a rischio alluvione.
Peraltro il consumo di suolo non si arresta e mentre parliamo di fine di cicli urbani espansivi, necessità di riqualificare edifici e rigenerare ambiti, urgenza di mettere in sicurezza ampie porzioni del territorio, sempre l’ISPRA registra come nel 2021 il consumo di suolo torni a crescere sfiorando i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno, con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni.
La consapevolezza dei rischi, che sembra diffondersi nel momento in cui certi eventi si verificano, contrasta con i periodici condoni edilizi, rispetto a un tema, quello dell’abusivismo appunto, che legato anche alla responsabilità delle amministrazioni e alla necessità di intensificare controlli e applicare correttamente sanzioni, è causa della degradazione del nostro patrimonio comune.
Oltre alle tre leggi speciali che hanno disciplinato altrettanti condoni (L. 47/1985, L. 724/1994 e L.326/2003) e che hanno ormai consolidato nel nostro territorio un patrimonio edilizio diffuso, in gran parte estraneo a norme su sicurezza strutturale e agibilità degli edifici, anche provvedimenti recenti hanno previsto “mini condoni”. Ne è stato esempio il “cd. decreto Genova” (D.L. 109/2018), che al suo interno ha previsto una sanatoria per gli abusi proprio nell’Isola di Ischia, oltre che nelle regioni del Centro Italia colpite dal terremoto del 2016, stabilendo un precedente pericoloso in zone particolarmente a rischio di disastri naturali: gli eventuali abusi sanabili, infatti, possono essere concause dei danni che si verificano a seguito di eventi disastrosi, e possono concorrere ulteriormente a compromette la tenuta degli immobili.
Un abusivismo che continua ad avere ritmi elevati. Secondo gli indicatori BES inseriti nel DEF, l’indice di abusivismo edilizio segna 15,1 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate nel 2021, con valori particolarmente elevati nel Mezzogiorno (38,4 ogni 100): un danno, anche sociale, pagato da tutti i cittadini e contro la collettività.
La fragilità del territorio è inoltre aggravata dal cambiamento climatico in atto che aumenta la frequenza e l'intensità di alcuni eventi atmosferici e aggrava una condizione di rischio, in molti casi già elevata, dei fenomeni di dissesto, con le conseguenti frane, alluvioni, allagamenti.
Come ci indica il rapporto sull’analisi di rischio dei cambiamenti climatici per l’Italia del CMCC del 2021, i cambiamenti climatici sono un acceleratore del rischio per molti ambiti dell’economia e della società. Il rapporto evidenzia come i fattori antropici (consumo di suolo e impermeabilizzazione, occupazione delle aree fluviali, ecc.), aggravati da innalzamento della temperatura e aumento di fenomeni di precipitazione localizzati nello spazio, causati dal cambiamento climatico, abbiamo un ruolo importante nell’esacerbare il rischio. L’analisi evidenzia che, nel periodo 1999-2018, per l’intero Paese, la probabilità del rischio meteorologico estremo è aumentata di circa il 9%, rispetto ai 20 anni precedenti (1979-1998). Eppure anche di fronte alla distruzione e alla perdita di vite umane, non si apre mai una seria riflessione che tenga conto della connessione stretta fra quello che è successo e il cambiamento climatico.
Accelerare la transizione energetica e ridurre le emissioni climalteranti per contrastare il cambiamento climatico è una priorità che va accompagnata anche da politiche di adattamento che consentano di ridurre gli impatti del cambiamento climatico già in atto. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) ha ancora un obiettivo di riduzione delle emissioni del 37% al 2030 mentre la legge europea per il clima indica una riduzione del 55% e manca completamente una pianificazione che consenta lo sviluppo della produzione nazionale di energie rinnovabili, anche attraverso lo sviluppo delle relative filiere.
Grande assente è anche il Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico (P.N.A.C.C), fermo da oltre 4 anni, che dovrebbe quindi essere aggiornato, per programmare gli interventi a tutela dei territori e delle persone dalle conseguenze del cambiamento climatico già in atto.
Quanto accaduto ad Ischia era prevedibile, ma non è stato fatto niente per evitare che accadesse o per ridurne gli impatti. Il Governo ha stanziato 2 milioni di euro per l’emergenza e la ricostruzione.
Dopo ogni disastro, infatti, si stanziano le risorse per far fronte allo stato di emergenza, e si fa il punto sull’incapacità di spendere le risorse, ma nessun investimento post evento può riparare alla perdita di vite umane. Italia sicura, la struttura di missione che si doveva occupare del coordinamento sulla manutenzione del territorio è stata chiusa nel 2018.
Il PNRR stanzia 2,49 miliardi per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico con l’obiettivo dichiarato di ridurre gli interventi di emergenza e di intervenire in modo preventivo attraverso un programma ampio e capillare di interventi strutturali di messa in sicurezza del territorio e di riduzione del rischio di allagamento e di interventi di manutenzione. Entro dicembre 2021 è stato approvato il piano ma l’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per gli interventi da realizzare è prevista entro dicembre 2023, e al momento è ancora da avviare, e l’obiettivo di mettere in sicurezza 1,5 milioni di persone, oggi a rischio è previsto solo per marzo 2026.
Oggi si pone come improrogabile orientare le scelte di governo del territorio e le risorse verso la prevenzione e la resilienza rispetto ai rischi. Il territorio non deve essere “abusato”, ma curato e manutenuto. La CGIL nel 2021 ha lanciato la proposta di una “Legge Quadro per la riduzione dell’impatto delle calamità naturali, la qualità nelle ricostruzioni e la salvaguardia dai rischi”, indicando alcuni contenuti per la fase di salvaguardia e adattamento ai rischi, per le ricostruzioni e il rilancio.
Bisogna sollecitare un cambio culturale, ancora assente nel nostro Paese, e una maggiore cultura del rischio, che non sia solo la sensibilità del “giorno dopo”.