Di seguito riportiamo le osservazioni CGIL sulla proposta di legge C. 1987 recante "Disposizioni in materia di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e di interventi di ristrutturazione edilizia connessi a interventi di rigenerazione urbana", presentate nell’Audizione sostenuta l’11 settembre presso la Commissione VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei Deputati.

È una norma transitoria, in vista di un riordino organico della disciplina di settore, che si annuncia entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.


Audizione CGIL presso la Commissione VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei Deputati nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 1987 recante "Disposizioni in materia di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e di interventi di ristrutturazione edilizia connessi a interventi di rigenerazione urbana".

La proposta di Legge oggetto dell’audizione reca “disposizioni in materia di piani particolareggiati o di lottizzazione convenzionata e di interventi di ristrutturazione edilizia connessi a interventi di rigenerazione urbana” con la finalità, come specificato in premessa, di salvaguardare la pianificazione urbanistica generale dei Comuni e di tenere in considerazione i naturali e costanti mutamenti del tessuto urbano, nonché di dettare disposizioni in materia di ristrutturazione edilizia.

E' una norma transitoria, in vista di un riordino organico della disciplina di settore, che si annuncia entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Si interviene sostanzialmente su due punti:

1. la necessità o meno di approvare un piano particolareggiato per effettuare alcune trasformazioni urbanistico edilizie ed in particolare per derogare ai limiti di alcune grandezze edilizie fissate dalla Legge 1150/1942 e variazioni intervenute, in particolare a quanto riportato all’art. 41-quinques;

2. una puntualizzazione della categoria della ristrutturazione edilizia rispetto all’attuale definizione del DPR 380/2001 (Art. 3 comma 1 lett. E).

Rispetto al primo punto, si prevede che gli interventi già realizzati o assentiti non preceduti dall’approvazione di un piano particolareggiato, sono considerati conformi alla disciplina urbanistica, su singoli lotti o in ambiti caratterizzati da una struttura urbana definita e urbanizzata nei casi di nuova edificazione, sostituzione e interventi su edifici esistenti che determinino altezze e volumi eccedenti i limiti massimi previsti dall’articolo 41- quinquies della legge 1150/1942.

Evidentemente nella proposta di legge si permette di derogare al disposto della Legge 1150/1942 per interventi già effettuati, prevedendone la conformità. La norma si configura come una sanatoria, senza peraltro corrispettivo economico come contributo straordinario ai comuni, a meno di quanto previsto dal Decreto Legge 69/2024 contenente disposizioni di semplificazione edilizia e urbanistica che ha eliminato il regime della doppia conformità oltre che per parziali difformità anche per le variazioni essenziali rispetto al progetto originario.

Una sanatoria per il pregresso, che negativamente deroga alla normativa vigente anche per il periodo transitorio rispetto alla stesura di una legge di riordino, che si preannuncia in sei mesi, ma che potrebbe verosimilmente necessitare di tempi molto più lunghi.

Si fa riferimento a singoli lotti e a struttura urbana definita e urbanizzata, probabilmente alla città consolidata, che avrebbe bisogno di maggiore identificazione.

Sul secondo punto sembrerebbe che la definizione di ristrutturazione edilizia riportata nel DPR 380/2001 non sia sufficiente a giustificare una serie di interventi, laddove l’attuale definizione ammette già demolizione e ricostruzione con diversa sagoma e area di sedime e caratteristiche planivolumetriche, permettendo incrementi di volume in funzione (anche, ma non necessariamente) di interventi di rigenerazione urbana.

Fermo restando quanto già previsto da norme vigenti, la ristrutturazione edilizia viene ridefinita, anche ribadendo elementi già presenti. Si inserisce il termine “funzionale” che potrebbe, se non meglio specificato, essere applicato a molteplici situazioni.

Si ritiene, quindi, difficile condividere la proposta di una sanatoria, in un Paese che ha visto il susseguirsi di vari condoni e, soprattutto, a prescindere dalla opportunità o meno di regolarizzare interventi già avvenuti, l'ipotesi che questa valga fino al riordino della materia, quindi per futuri interventi attuati in assenza di pianificazione esecutiva, in molti casi assentiti semplicemente con una Segnalazione Certificata di Inizio Attività - SCIA, ribadendo che i tempi di transitorietà potrebbero essere notevolmente lunghi.

Per questi interventi deve essere inderogabile il rispetto della strumentazione urbanistica vigente e meglio specificato il riferimento alle dotazioni minime per servizi di interesse generale.

In attesa poi della norma organica, le diverse istituzioni (Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità montane) dovrebbero individuare i casi in cui è necessario adottare un piano di lottizzazione convenzionata e gli interventi di ristrutturazione edilizia, tenuto conto delle esigenze di attivare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi e favorire lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale.

Il tutto, quindi, è motivato da esigenze di rigenerazione urbana, a nostro parere in modo non pertinente, trattandosi di interventi esclusivamente rivolti al versante edilizio. La rigenerazione urbana è un processo che oltre la dimensione fisica dell’ambito da rigenerare, dovrebbe guardare anche alla dimensione sociale, economica, partecipativa, al rilancio e allo sviluppo locale, e non esclusivamente alla dimensione di valorizzazione economica dal punto di vista immobiliare.

La CGIL ha sempre sostenuto, anche nelle audizioni che si sono già svolte, la necessità di una norma quadro sulla rigenerazione urbana, con principi in grado di orientare la pianificazione locale che devono prevedere obiettivi da perseguire, individuazione di aree, prescrizioni da seguire, eventuali premialità da utilizzare anche per il perseguimento di finalità sociali e per conseguire necessari obiettivi di miglioramento ambientale, nell'ottica di transizione ecologica.

Non da ultimo la CGIL ha sempre sostenuto la necessità che gli interventi di rigenerazione urbana contemplassero obbligatoriamente quote da destinare all’edilizia residenziale pubblica e sociale, sia per rispondere al fabbisogno abitativo, che per contenere la rendita.

Si sottolinea quest’ultimo punto perché si ritiene, al di là di piccole e grandi sanatorie, che una delle emergenze del Paese sia sicuramente il problema dell'abitazione, in una configurazione che non trova soluzione con interventi di questa natura, ma anzi si acuisce nelle criticità, soprattutto nei grandi centri urbani. E si ritiene che nelle trasformazioni urbane debba trovare spazio anche la risposta al fabbisogno abitativo con alloggi in locazione a costi sostenibili.

Come già evidenziato, si traguarda la norma a un riordino della materia. Una grande urgenza, sulla quale la CGIL si è espressa in molte occasioni. La mancanza, di un testo legislativo statale sui principi fondamentali del governo del territorio ha generato frammentazioni, incoerenze e differenti interpretazioni a livello regionale. È necessaria per aggiornare la normativa nazionale e orientare le normative regionali.

Il governo del territorio ricomprende gli aspetti sia dell’urbanistica che dell’edilizia, ma il confine tra la legislazione statale e regionale ha sviluppato nel tempo un ampio contenzioso, in riferimento soprattutto a elementi contenutistici. Al contrario, una Legge Quadro con chiari e inderogabili principi fondamentali favorirebbe percorsi virtuosi ed eviterebbe contenziosi.

Sarebbe opportuno procedere con un disegno organico di riordino di tutta la normativa, sia urbanistica che edilizia, stante la necessità di un’attualizzazione, con le necessarie distinzioni ed evitando sovrapposizioni normative che non agevolano semplificazione e razionalizzazione.

Sarebbe opportuno anche per superare la confusione presente tra temi edilizi e urbanistici considerando, peraltro, che è stata annunciata una riforma del Testo Unico dell’Edilizia sulla quale si sta lavorando, per intervenire in modo organico e non con continui e forse anche confusi

decreti, evitando ingerenze in ambito urbanistico come accade ora.

Rispetto alle citate emergenze del Paese, è fondamentale arrestare un mercato solo speculativo, che non porta redistribuzione e ritorni sociali, colmare il progressivo arretramento dello spazio pubblico, rivendicare un governo pubblico delle trasformazioni urbane e riportare al centro dell'agenda politica temi importanti come una reale politica della casa e dell’abitare, con interventi in grado di affrontare le condizioni di emergenza ed i nodi strutturali del settore (va ricordato, solo per citare alcuni dati, che a fronte di 1,9 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta, oggi sono quasi un milione quelle che vivono in affitto, il 45,3% del totale; l’offerta di edilizia pubblica nel nostro Paese è assolutamente insufficiente e non risponde a un fabbisogno abitativo che gli stessi Enti Gestori stimano in almeno 600 mila unità immobiliari).

Il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti aveva annunciato un “Piano Casa” finalizzato a contrastare il disagio abitativo, riguardante sia il riordino e la semplificazione della normativa nel settore dell'edilizia residenziale pubblica, che la definizione di modelli sperimentali da attivare in attuazione della Legge di Bilancio 2024, anche se con risorse insufficienti (100 milioni di euro disponibili solo nel 2027 e nel 2028). Di questo non c'è più traccia.

Un Piano Casa è quanto mai urgente per rispondere a bisogni consolidati, a nuove povertà e a domande che emergono, con investimenti e azioni indirizzati verso l’edilizia pubblica e sociale, anche attraverso la riqualificazione del patrimonio non utilizzato, contrastando ulteriore consumo di suolo, in processi rigenerativi in ambito urbano. Investimenti e azioni che oggi sono assenti.

Si rimarca la necessità di approcciare i temi della “struttura urbana”, come si legge nel testo, che è concetto molto più ampio di quello strettamente edilizio, partendo dai bisogni reali delle persone e da un’emergenza casa crescente, affrontando temi che condizionano negativamente il mercato, come quello degli affitti brevi che sta producendo forti deformazioni, superando i divari e le disuguaglianze economiche, ma anche spaziali, a livello urbano.

Il tutto per città più sostenibili, funzionali e inclusive.