Per quanto la contrattazione sociale si addensi tradizionalmente su alcuni “pilastri” (servizi e prestazioni sociali in senso ampio, fiscalità locale, politiche abitative, infanzia, anziani), l’analisi delle stagioni negoziali che hanno impegnato il sindacato negli anni recenti consente di registrare urgenze e criticità sociali, da una parte, insieme a nuovi orientamenti di policy delle amministrazioni locali.Nell’anno passato si conferma, anzitutto, una crescente confederalità delle intese: la presenza, in forme unitarie, di Cgil-Cisl-Uil e Spi-Fnp-Uilp è il frutto di un incremento del coinvolgimento della confederazione e di un consolidato insediamento del sindacato dei pensionati.Sul piano delle misure contrattate, la permanenza di un’area composita della povertà – sottolineato anche nei preamboli degli accordi, con riferimenti locali che rendono concreta questa criticità al di là dei valori statistici – impegna amministrazioni e sindacato nella ricerca di soluzioni innovative, anche in raccordo con le nuove misure nazionali (sperimentazione Sia, prossima attivazione del Rei). Oltre che sul merito, questa urgenza chiama al confronto su una “filiera negoziale” più solida che coinvolga le diverse competenze delle amministrazioni comunali, degli Ambiti territoriali sociali e delle Regioni. Questo vale naturalmente su diversi temi, per quanto la contrattazione sociale rimanga una pratica centrata – quasi per antonomasia – sul livello comunale e sul confronto sui bilanci di previsione.Gli interventi direttamente finalizzati al contrasto della povertà ricorrono quasi in un accordo su due, con una composizione interna molto variegata: un terzo degli accordi prevedono contributi o trasferimenti economici; circa il 10% vede anche sostegni di base e la fornitura di beni di prima necessità, in misura quasi pari – e peraltro in crescita – a interventi più articolati di inclusione e promozione sociale. Osservata dal punto di vista dei beneficiari, le persone e famiglie in condizione di povertà sono presenti in circa il 75% degli accordi, con un abbinamento a misure più variegate di quelle “etichettate” negli accordi come iniziative anti-povertà. Difatti, anche il campo delle politiche abitative, quello fiscale e tributario, quello dell’inserimento lavorativo (per quanto in misura inferiore) possono offrire spunti di intervento a favore dei cittadini in difficoltà.Negli anni più recenti i mutamenti che hanno investito le amministrazioni e i servizi pubblici sono state rilevanti. La contingenza della crisi finanziaria locale si è sovrapposta a nuove normative (dal contrasto della povertà alla regolazione degli appalti pubblici, senza contare l’entrata a regime dei meccanismi di bilancio armonizzato). In questo, il sindacato è presente in misura crescente specie nel concordare linee di indirizzo e di cornice, ma non ancora nell’offrire pienamente competenze, soluzioni tecniche, tavoli di lavoro congiunti capaci di accompagnare la fase di cambiamento che si dispiegherà nei prossimi anni. Significativo è il movimento delle tematiche negoziate relative alla Pubblica amministrazione, in particolare per quanto riguarda l’associazionismo comunale e i servizi associati (tema che nel 2016 raggiunge quasi un terzo degli accordi) insieme alla regolazione degli appalti pubblici rispetto agli aspetti di legalità, anticorruzione, qualità dei servizi e tutela del lavoro. Questi temi mettono in luce quanto sia decisivo strutturare una filiera di accordi (con l’ente regione, l’Anci regionale, a livello di ambito territoriale e Unione di comuni) il cui recepimento a livello comunale mostra – in alcuni contesti – un esempio virtuoso del dialogo tra i livelli della contrattazione sociale.In linea generale, emerge su diversi temi una questione di governance: sul sistema dei servizi, sugli appalti, sulle iniziative anti-povertà e per il lavoro, e altro ancora ricorre la sollecitazione a investire competenze e risorse a livello sovracomunale (Unioni di comuni, Consorzi dei servizi, Ambiti territoriali sociali, etc.).Vi sono poi i temi principali che rappresentano il cuore degli interventi, dei servizi e delle prestazioni a favore della cittadinanza. I servizi sociali, socio-sanitari e assistenziali recuperano peso, presenti in circa i due terzi degli accordi: in particolare i servizi residenziali, domiciliari e territoriali, assai sensibili per la componente anziana della popolazione. In linea generale vengono trattati (almeno a livello negoziale) limitati interventi qualitativi e sull’organizzazione dei servizi; mentre più diffusi risultano gli aggiustamenti della struttura tariffaria e delle rette, con un uso dell’Isee che va estendendosi nei servizi domiciliari e residenziali, dopo l’impasse del 2015 corrispondente all’introduzione del nuovo Isee. Crescono anche i servizi legati ad accoglienza ed emergenza, incrociando i bisogni delle persone a rischio di povertà e degli immigrati.La fiscalità locale è il secondo pilastro della contrattazione sociale, e si conferma largamente il campo tematico più trattato (quasi nel 90% degli accordi). Naturalmente, è il dettaglio delle misure a fare la differenza, anche nell’andamento da un anno all’altro: il 2016 vede la trattazione dell’Isee in circa i due terzi degli accordi, sempre più connesso alla compartecipazione ai costi di un ampio spettro di servizi sia di livello comunale sia di Ambito territoriale sociale. Ogni anno le modifiche normative incidono sulla contrattazione di area fiscale e tributaria (ad esempio nei passaggi recenti che hanno coinvolto Imu e Tasi), ma risultano anche interventi che orientano la leva fiscale e tributaria locale per intervenire con politiche perequative e di redistribuzione, per quanto limitate: ad esempio, esperienze di differenziazione per fasce, o fondi di restituzione delle tariffe sui rifiuti, o soglie di esenzione e progressività delle aliquote sull’addizionale Irpef comunale.
VIII Rapporto sulla contrattazione sociale territoriale - Breve sintesi
15 novembre 2017 • 15:32