Il campione di accordi (aziendali, confederali, nazionali) che abbiamo esaminato, rappresenta uno spaccato utile ai fini della costruzione delle nostre politiche contrattuali e di quelle più generali. Gli accordi analizzati intervengono, come richiesto dal centro confederale alle strutture territoriali e di categoria, a valle del dlgs 23/15 relativo alle cosiddette assunzioni a tempo indeterminato con tutele crescenti.Essi dimostrano che la disapplicazione del Jobs act è possibile. Vanno segnalate diversità di contesto e formulazioni articolate. Le tre principali fattispecie raccolte sono costituite dalle garanzie occupazionali per cambi di appalto, dalle procedure art.47 legge 428/90 cessioni/affitto rami d'azienda, dalle stabilizzazioni di contratti a termine o nuove assunzioni.
Le garanzie occupazionali nei cambi di appalto riguardano i settori dei servizi, coinvolgono le categorie Filcams, Fp, Filt, per la maggior parte. Ma anche altri. Sanità (15%), trasporti (20%), pulizie (30%), informatica (3%), agro-alimentare (7%), turismo (2%), editoria (4%), abbigliamento (4%), rifiuti (2%), scuola (5%), impiantistica (3%), cultura (2%), demanio (1%). La formulazione di disapplicazione è abbastanza ricorrente. Importanti sono da segnalare i rimandi ai diversi contratti nazionali di lavoro (multiservizi, ristorazione, igiene ambientale, logistica, trasporto aereo) nel senso che procedure consolidate di rapporti attuate nel tempo aiutano a sminare e disapplicare il tema Jobs act. Alcuni accordi prevedono che l'impegno di disapplicazione sia anche contenuto nella lettera individuale di assunzione. Vanno poi registrati due importanti accordi confederali con le istituzioni di tipo programmatico nel senso che si registra l'impegno a mettere nei bandi gara, con procedure di verifica indicate, gli impegni di non applicazione o deroga al D.lgs 23/15. Per le procedure art.47, nonostante non vi sia soluzione di continuità nelle assunzioni diversamente dai cambi appalto, tuttavia appare utile il ripetersi della formula di disapplicazione e in un caso si fa riferimento al tema dei licenziamenti collettivi. Sui licenziamenti collettivi si segnala anche un accordo di disapplicazione avvenuto nel Ccnl della Piccola Impresa Industriale fino a 49 dipendenti dei settori: chimica e settori accorpati plastica e gomma abrasivi ceramica e vetro. In materia di nuove assunzioni nelle diverse fattispecie si segnala la formula che le tutele crescenti si applicheranno limitatamente ai primi tre anni. Si tratta di una soluzione di cui si era discusso al nostro interno e che riporta anche alla discussione originaria sulle tutele crescenti ampiamente modificata nella formulazione scelta dal governo. Va anche segnalato un accordo che utilizza ampiamente le deroghe sulla percentuale di utilizzo dei contratti a termine per poi procedere a stabilizzazioni con annessa disapplicazione del Jobs act. In un accordo di riorganizzazione viene affrontato il problema dei meno 15 dipendenti anche in questo caso disapplicando il D.lgs 23 e precisando che le tutele previgenti si mantengono anche nel caso si superi tale limite. Va poi registrata la forte presenza delle società cooperative (24%) negli accordi pervenuti. Il campione pervenuto è concentrato prevalentemente nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, FVG, Veneto. Un solo accordo è relativo al sud. Una parte è sottoscritta solo dalla Cgil, le sottoscrizioni più larghe, che comunque rappresentano la maggioranza, hanno diverse modalità ivi inclusa la presenza di soggetti non confederali. Unitari (36%), Cgil+Uil (6%), Cgil+Cisl (14%), Cgil (32%), Unitari+Autonomi (12%). Infine si segnalano, anche se i temi scavalcano il Jobs act ma vanno al cuore della nostra iniziativa sugli appalti, un caso di accordo che prevede la costituzione della rappresentanza di sito formata dalle rsu del committente e degli appalti e di un sistema contrattuale di secondo livello che definisce che non si possa scendere al di sotto di un certo livello di salario orario minimo (l'accordo prevede poi impegni occupazionali di precedenza nelle assunzioni del committente che riguardano i lavoratori degli appalti); inoltre quella situazione di un appalto di servizio che interviene a valle della cessazione di un affidamento diretto decennale,con ricorso alla gara di appalto coincidente con la liquidazione della società mista che ha gestito il servizio,cessione di ramo della stessa e clausola sociale di continuità occupazionale (si tratta in realtà di uno dei due accordi confederali già richiamati). Confindustria addirittura minaccia di espellere quelle imprese che accedono a queste intese rendendosi complici di un'operazione di boicottaggio. E' invece del tutto evidente il contrario, e cioè l'intenzione di produrre una forzatura delle nuove norme ed applicarle, non solo ai nuovi assunti ma anche ai vecchi producendo innumerevoli tentativi di operare licenziamenti fittizi, soprattutto disapplicando la clausola sociale prevista dai Ccnl. Del resto anche il principio giuridico del contratto a tutele crescenti nello spirito e nella lettera del legislatore, prevede che scatti per tutti quei lavoratori che oggi sono in condizioni di lavoro precario o a tempo determinato e che attraverso il passaggio a questo nuovo contratto (a tutele crescenti appunto) possano transitare in una condizione più garantita e stabile. Se si sfrutta la fase del cambio appalto o cessione di ramo d'impresa per licenziare lavoratori e lavoratrici stabili ed a tempo indeterminato per riassumerli con il nuovo contratto a "tutele crescenti", è evidente che in questo caso si produce un declassamento che è assolutamente fuori dalla legge e quindi inaccettabile. Quindi in questi casi gli accordi sottoscritti servono a tutelare un principio giuridico che vorrebbe essere disconosciuto dalle imprese. Ciò dimostra che lo strumento della contrattazione è senz'altro, in questa fase, quello più utile ed efficace a riprendere il controllo della situazione e consentire che le nuove norme del Jobs act non vengano assimilate con rassegnazione ed acquisite come modello stabile e duraturo. E' bene quindi che questi accordi vengano generalizzati, anche nell'ottica di una battaglia per la riconquista di tutele universali sui licenziamenti illegittimi e quindi di un nuovo Statuto dei lavoratori che, evidentemente attiene ad un altro terreno di battaglia sindacale generale, erga omnes, che va oltre la contrattazione aziendale. Alcuni accordi analizzati:- - Verbale di accordo stipulato dalla Filcams Cgil di Benevento- Accordi Fp, Filcams, Filt contenenti clausole di salvaguardia rispetto alle normative introdotte dal Jobs Act- Accordo ponte in deroga al Jobs act Flc Milano, comparto Scuole non statali e Formazione Professionale- Accordo del 09.03.2015 con il Caseificio Cooperativo Valle Stura per il mantenimento dell'art.18- Art.67 in tema di licenziamenti collettivi, del Ccnl Piccole Imprese Chimico/Gomma Plastica fino a 49 dipendenti sottoscritto il 10.06.2015- Accordo Seribo- Accordo appalto Esselunga- Accordo Art.18 - Valle Stura- Accordo Appalto Ducops Service- Accordo Clausola Sociale Aviation Services Marconi Handling, 27 marzo 2015- Accordo cambio appalto Alpina Service Sc del 24 aprile 2015- Caserma Leccis Pordenone- EsseLunga Casalecchio di Reno (BO)- Accordo Fiom Gorizia- Accordo no Jobs Act Filcams e Filt- Accordo Istituto di Riabilitazione S.Stefano s.r.l. (PR)- Verbale accordo Valpizza 7-7-2015- Verbale Accordo 07.05.2015 Ospedali Riuniti s.p.a. (BO)