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Di seguito riportiamo la memoria Cgil consegnata alla Commissione Lavoro del Senato in occasione dell’audizione sui disegni di legge nn. 957-956-1337 (disposizioni in materia di salario minimo).
La presente memoria costituisce una integrazione, con alcune valutazioni di contesto e relativamente agli elementi di merito contenuti nella proposta di legge (AS 957) assunta quale testo base dell’analisi in Commissione, dei materiali già consegnati nelle audizioni che si sono tenute alla Camera dei deputati sulle proposte di legge confluite poi, principalmente, nella proposta cosiddetta unificata (AC 1275).
Consegneremo anche il parere della CGIL sul documento del CNEL “Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia” dell’ottobre del 2023.
Alcuni elementi di valutazione in premessa:
• Ci riferiamo al percorso della proposta di legge cosiddetta unificata. Con ogni rispetto per l’azione parlamentare nei fatti, attraverso l’integrale sostituzione della proposta di legge di istituzione del salario minimo con il contenuto della presente proposta di legge delega, è stata sottratta la possibilità di una discussione nel merito anche attraverso il percorso delle audizioni parlamentari.
• Ci ritroviamo oggi ad essere auditi su una proposta integralmente sostitutiva, che mantiene la numerazione e la visibilità dei soggetti proponenti, che è elemento di una qualche singolarità che a nostro giudizio andava evitato perché nulla impediva al Governo e alle forze parlamentari
di maggioranza di depositare una proposta di legge da agire nella discussione parlamentare senza operare la sostituzione del contenuto della proposta di legge originaria considerato
anche il percorso che ha portato alla unificazione dei diversi disegni di legge.
• Siamo auditi su una proposta di delega al Governo: sono noti i margini di azione sulle deleghe al Governo, a partire in termini generali dall’assenza di un vincolo all’azione di decretazione ad iniziativa governativa;
• Per arrivare ai perimetri degli interventi, considerato che la delega introduce principi e non specifiche clausole legislative che saranno definite nella formazione dei decreti legislativi attuativi.
Sul merito della proposta di legge avanzeremo delle considerazioni e valutazioni nel seguito della memoria.
L’altro elemento di contesto al quale intendiamo dare evidenza è la totale assenza di confronto e d’informativa da parte del Governo sulla fase di recepimento e trasposizione nel nostro ordinamento della Direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea.
Questo ben prima, specifichiamo per evitare che strumentalmente possa essere evidenziato, delle conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE sul ricorso presentato dalla Danimarca con il sostegno della Svezia. La Direttiva fino al pronunciamento è operativa nella sua interezza.
La mancata attivazione del percorso di trasposizione della Direttiva nel nostro ordinamento è stata anche oggetto di una specifica iniziativa della CGIL nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, senza aver ricevuto alcun riscontro. Si allega alla memoria la nota a suo tempo inviata.
Si ha notizia che il Governo italiano ha formalizzato alla Commissione europea le proprie determinazioni, in tal senso abbiamo attivato un percorso nei confronti della stessa Commissione per dare evidenza dell’anomalia della fase di trasposizione in Italia a partire dall’assenza di un qualsiasi coinvolgimento delle parti sociali.
Oltre agli aspetti regolatori la Direttiva impone l’obbligo di coinvolgimento delle parti sociali nella definizione, per esempio, delle azioni di sostegno alla contrattazione collettiva nell’ottica del suo rafforzamento.
Obbligo specificato, per esempio, nell’articolo 4.1 oltreché da quanto generalmente disposto dall’articolo 17.
Gli obblighi, si evidenzia, non sono riferibili solo al versante del coinvolgimento delle parti sociali:
• La Direttiva impone agli Stati membri di adottare misure di sostegno alla contrattazione settoriale per promuovere salari adeguati a prescindere dal tasso di copertura;
• Il punto è come declinare tali obblighi nel nostro sistema e nel nostro ordinamento.
Le questioni di complessità del nostro sistema contrattuale sono note, a partire dalla proliferazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e per gli effetti (dumping) che si producono sia sul salario che relativamente agli aspetti normativi.
La proposta di legge delega in esame anziché rafforzare la contrattazione collettiva agisce per indebolirla, a partire dall’assenza di adeguati strumenti di sostegno alla contrattazione, quali ad esempio incentivi per agevolare i rinnovi contrattuali e/o la detassazione degli aumenti a sostegno dei rinnovi contrattuali settoriali nazionali.
Il tasso di copertura della contrattazione collettiva oltre l’80% non può giustificare l’assenza d’iniziativa sotto ogni versante.
Se agli alti tassi di copertura si accompagnano dinamiche salariali depressive con una quota considerevole di lavoro povero occorre definire, a partire dagli elementi di analisi, delle specifiche linee d’azione.
A partire dagli obblighi di trasparenza previsti dall’articolo 10 e dalla necessità di definire un sistema di monitoraggio, richiesto dalla Direttiva con lo specifico obbligo di trasmissione dei dati, per ambiti specifici e definiti: genere, fasce di età, persone con disabilità, dimensione dell’impresa, settore.
Sono noti i limiti relativamente alle comunicazioni sull’applicazione dei contratti collettivi (UNIEMENS) che danno evidenza del potenziale tasso di copertura senza alcuna possibile disaggregazione dei dati.
La comunicazione del codice alfanumerico del contratto non rende impossibile ogni altra tipologia di analisi sulla base delle prescrizioni contenute nella Direttiva.
Anche indipendentemente dal percorso di trasposizione della Direttiva, che sempre abbiamo inteso come una opportunità, abbiamo sostenuto la necessità della definizione di un minimo salariale orario inderogabile come misura coerente con le finalità di un sostegno alla contrattazione collettiva nel contrasto alla povertà lavorativa.
Nel merito delle proposta di legge assunta quale testo base:
• Si intende sostituire il consolidato criterio della maggiore rappresentatività comparata con il criterio del contratto maggiormente applicato. In assenza di una legge in materia di rappresentanza tale proposta può tradursi in un incentivo alle imprese ad applicare i contratti collettivi più convenienti, favorendo così la fuga dal CCNL di riferimento del settore. Sposta il criterio dalla rappresentatività dei soggetti stipulanti il CCNL alla scelta sull’applicazione che è in capo alla sola azienda.
• Tale profilo ha un carattere regressivo relativamente ai recenti interventi legislativi (vedasi DL PNRR 2) che hanno recuperato, rispetto alle proposte iniziali, il riferimento ai contratti collettivi stipulati dai soggetti comparativamente più rappresentativi in luogo della formula sul dato di applicazione dei contratti.
• Nella stessa fase di resa dei pareri sul decreto correttivo del codice degli appalti pubblici, di recente emanazione, la richiesta pervenuta dalle principali Associazioni datoriali è stata quella di definire criteri per la misurazione della rappresentatività che garantissero una rispondenza al peso delle organizzazioni sulla base di un criterio, combinato con altri, di rappresentanza delle organizzazioni.
• Anche il riferimento al tema degli appalti e sub-appalti ha un carattere regressivo rispetto alla più recente evoluzione normativa intervenuta a seguito della iniziativa sindacale: la cosiddetta parità di trattamento è stata reintrodotta per gli appalti privati, come già previsto per gli appalti pubblici, sia per le tutele economiche che per quelle normative in luogo invece della formula contenuta nella presente proposta di legge delega che si limita ai trattamenti economici complessivi minimi non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi maggiormente applicati nel settore al quale si riferisce l’oggetto dell’appalto.
• Come è regressiva la proposta sulla contrattazione di secondo livello con finalità adattive che non è una formula di sostegno alla contrattazione a carattere integrativo (aziendale o territoriale).
Lo specifico riferimento alle “esigenze diversificate derivanti dall’incremento della vita e correlate alla differenza di tale costo su base territoriale” è con tutta evidenza la previsione
di uno strumento per diversificare i salari su base territoriale ricostituendo attraverso il combinato disposto tra norma di legge e contrattazione le gabbie salariali.
Primariamente come elemento di sostegno alla contrattazione collettiva va introdotta nel nostro ordinamento una legge sulla rappresentanza a partire dai contenuti del Testo Unico intervenuto tra Confindustria e CGIL-CISL-UIL nel gennaio del 2014.