Le rilevazioni Istat degli ultimi anni indicano, in Italia, una tendenza alla denatalità sempre maggiore. Nel 2023, undicesimo anno consecutivo dal 2013, i dati pubblicati il 29 marzo 2024 segnano ancora un calo (379 mila nati) e un saldo ancora fortemente negativo (-281 mila unità). Il calo prosegue anche nel 2024: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023. La riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera.

Dal 2008, anno in cui è stato raggiunto il valore massimo relativo alle nascite degli ultimi vent’anni, l’Italia ha perso la capacità di crescita per effetto del bilancio naturale. Lo studio, pubblicato dalla Fondazione Di Vittorio nel 2023 - L'Italia tra questione demografica, occupazionale e migratoria – segnala che, rispetto al 2018, il calo della popolazione italiana raggiungerà nel 2050 i cinque milioni, evidenziando come sia fondamentale, per fare fronte al calo demografico, l’immediata attuazione di politiche a sostegno della genitorialità e come, soprattutto, l’adozione di nuove politiche migratorie, che favoriscano accoglienza e integrazione, possano contribuire a invertire questa tendenza negativa.

Le cause della denatalità sono diverse: tralasciando, da un lato, quelle riconducibili alle scelte soggettive, è necessario, per converso, prestare attenzione ai fattori che invece impediscono la soddisfazione di un desiderio profondo di genitorialità, una richiesta che non può rimanere inevasa e che deve essere presa debitamente in carico. In questo senso è necessaria una molteplicità di interventi, a partire da quelli concernenti il lavoro, con il superamento della precarietà, la crescita dei salari, le politiche di conciliazione di vita e di lavoro e le politiche per contrastare l’alto tasso di disoccupazione giovanile e femminile. A questi provvedimenti, indispensabili per dare alle persone la necessaria stabilità per poter programmare il futuro e in esso l’eventuale genitorialità, si devono aggiungere quelli altrettanto necessari volti a rafforzare l’infrastruttura sociale territoriale per realizzare un sistema di welfare pubblico locale che accompagni la genitorialità senza lasciare sulle famiglie, e soprattutto sulle donne, i carichi di cura.

Anche il mercato del lavoro, in questi ultimi decenni, è in continuo cambiamento: oltre al lavoro dipendente pubblico o privato sono sempre più presenti diverse tipologie di contratti a termine e precari, e vi è un aumento della presenza dei lavoratori autonomi e liberi professionisti. Questo fenomeno aumenta la povertà lavorativa e ha un impatto negativo sulla capacità di pianificazione del futuro delle famiglie.

Spinta dalle direttive europee, in particolare da quella sul work life balance 2019/1158 di recente recepimento, la legislazione italiana ha, con ritardo, introdotto alcune disposizioni importanti, seppur ancora insufficienti, quali l’ampliamento strutturale del congedo di paternità obbligatorio (elevato a 10 giorni totali) e l’estensione dei congedi parentali, con l’introduzione di elementi di maggiore condivisione dei carichi di cura familiare tra genitori e volti a tutelare in misura maggiore le lavoratrici autonome.

La materia dei congedi è tuttavia ancora distante da un superamento delle discriminazioni: il 75% delle richieste di congedo parentale viene effettuato dalle donne. Questo impatta negativamente sul rapporto tra oneri di cura e lavoro delle neo-madri, che dopo il parto tendono ad abbandonare il mercato del lavoro, soprattutto se precarie, o ad accettare involontariamente rapporti part-time.

Una ulteriore novità è stata l’istituzione dell’Assegno Unico e Universale per i figli a carico, in sostituzione della pluralità dei provvedimenti previgenti di sostegno economico, rivolto a tutti i figli a prescindere dalla condizione occupazionale dei genitori.

Alla luce di tutti questi cambiamenti è sempre più importante per i genitori sapersi orientare tra le numerosissime norme vigenti, per poter esercitare in modo completo i propri diritti.

A questo scopo, è indispensabile conoscere le norme al fine di attuare la più efficace e flessibile strategia genitoriale per il lavoro di cura, senza rinunciare al lavoro fuori casa. Una particolare attenzione va rivolta alle donne immigrate, i cui diritti spesso vengono messi in discussione da norme discriminatorie o da interpretazioni restrittive.

Consapevoli che la genitorialità rappresenti un cambiamento nella vita delle persone, attraverso l’aggiornamento della guida, vogliamo, come Patronato INCA e come CGIL, svolgere un ruolo ancora più incisivo tramite la presa in carico e l’accompagnamento delle persone nel percorso di tutela dei propri diritti.

Lo scopo di questa pubblicazione è quello di far conoscere in modo semplice le diverse opportunità che offre la legislazione italiana per permettere ai genitori, che non vorrebbero rinunciare a crescere insieme ai loro figli, di sfruttare ogni possibilità.

Invitiamo tutte e tutti a rivolgersi al Patronato INCA e alla CGIL, che ha sedi decentrate in tutto il territorio nazionale, per trovare le risposte giuste ai propri problemi e ai propri dubbi, per essere aiutati a prendere le decisioni più convenienti. Per noi promuovere i diritti e sostenere la conciliazione e la condivisione dei tempi di vita e di lavoro rappresenta un impegno prioritario e un grande valore sociale.

Ezio Cigna e Cristiano Zagatti, Coordinatori Area Stato Sociale e Diritti CGIL Nazionale; Anna Maria Bilato, Collegio di Presidenza INCA Nazionale