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Il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro va dai due mesi precedenti la data presunta del parto ai tre mesi successivi. La sua durata è pertanto di cinque mesi, anzi, per maggior precisione, di cinque mesi e un giorno, perché si aggiunge anche il giorno stesso del parto. Il Testo Unico ha previsto la possibilità per la lavoratrice di scegliere di posticipare l’astensione fino al mese precedente la data presunta del parto, per poter usufruire dopo il parto di un mese di congedo in più per accudire il neonato.
Questo tipo di congedo, un mese prima del parto e quattro mesi dopo, detto flessibile, può essere utilizzato a condizione che un medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale e il medico del lavoro (ai sensi del D.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni), ove previsto, certifichino che la scelta non arrechi danno alla salute della madre e del nascituro.
Il congedo di maternità anticipato, anche dai primi giorni di gestazione, può essere autorizzato quando:
- vi siano patologie della gravidanza convalidate da certificazione medica;
- la lavoratrice sia addetta a lavorazioni pericolose e nocive e non possa essere spostata ad altre mansioni.
L’astensione anticipata prolunga il congedo di maternità obbligatorio per tutti i periodi necessari, debitamente autorizzati dalla documentazione di un medico del Servizio Sanitario Nazionale, per la lettera a) e dalla Asl, dalla Direzione Territoriale del Lavoro in tutti gli altri casi.
Se la lavoratrice è addetta a lavori particolarmente nocivi, può usufruire di un congedo prolungato fino a sette mesi dopo il parto, retribuito come il «normale» congedo obbligatorio, grazie a una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 972/1988), ottenuta dalla consulenza legale dell’INCA.
In caso di parto prematuro con ricovero del neonato (D.lgs. n. 80/2015), la lavoratrice ha il diritto di aggiungere al congedo di maternità dopo il parto i giorni non utilizzati, in parte o interamente prima della nascita, anche oltre i cinque mesi e un giorno previsti. La madre può tornare al lavoro, con certificazione medica che ne attesti l’idoneità, e far decorrere, tutto o in parte, il congedo obbligatorio dal rientro in casa del neonato/a.
In caso di parto plurimo, il congedo di maternità non si raddoppia, né si moltiplica a seconda del numero dei figli.
Con la legge n. 145/2018, legge di Bilancio 2019, insieme alle diverse condizioni di fruizione del congedo obbligatorio di maternità, previste dal Decreto Legislativo n. 151/2001, è stata introdotta anche la possibilità di fruire dei cinque mesi del congedo obbligatorio di maternità dopo che sia avvenuto il parto. Pertanto, la lavoratrice madre ha la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso. La facoltà è concessa a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
■ Indennità di maternità
Il congedo obbligatorio è pari all’80% della retribuzione, secondo la normativa vigente, ma la quasi totalità della contrattazione collettiva prevede l’integrazione al 100% della retribuzione.
Il periodo di congedo obbligatorio, sia nel T.U. sia in seguito a giurisprudenza positiva e Direttive europee, è considerato a tutti gli effetti come periodo di lavoro. Durante il congedo, quindi, maturano le ferie, la tredicesima mensilità, gli eventuali miglioramenti contrattuali ottenuti nel periodo in cui la madre è obbligatoriamente assente (legge n. 101/2008).
La legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016, comma 183) stabilisce che il congedo obbligatorio di maternità viene computato ai fini dei premi di produttività.
■ Contribuzione figurativa
I periodi di congedo obbligatorio sono accreditati figurativamente e sono validi ai fini del diritto e della misura della pensione.
Viene applicata la legge n. 155/1981 (art. 8), con riferimento alla media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di rapporto di lavoro nell’anno solare in cui si collocano i periodi da considerare, ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile.
Dal 2010, per il calcolo della contribuzione figurativa va considerata anche la legge n. 183/2010 (art. 40).
Nel settore del pubblico impiego, invece, la contribuzione ai fini pensionistici è obbligatoria, perché il periodo viene regolarmente retribuito dall’ente datore di lavoro
■ Prolungamento del diritto all’indennità di maternità
Il diritto all’indennità di maternità permane anche nei casi in cui l’inizio del congedo obbligatorio avvenga entro sessanta giorni dall’ultimo giorno lavorato, cosiddetto periodo di «protezione assicurativa». Il diritto, sempre entro i sessanta giorni dalla scadenza, vale anche per i contratti a termine. Nel calcolo dei sessanta giorni non si tiene conto delle assenze dal lavoro dovute a malattia o a infortunio sul lavoro, né del periodo di congedo parentale o di malattia per il figlio fruito per una precedente maternità, né del periodo di assenza per accudire minori in affidamento, né del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto part-time verticale.
Per le lavoratrici in cassa integrazione, in disoccupazione, in mobilità, il T.U. (art. 24) prevede una serie di agevolazioni per il prolungamento del diritto all’indennità di maternità, più favorevole come importo degli ammortizzatori sociali, che vanno esaminate attentamente caso per caso. È importante, quindi, rivolgersi agli uffici INCA territoriali per avere una consulenza specifica.
■ Maternità fuori dal rapporto di lavoro
Il T.U. permette alle lavoratrici madri di utilizzare i periodi corrispondenti al congedo di maternità, intervenuti al di fuori del rapporto di lavoro, accreditandoli figurativamente, senza onere economico per la lavoratrice, ai fini pensionistici. È necessario, però, avere il requisito di cinque anni di contribuzione nell’assicurazione generale obbligatoria (T.U., art. 25) versato in costanza di rapporto di lavoro. Questa possibilità offerta dal T.U. può risultare molto utile per il diritto alla pensione, in modo particolare di fronte a due o più maternità in periodi in cui non si lavorava. È un’opportunità, poco conosciuta dalle stesse lavoratrici, sulla quale l’INCA ha più volte realizzato campagne di informazione, insieme alle categorie sindacali.
ATTENZIONE ALLA PRESCRIZIONE DEL DIRITTO
La domanda di indennità deve essere presentata all’INPS entro un anno dalla fine del congedo obbligatorio, dopodiché non è più esigibile.
Congedo obbligatorio di maternità per le lavoratrici dipendenti, Focus della Guida Inca e Cgil “Genitori che lavorano”, edizione 2025.
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