I permessi orari erano originariamente correlati all’allattamento (legge n. 1204/1971, art. 10), ma con il tempo hanno assunto il senso più complessivo dell’accudimento e della presenza vicino al neonato, estendendosi quindi anche al padre.

I permessi orari sono di un’ora al giorno, se il proprio orario di lavoro è inferiore alle sei ore quotidiane, per esempio, in caso di part-time orizzontale; di due ore al giorno, anche cumulabili, se il proprio orario di lavoro è pari o superiore alle sei ore (T.U., art. 39).

I permessi orari sono usufruibili dalla fine del congedo obbligatorio a un anno di età del bambino.

Il Testo Unico (art. 40) prevede che i permessi orari possano essere utilizzati dal padre lavoratore:

  • quando i figli sono affidati al solo padre;
  • in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non li utilizzi;
  • nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente ma, ad esempio, lavoratrice autonoma, parasubordinata;
  • in caso di morte o di grave infermità della madre.

Riposi per i papà quando la mamma è casalinga

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4293/2008, ha esteso il diritto a un padre lavoratore, nel caso specifico un ispettore della Polizia di Stato, a usufruire dei riposi giornalieri, pur essendo sua moglie casalinga. Su questa significativa sentenza è poi intervenuto il Ministero del Lavoro, a seguito di una interpretazione restrittiva fornita dall’INPS (circolare n. 112/2009) che limitava il diritto del padre al solo caso in cui la madre casalinga fosse impegnata in attività che la distogliessero dalla cura del neonato.

L’INCA nazionale si è battuta contro questa visione miope e riduttiva dell’Istituto previdenziale, che è stato costretto a ritornare sui suoi passi, riconoscendo al padre lavoratore (con la circolare n. 118/2009) di usufruire dei riposi giornalieri anche quando la madre è casalinga, senza alcun’altra giustificazione.

Infatti, i riposi giornalieri, sebbene inizialmente previsti per agevolare l’allattamento materno, con l’evolversi della normativa in materia e grazie al moltiplicarsi di sentenze anche da parte della Corte Costituzionale, tra cui la già citata n. 1/1987, si sono affrancati dalla precisa finalità biologica per configurarsi, in senso lato, come accudimento psicofisico del neonato.

Ciononostante, sono ancora in corso alcune azioni di contenzioso verso aziende o amministrazioni che continuano a negare questo diritto, da ritenersi oggi acquisito.

Trattamento economico e previdenziale

I riposi orari sono pagati al 100% della retribuzione. I contributi previdenziali sono accreditati figurativamente con un «nuovo» tipo di contribuzione figurativa, che ritroveremo anche per il congedo parentale. Il T.U. (art. 35, comma 2) stabilisce che i riposi sono coperti da contribuzione figurativa, attribuendo come valore retributivo il doppio dell’assegno sociale il cui importo varia ogni anno.

Nel pubblico impiego i riposi hanno, invece, la contribuzione obbligatoria, poiché l’Ente datore di lavoro continua a corrispondere la retribuzione.

Raddoppio dei riposi orari

Il T.U. permette, in caso di parto plurimo, di raddoppiare i permessi orari, sempre sulla base del proprio orario di lavoro giornaliero e di utilizzarli con libera scelta tra padre e madre, in varie combinazioni possibili.

Il parto plurimo prevede il raddoppio delle ore usufruibili, a prescindere dal numero dei figli. Se i gemelli sono tre, quattro, o addirittura di più, è previsto sempre solo il raddoppio.


Congedo obbligatorio di paternità per i lavoratori dipendenti, Focus della Guida Inca e Cgil “Genitori che lavorano”, edizione 2025.
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