Abbiamo più volte segnalato e argomentato i punti di criticità e di inefficienza dei provvedimenti sui flussi pur in presenza di elementi di novità nella programmazione 2023-2025 che abbiamo valutato positivamente come l’aumento delle quote e la stessa programmazione triennale.

In occasione dell’ultimo incontro sui dati relativi al decreto flussi per gli anni 2022-2023-2024 promosso dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro lo scorso luglio, abbiamo avuto modo, sulle stesse aree di criticità, di indicare alcuni correttivi necessari riconfermando – proprio alla luce dei dati presentati – problemi che avevamo sollevato già negli incontri preparatori tenuti per la definizione dei fabbisogni.

In particolare, riteniamo necessario attenzionare lo scarto che si è generato tra il fabbisogno espresso dalle parti sociali e le quote complessive. In tale direzione il Sistema Informativo Excelsior fornisce un supporto utile in termini di previsione per figure professionali richieste, per distribuzione territoriale, per attività economica che deve trovare maggiore aderenza e traduzione nella gestione dei flussi migratori per lavoro.

Contestualmente il solo incremento delle quote senza intervenire sulla procedura e sulla impostazione complessiva della regolazione legislativa tra lavoro e migrazioni non avrebbe risolto – e non ha risolto - il tema di come garantire un efficace incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro per superare le inefficienze e la casualità che caratterizza la modalità del click day.

Il disallineamento tra nulla osta richiesti ed i visti, tra nulla osta e contratti di lavoro attivati e tra i visti e i contratti di lavoro attivati (e conseguentemente gli accordi di integrazione) stanno a dimostrare che l’obiettivo di percorsi di migrazione più sicuri e la condizione per riconoscere alle persone migranti un lavoro dignitoso, la parità di trattamento e la non discriminazione nel mercato del lavoro italiano non sono raggiunti.

I cambiamenti necessari devono tenere conto del valore che i migranti, siano essi qualificati come quelli a competenze medio basse, apportano sia alla crescita economica del nostro paese come a quello del paese di origine (rimesse), dei vantaggi del lavoro regolare in termini di incremento contributivo e fiscale, della sottrazione necessaria di spazi dove aziende scorrette, mediatori illegali e criminalità si introducono alimentando sfruttamento, irregolarità e la pratica della tratta giocando sulla dignità e sulla libertà delle persone migranti.

Riteniamo per questo che anche in tema di lavoro non si possa affrontare solo il meccanismo dei flussi e che è necessario un sistema di interventi più complessivo.

Regolarizzazione

• Partendo da questa premessa, riteniamo che ogni intervento di modifica del sistema dei flussi debba essere accompagnato da una procedura di regolarizzazione che sani la situazione delle persone in assenza di un valido titolo di soggiorno (ingresso senza un titolo di soggiorno, mancato rinnovo del titolo di soggiorno, mancato rientro nel paese di origine al termine di un periodo di lavoro stagionale). Si stima che tale bacino assommi a circa 458.000 al gennaio 2023 (fonte Fondazione ISMU  – Iniziative e Studi sulla Multietnicità).

La procedura di regolarizzazione per le istanze prodotte dai datori di lavoro deve riguardare tutti i settori economici e produttivi, a differenza di quanto previsto nel 2020 con la previsione dei soli settori agricoltura, allevamento, zootecnia, pesca, acquacoltura, assistenza alla persona e lavoro domestico, e occorre prevedere che possa essere attivata anche dalla persona che si trova in condizioni di irregolarità senza il vincolo dell’istanza prodotta dal datore di lavoro. La procedura di emersione riteniamo vada aperta anche a chi si trova senza un lavoro con l’attivazione di un permesso di soggiorno per ricerca occupazione.

Tale procedura dovrebbe avere un carattere permanente e continuativo per consentire l’emersione del lavoro e del soggiorno irregolare utile a contrastare le pratiche abusive di reclutamento, intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo.

Accesso ai flussi delle persone già presenti sul territorio nazionale

Occorre ripristinare la norma che ha permesso l’accesso ai flussi 2021, anche alle persone già presenti sul territorio nazionale (art. 42 comma 7 DL 73 2022). Con tale disposizione legislativa si è previsto che la richiesta di nulla osta per lavoro subordinato e stagionale potesse riguardare anche persone già presenti sul territorio nazionale alla data del 1 maggio 2022 e che si trovavano in specifiche situazioni individuate nella norma stessa (le situazioni individuate sono: essere stati sottoposti a rilievo fotodattiloscopico; aver soggiornato in Italia antecedentemente alla data indicata in forza della dichiarazione di presenza o di attestazioni di data certa costituite da documentazione proveniente da organismi pubblici).

• Tale previsione normativa ha costituito un unicum dall’introduzione dei flussi e non è stata riproposta con i decreti flussi per l’anno 2022 e successivi.

Flussi

• Occorre una generale ridefinizione delle politiche d’ingresso per lavoro per come regolate dall’art. 21 e seguenti della legge 286 / 1998.

• Nonostante l’incremento delle quote previste per il triennio 2023-2025 il meccanismo si presenta farraginoso, senza certezze anche della sola acquisizione delle domande e impossibilitato a garantire un efficace incrocio tra domanda e offerta di lavoro.

• I dati, inoltre, dei nulla osta richiesti (691.000) con la procedura 2024 rispetto alla quota prevista (151.000) rendono evidente l’impossibilità di una efficace programmazione e di un accesso alle quote in relazione ai bisogni delle aziende emergenti in modo corrente nel corso dell’anno. Per gli anni precedenti (2022) i visti d’ingresso rilasciati (54.116) rispetto ai nulla osta rilasciati (105.415) sono in misura intorno al 50% ma soprattutto i contratti di lavoro attivati (16.550) rispetto ai nulla osta rilasciati per un percentuale inferiore al 16% rendono con evidenza da un lato la non utilizzabilità di tale procedura e dall’altro le distorsioni che si generano: il sistema stesso produce le “condizioni” di irregolarità e tutte le conseguenze anche sotto il versante dello sfruttamento lavorativo.

• La gestione degli ingressi per lavoro attraverso il meccanismo dei flussi per come impostato sottrae nei fatti la possibilità di accesso alle quote per le imprese che hanno un effettivo bisogno anche per l’assenza di un meccanismo scorrevole nel corso dell’anno.

• Inoltre, non è previsto alcun sistema sanzionatorio per le aziende che fanno richiesta di nulla osta e che poi a fronte dell’ingresso del lavoratore si rendono indisponibili all’attivazione del rapporto di lavoro. Sanzione che potrebbe avere un carattere amministrativo (una multa) oppure il divieto di accesso ai flussi per un certo numero di anni. Altra possibilità potrebbe essere quella che l’attivazione del rapporto di lavoro è conseguente al rilascio del nulla-osta con tutte le conseguenze in termini di obblighi

retributivi, contribuitivi e assicurativi. Una maggiore responsabilizzazione delle imprese è comunque parte degli interventi per rimuovere i problemi e migliorare il sistema.

La vera necessità è però quella di un cambio di impostazione

• Gli interventi di modifica dell’attuale quadro regolatorio non devono puntare a una manutenzione ma a una profonda rivisitazione che ribalti del tutto il paradigma.

• La ricerca attiva di lavoro presuppone una libertà nell’ingresso nel territorio nazionale e la soluzione più adatta può passare attraverso un permesso di soggiorno per ricerca di occupazione, temporalmente definito e con regole similari all’attesa occupazione.

• Similmente stessa opportunità occorre garantirla alle aziende, che potrebbero vagliare le candidature in apposite liste corredate da curriculum e bilancio delle competenze da tenersi presso le ambasciate e i consolati dei paesi di origine alle quali le persone possono iscriversi.

Inoltre, occorrerebbe ripristinare quanto previsto dalla originaria legge Turco Napolitano (legge 6 marzo 1998 n. 40 - Decreto Legislativo 25 luglio 1998 n. 286) in relazione alla figura dello sponsor: un soggetto individuale o collettivo che si fa garante attraverso la presa in carico della persona che fa ingresso nel paese per la ricerca di occupazione.

• Con l’obiettivo di costruire un sistema di governo e canalizzazione della domanda di lavoro attraverso regole condivise e principi chiari e trasparenti.

Soluzioni che tra loro possono avere un carattere di complementarità ma tutte utili a superare gli attuali meccanismi.

Potenziamento degli organici anche per snellimento delle procedure

Gli interventi di modifica non possono non tenere conto di difficoltà già esistenti nelle istituzioni che attualmente sono coinvolte nei processi: difficoltà in termini di personale, condizioni di precarietà, necessità di professionalità specifiche, sono solo i problemi più rilevanti evidenziati in tutte le sedi dalle OOSS e dalle lavoratrici ed i lavoratori. Un tema non secondario ma centrale nel ripensare il ruolo attribuito sui flussi e più in generale sulle politiche per l’immigrazione alle Prefetture, alle Commissioni Territoriali, ai Consolati e alle Ambasciate.

• Occorre inoltre valutare l’andamento dei progetti di formazione all’estero nell’ottica di una loro qualificazione e valutare l’efficacia e la necessità di estensione dei programmi pre-partenza.

• Inoltre, emerge la necessità di adottare la formula degli accordi bilaterali e multilaterali per un reclutamento equo e non discriminatorio che veda la partecipazione oltre che delle istituzioni, delle parti economiche e sociali, anche dei paesi di provenienza, e di organismi internazionali sulla base della strategia OIL 2021 2025.

In sostanza occorre superare il meccanismo delle quote e dotarsi di un sistema che possa rispondere adeguatamente agli ingressi per lavoro nel territorio nazionale garantendo i diritti della persona, anche della libertà di movimento, e fornendo le adeguate risposte alle aziende e al tessuto economico e produttivo del paese.

In tema di lavoro non ci sono solo i flussi d’ingresso

• Gli interventi di modifica dell’attuale legislazione non devono però limitarsi ai soli flussi d’ingresso per lavoro. In termini esemplificativi si citano alcune fattispecie che comunque hanno relazione con il lavoro e con il contrasto al lavoro irregolare, allo sfruttamento che anche il PNNR richiama: garantire l’effettività dell’applicazione dell’articolo 18 per il riconoscimento del permesso di soggiorno per protezione sociale. Il cui utilizzo non deve essere limitato ai soli “fini” di giustizia ma per garantire piena integrazione e inclusione alle persone in condizione di sfruttamento.

• L’altra fattispecie riguarda la necessità di rendere di nuovo convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavori i permessi rilasciati per i casi di protezione speciale ripristinando la previsione legislativa antecedente l’entrata in vigore del DL 2023.

Cancellare la Bossi – Fini

Il portato della norma, introdotta nel 2002 (legge 189 del 30 luglio 2002), e che ha sostituito parti consistenti dell’allora Testo Unico sull’Immigrazione è ispirato da un principio di carattere punitivo e via via con le modifiche introdotte negli anni si è consolidata la visione securitaria, tutta incentrata sull’ordine pubblico e la sicurezza.

Questo oltre alla rigidità della relazione tra lavoro e condizione regolare di soggiorno, che è un tratto esasperato delle politiche per l’immigrazione e che non si è mai modificato dalla sua introduzione se non per la dimensione delle quote d’ingresso per le diverse fattispecie occupazionali (subordinato, stagionale, autonomo), per i paesi di provenienza e per i settori di attività.

Diversi sono gli elementi che caratterizzano la norma che possono essere citati, ispirati tutti dalla stessa visione:

• Il reato di immigrazione clandestina;

• La non convertibilità del permesso di soggiorno per protezione speciale in permesso di lavoro introdotta con il DL 20 2023.

• la sostanziale “detenzione” nei Centri Permanenza per il Rimpatrio (CPR) estesa fino a un massimo di 18 mesi;

• il respingimento in acque extra-territoriali;

• il ridimensionamento e lo svuotamento del Sistema di Accoglienza;

• il trattenimento dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) nei centri di accoglienza per adulti;

• I percorsi per la conversione del permesso di soggiorno per i MSNA al compimento della maggiore età e la durata del primo permesso;

• La difficoltà di accesso alla cittadinanza, tema particolarmente rilevante per le cosiddette seconde generazioni.