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Roma, 9 marzo - "L'impegno manifestato pubblicamente dalla Ministra Lamorgese di utilizzare i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata e alle mafie per destinarli ai profughi che fuggono dalla guerra in Ucraina, va nella giusta direzione. Facciamo notare tuttavia alla Ministra tre incongruenze che vanno rapidamente risolte, o questa idea rimarrà purtroppo lettera morta e, peggio ancora, aprirà pesanti contraddizioni”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Giuseppe Massafra.
Il primo punto che sottolinea il dirigente sindacale è che “la questione dei profughi ucraini è la stessa di migliaia di altri profughi provenienti da diversi paesi in guerra che, non avendo avuto fino ad ora alcuna risposta in merito alla propria destinazione abitativa, spesso finiscono per essere preda della criminalità organizzata che nei loro confronti esercita opera di sfruttamento e di vessazioni. Per non parlare poi – aggiunge Massafra – dell’emergenza abitativa che sta creando non poche tensioni e pressioni verso i sindaci da parte di categorie svantaggiate di cittadini italiani. Affrontare dunque il tema con una visione generale è indispensabile”.
Il segretario confederale della Cgil sottolinea in secondo luogo che “lo stato attuale dei beni immobili confiscati è purtroppo in una condizione di degrado, e per poterli riutilizzare occorrono investimenti. Ben venga da parte dello Stato un impegno finanziario preciso, generalizzato e mirato in questo senso. Noi – ricorda – da tempo chiediamo di affrontare in modo strutturale questo problema che, al contrario di ciò che indica lo stesso Codice Antimafia, non consente di restituire alla società civile il patrimonio confiscato alle mafie”.
Infine per Massafra “vanno introdotti degli aggiustamenti alle norme attuali, senza i quali la stessa assegnazione degli immobili confiscati a fini sociali finisce per essere penalizzata da pastoie burocratiche che ne impediscono la concreta assegnazione, come accade con i lunghi contenziosi con i vari creditori che talvolta costringono l'amministratore giudiziario o la stessa ANBSC a rinunciare ad un corretto e legittimo riutilizzo del bene”.
“Per tutte queste ragioni – conclude – riteniamo utile e urgente l'apertura di un tavolo di confronto”.