I dati sulla produzione industriale diffusi dall’Istat, - 42% su base annua, “non ci colgono di sorpresa. I numeri registrano ciò che sappiamo: che l’industria in questi mesi è stata sostanzialmente fermata. Fermo che si è riverberato, ad aprile, sulla mancata vendita di autoveicoli e sulle pesanti perdite nei settori moda (- 80%) e trasporti (- 74%)”. È il Segretario confederale Emilio Miceli, responsabile dell’Area Industria e reti delle Cgil, a commentare i “prevedibili” dati divulgati stamani dall’Istituto centrale di statistica che registrano la grave contrazione della produzione industriale.Intervenire è perciò urgente e Miceli insiste: “il fattore tempo continua ad essere decisivo. E’ importante sapere quante risorse vengono messe a disposizione con fondi nostri ed europei, attraverso finanziamenti o ricapitalizzazioni, ma sapere quando diventeranno fruibili è ancora più decisivo”.Per il Segretario confederale poi, nei settori esposti alla concorrenza internazionale “non possiamo arrivare in ritardo perché perderemmo quote di mercato a beneficio degli altri. Dovremo essere rapidi negli aiuti a chi è in difficoltà e nell’indirizzare una quota consistente degli investimenti pubblici per aiutare il sistema d’impresa a cambiare il modo di produrre ed il prodotto”.Ciò detto, a parere di Miceli i dati rivelano soprattutto che “la dimensione della crisi è davvero molto seria e ci attende una fase dura nella quale sarà necessario tutto il senso di responsabilità degli attori istituzionali, sociali e politici. Siamo di fronte ad una situazione i cui effetti ancora non percepiamo fino in fondo” è l’analisi del Segretario confederale convinto che “non abbiamo vissuto una parentesi che si è chiusa, ma dovremo convivere nel tempo con l’esigenza di coniugare costantemente risanamento e sviluppo, consolidamento e modernizzazione”.Infine, a parere di Miceli, “questi numeri, e le stime dell’OCSE su PIL e debito, ci mettono di fronte a scenari mai conosciuti sia sul versante economico che sui livelli occupazionali. Senza una forte coesione ed un forte indirizzo unitario in sede europea non saremmo in grado di fronteggiare uno scenario così impegnativo”.