Per crescere sul piano economico e per sviluppare politiche che contengano la dispersione scolastica e la disoccupazione in Italia, occorre rimettere la scuola, l'università e la formazione professionale al centro del dibattito politico. E' quanto si legge nel documento d'intenti che CGIL, CISL, UIL e Confindustria hanno presentato oggi (13 febbraio), presso la sede della LUISS Guido Carli a Roma."La valorizzazione dell'istruzione tecnica e professionale è uno degli strumenti per uscire dalla crisi e la garanzia del diritto allo studio è un elemento fondamentale della lotta alle disuguaglianze", ha dichiarato il Segretario Confederale della CGIL,Serena Sorrentino, intervenendo all'iniziativa. Con la firma del documento d'intenti "Una formazione per la crescita economica e l'occupazione giovanile", Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno individuato indirizzi comuni per sostenere l'innovazione nei campi dell'orientamento, dell'istruzione tecnica e professionale, della professione insegnante, dei poli tecnico professionali e degli ITS, dell'apprendistato e dei Fondi Interprofessionali. Favorire la crescita delle competenze dei giovani, potenziare la capacità del sistema produttivo di impiegare giovani qualificati, ridurre il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, far crescere i giovani che fanno stage, apprendistato e dottorati nelle imprese: questi sono i temi al centro dell'attenzione di imprese e sindacati.In Italia solo il 2% degli apprendisti frequenta la scuola; 3/4 degli attuali dottori di ricerca non potranno essere assorbiti nelle carriere accademiche; solo l'1,2% dei giovani frequenta corsi di Istruzione Tecnica Superiore (ITS). Sono numeri che, secondo CGIL, CISL, UIL e Confindustria, "ci allontanano dall'Europa. Non bastano le riforme. E' necessario un cambiamento culturale. Che rimetta il lavoro e l'impresa al centro del sistema educativo e ponga la formazione al centro delle politiche di crescita economica e di sviluppo del territorio".Con questo documento d'intenti, CGIL, CISL, UIL e Confindustria, ponendo un particolare accento sulle ricadute in termini di occupabilità giovanile, concludono ribadendo quanto sia strategico lo sviluppo sul territorio di reti tra scuola, università e impresa per il miglioramento della ricerca industriale e delle competenze spendibili sul mercato del lavoro.