In questi giorni, l’Europa ha approvato due importanti direttive sugli organismi di parità:  

→ la 2024/1499 sugli organismi per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza o dall’origine etnica, tra le persone in materia di occupazione e impiego indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale e tra le donne e gli uomini in materia di sicurezza sociale e per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura, e che modifica le direttive 2000/43/CE e 2004/113/CE;

la 2024/1500 sugli organismi che operano nel settore della parità di trattamento e delle pari opportunità tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego, e che modifica le direttive 2006/54/CE e 2010/41/UE e fa riferimento anche alla recente Direttiva sulla transparency che interviene a contrastare il gender pay gap.

Le due Direttive sono molto simili tra loro e intervengono a implementare direttive precedenti che la pratica ha evidenziato essere non sufficientemente efficaci.

Entrambe entrano in vigore il prossimo 19 giugno, con la precisazione per cui le modifiche alle precedenti direttive si applicheranno a decorrere dal 2026, data entro la quale gli Stati membri dovranno provvedere al recepimento delle direttive stesse.

Le due direttive prescrivono:  

♦ maggiore indipendenza degli organismi per la parità dalla politica, dai governi e da altre influenze esterne e la possibilità di autonomia economica e organizzativa;

♦ che gli organismi di parità offrano assistenza consultiva, legale, psicologica, alle vittime che denuncino di avere subito una discriminazione;

♦ che gli organismi per la parità cerchino una risoluzione alternativa alle eventuali controversie, procedura che può essere condotta dallo stesso organismo per la parità oppure da un altro ente competente conformemente al diritto e alle prassi nazionali, tramite mediazione o conciliazione, secondo la normativa e le prassi nazionali, senza precludere la possibilità di intraprendere un’azione legale quando la risoluzione alternativa non si rivela proficua;

♦ garanzie per le competenze degli Ispettorati del lavoro;

♦ gli Stati membri sono tenuti a conferire alle autorità per la parità il potere di indagare sulle violazioni dei principi di pari trattamento e, se ritenuto necessario, di avviare procedimenti per conto delle vittime o d’ufficio per difendere l’interesse pubblico;

♦ compiti di sensibilizzazione prevenzione e promozione relativamente alle pari opportunità;

♦ la raccolta dati, monitoraggio della situazione e una pianificazione strategica del proprio lavoro.

Gli Stati membri, a partire dal 2031 e successivamente ogni 5 anni, dovranno fornire alla Commissione UE tutte le informazioni pertinenti relative all’applicazione delle direttive con particolare riguardo al funzionamento degli organismi per la parità. Inoltre, è previsto che almeno ogni quattro anni una o più relazioni, contenenti raccomandazioni, sulla situazione della parità di trattamento e della discriminazione, inclusi gli eventuali problemi strutturali riscontrati.

In generale, appare chiaro che le due Direttive si muovono nella direzione di consolidare e rafforzare i poteri degli organismi preposti al perseguimento della parità intesa non solo in ottica di genere ma anche di razza, origine etnica, religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale nell’ottica di un’Europa che, su questi temi, ha finora svolto un ruolo suppletivo e di stimolo nella tutela dei diritti.