PHOTO
Il 23 e 24 ottobre si è tenuto in CGIL Nazionale il secondo incontro tra i sindacati provenienti da tutti i paesi europei insieme alla CES per proseguire il confronto nell’ambito del progetto finanziato dalla Commissione Europea “Wage-Up”, che era stato lanciato nel mese di luglio, con l’obbiettivo di monitorare la trasposizione nei 27 paesi dell’Unione Europea della direttiva sul salario minimo¹ e quella sulla trasparenza salariale².
Durante i lavori le rappresentanti e i rappresentanti dei sindacati presenti hanno illustrato lo stato di avanzamento nei loro paesi e le difficoltà che si stanno incontrando. E’ stata anche l’occasione per presentare il sito web costruito per dare immediata evidenza delle normative di ogni paese, sito che verrà aggiornato almeno ogni sei mesi. Consultabile a questo link: https://wage-up.etuc.org/
Gran parte dei 27 Stati membri non hanno ancora completato e in alcuni casi, come l’Italia, nemmeno iniziato il percorso di trasposizione della direttiva.
Una direttiva fortemente voluta dal sindacato Europeo per migliorare le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori in tutta Europa e per garantire un salario adeguato e dignitoso.
La consultazione del sito web ci consente di conoscere per ogni paese: l’importo del salario minimo, i meccanismi di definizione, dove è previsto per legge, i piani di azione per la promozione della contrattazione collettiva, la copertura della stessa, l’evidenza delle differenze salariali fra donne e uomini e altre informazioni come richieste dalla direttiva.
Il sito da evidenza della situazione di ogni paese anche rispetto all’adeguatezza salariale prevista dalla Direttiva, con le due soglie che prevedono un salario minimo pari al 60% del salario mediano e al 50% del salario medio lordo (articolo 5).
Nell’incontro di ottobre il confronto è stato prevalentemente sul piano di azione, previsto dall’articolo 4, anche ipotizzando quali materie meritano di essere inserite nello stesso, vista anche l’imminente scadenza, il 15 novembre scorso, fissata per il recepimento nell’ordinamento nazionale.
Piano d’azione che sarebbe urgente anche nel nostro paese per introdurre meccanismi utili a promuovere l’efficacia della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari, contrastando il dumping contrattuale e prevedendo regole certe per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali settoriali.
In Italia per rafforzare la contrattazione sarebbe importante dare attuazione all’articolo 39 della Costituzione, che affronta il tema delle organizzazioni sindacali e dell’efficacia generale dei contratti collettivi, lo si potrebbe fare con la legge sulla Rappresentanza Sindacale, oggi verificata solo per accordo fra le Parti Sociali nel settore industriale. Un passaggio importante per contrastare contratti firmati da sigle prive di reale rappresentatività.
Nei lavori di gruppo sul piano di azione sono stati proposti alcuni possibili interventi che possono migliorare la copertura contrattuale che ricordiamo deve essere almeno dell’80%. Alcuni sindacati hanno presentato modelli già esistenti come interventi a favore degli iscritti al sindacato e/o benefit per gli stessi, oppure interventi di agevolazione per i datori che aderiscono ad un contratto collettivo, altri hanno indicato la necessità di esigere l’obbligatorietà della contrattazione, di rafforzare la legislazione per impedire che si assegnino appalti pubblici alle imprese che non applicano contratti collettivi ai dipendenti, garanzia dei diritti sindacali (di accesso nei luoghi di lavoro, ad esempio), anche prevedendo strumenti digitali disponibili come bacheche sindacali o la possibilità di fare assemblee online.
Alla data odierna solo sei Stati membri hanno adeguato la propria legislazione recependo formalmente le disposizioni UE. Belgio, Ungheria (parzialmente), Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Repubblica Ceca (parzialmente trasposta), Polonia, Estonia, e Romania hanno approvato le bozze di legge necessarie per adeguare le rispettive normative nazionali ai nuovi requisiti. In altri sette Stati membri - Austria, Bulgaria, Croazia, Grecia, Paesi Bassi, Slovacchia e Spagna - i lavori sono ancora in corso e il dibattito interno prosegue su come meglio attuare le disposizioni europee. Questi sono paesi , eccetto l’Austria, dove è già presente il salario minimo legale.
Al contrario, in cinque Stati membri - Cipro, Francia (il governo vuole chiedere una proroga), Italia, Malta e Portogallo - il processo di recepimento non è ancora stato avviato. In quattro Stati membri, con una legislazione vigente sul salario minimo legale, Germania, Irlanda e Slovenia, i governi hanno concluso che non è necessaria alcuna azione legislativa per adeguarsi alla direttiva, perché le normative interne già soddisfano i requisiti minimi fissati dall'UE, stessa situazione in Finlandia dove invece non c’è il salario minimo legale.
I sindacati di Danimarca e Svezia presenti all’incontro hanno ricordato che i loro paesi hanno presentato ricorso e non ritengono di dover fare niente, inoltre auspicano l’annullamento della direttiva.
La CGIL ha inviato al Governo italiano e ai gruppi parlamentari una nota dettagliata, spiegata anche nel seminario di Roma “Wage-UP” ricordando l’importanza e la necessità del recepimento, una lettera dettagliata che richiama alcune situazioni che contrastano con la stessa, come il DDL delega del Governo che prefigura l’indebolimento della funzione di autorità salariale del CCNL ipotizzando ulteriori incentivi rivolti alla contrattazione decentrata sia per il criterio del “contratto maggiormente applicato” in sostituzione di quello della maggiore rappresentatività comparata. Altro elemento in contrasto è la mancanza di un tavolo di confronto, la direttiva parla espressamente del coinvolgimento delle parti sociali, per citare solo due punti della lettera inviata a tutte le strutture.
Nell’incontro è emerso con chiarezza che in ogni paese i sindacati si trovano a doversi confrontare con politiche che non promuovono i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori; così come il rifiuto delle associazioni datoriali a volersi incontrare per promuovere i contenuti della direttiva. Se si eccettua la Spagna, il quadro è deludente e quanto auspicato nel lungo lavoro per arrivare alla direttiva rischia di non produrre gli effetti attesi anche per il prevalere delle destre in molte elezioni politiche comprese quelle europee.
¹ DIRETTIVA (UE) 2022/2041 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO RELATIVA A SALARI MINIMI ADEGUATI NELL’UNIONE EUROPEA
² DIRETTIVA 2023/970: NUOVE REGOLE SULLA TRASPARENZA RETRIBUTIVA PER AFFRONTARE IL DIFFERENZIALE RETRIBUTIVO DI GENERE