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Roma, 4 agosto – “Con la definitiva approvazione della legge delega per la riforma fiscale, il governo e la maggioranza non solo non danno alcuna risposta alle proposte contenute nella piattaforma unitaria presentata da Cgil, Cisl e Uil, ma prefigurano una riforma che va esattamente nella direzione opposta: meno progressività, meno contrasto all'infedeltà fiscale, meno risorse per il welfare. Una controriforma che ci porta indietro di 50 anni”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari.
“Una controriforma – continua il dirigente sindacale – che punta a sancire definitivamente la frammentazione e la corporativizzazione del sistema tributario italiano. Con disparità di trattamento, a parità di reddito; con un’evasione che non solo non viene contrastata ma che, dopo gli oltre dodici condoni già approvati nei mesi scorsi, viene perfino ‘legalizzata’ con definizioni agevolate strutturali e con il concordato biennale preventivo; e con lavoro autonomo, impresa, rendite finanziarie e immobiliari che vengono tassati meno di lavoratori e pensionati, e tenuti fuori dal vincolo della progressività. Se a questo aggiungiamo il rifiuto di pensare a qualunque imposta sui grandi patrimoni e sugli extraprofitti, ci rendiamo immediatamente conto dell'iniquità complessiva dell'operazione”.
Per Ferrari “il prelievo fiscale non è considerato dal Governo Meloni uno strumento di raccolta di risorse per permettere allo Stato di erogare le prestazioni e i servizi fondamentali, di fare investimenti pubblici e politiche industriali, di ridurre le diseguaglianze e favorire la crescita del Paese. In questo modo – prosegue – si mette in discussione la base del patto di cittadinanza e della stessa coesione sociale del Paese, che non può reggersi sulle sole spalle del lavoro dipendente e dei pensionati”.
“Un’ulteriore ragione per rilanciare il percorso di mobilitazione e di lotta in vista dell’autunno e della prossima legge di stabilità – conclude il segretario confederale della Cgil – per conquistare tutele e diritti per chi vive di lavoro o di pensione e che subisce da troppo tempo gli effetti nefasti dell'inflazione e dei tagli allo stato sociale”.