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La CGIL ha seguito attivamente tutte le ipotesi di riforma istituzionale che si sono susseguite negli anni: sia quelle concernenti la forma di governo, sia quelle relative al rapporto tra Stato, Regioni e Autonomie locali.
La CGIL ha sempre sostenuto l’idea di un sistema istituzionale cooperativo e solidale, fondato sull’equilibrio tra unità e decentramento, capace di valorizzare – in un quadro definito di principi inderogabili – la prossimità delle amministrazioni territoriali e di garantire l’esigibilità effettiva dei diritti civili e sociali in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Al contempo, ha ritenuto inaccettabile – e contrastato – qualsiasi iniziativa che potesse intaccare l’unità del Paese, frammentare le politiche pubbliche – a partire dalla sanità e dall’istruzione – e minare l’unitarietà della contrattazione collettiva nazionale.
La CGIL ritiene che la crisi della rappresentanza politica debba essere affrontata rafforzando le forme, gli strumenti e le sedi della partecipazione democratica, restituendo al Parlamento la centralità che l’ordinamento costituzionale gli attribuisce e che anni di mortificazione reiterata – tra abuso della decretazione d’urgenza e delle questioni di fiducia, fino alla riduzione numerica dei suoi membri nel nome di un presunto risparmio – hanno contribuito a minare.
Crisi della rappresentanza aggravata anche da una legge elettorale che impedisce agli elettori di scegliere i parlamentari e che deforma il voto espresso con un abnorme premio di maggioranza.
La Segreteria confederale della CGIL esprime la propria contrarietà all’ipotesi in discussione di autonomia differenziata e all’ipotesi di superare la centralità del Parlamento in favore di un sistema di natura presidenziale, semipresidenziale o di premierato.
Dare attuazione all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione – nelle condizioni date, con le modalità proposte e a risorse invariate – costituirebbe un attacco all’unitarietà dei diritti sociali, destinato a produrre una cristallizzazione dei divari esistenti e un aumento delle disuguaglianze.
Così come riconoscere una competenza regionale esclusiva su materie di rilevanza strategica, e non suscettibili di frazionamento territoriale, rappresenterebbe la rinuncia ad un governo nazionale e unitario delle politiche economiche, industriali e di sviluppo del Paese.
Scardinare l’equilibrio tra principio di rappresentatività e governabilità – attraverso soluzioni semplificatorie che riducono la partecipazione democratica all’individuazione plebiscitaria del capo dell’esecutivo o del presidente della Repubblica – sarebbe uno stravolgimento della Costituzione repubblicana, che ha individuato la sede della sovranità popolare in un organo collegiale rappresentativo di tutta la nazione quale è il Parlamento, per introdurre un sistema che, invece, la affida ad un singolo eletto, diretta espressione di una sola parte della popolazione.
L’assetto istituzionale della Repubblica non è una variabile indipendente rispetto all’idea di Paese che si ha, non è una variabile indipendente rispetto a come si governano i processi economici e sociali, a come si delineano nuovi modelli di sviluppo possibili e, quindi, a come si garantiscono i diritti civili e sociali alla popolazione. La scelta, dunque, è: tra un assetto plurale e decentrato, ma unitario e solidale, o un modello centralizzato e monocratico, frammentato e chiuso in piccole patrie.
La CGIL si impegna in un percorso di iniziativa, di confronto e di coinvolgimento – a partire dai territori – con l’obiettivo di rilanciare e allargare un’azione politica, culturale e sociale in difesa della Costituzione e della democrazia parlamentare, da portare avanti insieme alla lotta per l’unitarietà e l’effettività dei diritti sociali, nella convinzione che siano due dimensioni intrecciate e inscindibili della stessa battaglia democratica per affermare un’altra idea di Paese e di modello economico e sociale, fondati sul primario compito della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Un obbiettivo realizzabile attraverso la garanzia dei diritti fondamentali – a partire da quelli alla salute, all’istruzione e al lavoro – e un assetto istituzionale che valorizzi la rappresentanza democratica e la partecipazione popolare alla determinazione della politica nazionale e locale.
La crisi sociale e democratica che stiamo vivendo può, e deve, essere affrontata attuando pienamente la nostra Costituzione, non stravolgendone principi e ordinamento, né abbandonandolo spirito con cui i Padri costituenti hanno fondato la Repubblica antifascista nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro.