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La maggioranza sta perseguendo il suo disegno politico finalizzato al superamento del modello istituzionale delineato dalla Costituzione Repubblicana. L’obiettivo è mutare forma di Governo e forma di Stato attraverso tre principali provvedimenti, specchio delle storiche battaglie politiche dei partiti che compongono la coalizione di Governo.
Per Fratelli d’Italia, il cuore di questo disegno è l’elezione diretta del capo dell’ Esecutivo, attraverso cui realizzare la trasformazione della forma di Governo.
Per la Lega, il cavallo di battaglia è la rottura dell’unità del Paese attraverso l’autonomia differenziata, che comporterebbe la trasformazione della forma di Stato.
A chiudere il cerchio, la vecchia rivendicazione di Forza Italia che prenderà forma attraverso un disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati ordinari, annunciato dal ministro Nordio dopo un vertice di maggioranza tenutosi nei giorni scorsi a Palazzo Chigi, alla presenza della Presidente del Consiglio dei ministri.
Tre provvedimenti - due costituzionali e uno ordinario - che, insieme, porterebbero il Paese in un sistema politico e istituzionale totalmente stravolto rispetto a quello nato dalla Resistenza e disegnato dai nostri Padri costituenti.
Per quanto riguarda lo stato dell’iter legislativo dei due disegni di legge già incardinati, la situazione aggiornata è la seguente:
· il disegno di legge costituzionale sul premierato (testo) è stato licenziato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato e approderà in Aula mercoledì 8 maggio per l’approvazione in prima lettura;
· il disegno di legge ordinaria sull’autonomia differenziata - dopo una serie di forzature operate dalla maggioranza in Commissione Affari costituzionali della Camera, che hanno compresso i tempi del dibattito e impedito qualsiasi modifica al testo approvato dal Senato nel gennaio scorso - è approdato nell’Aula di Montecitorio lo scorso 29 aprile per la discussione generale; la Conferenza dei capigruppo, calendarizzata per oggi, 7 maggio, fisserà la data per il prosieguo dei lavori per l’approvazione definitiva.
Poiché il “DDL Calderoli” è stato approvato in Commissione nel testo conforme a quello licenziato dal Senato, restano valide tutte le valutazioni già espresse nella precedente nota, e confermata la scelta di mettere in campo ogni azione di contrasto, compreso il referendum abrogativo.
Aggiornamento sul testo di riforma che introduce l’elezione diretta del Presidente del Consiglio
La Commissione Affari costituzionali del Senato, nel corso della discussione, ha apportato alcune modifiche al testo presentato dall’Esecutivo, che punta a modificare la forma di Governo della Repubblica introducendo l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei ministri.
Articolo 1
Conferma l’abrogazione del secondo comma dell’art. 59 della Costituzione, che prevede la possibilità di nomina da parte del Presidente della Repubblica di cinque senatori a vita.
Articolo 2
Viene introdotta una modifica all’articolo 83, concernente la modalità di elezione del Presidente della Repubblica: il quorum dei due terzi dei componenti l’Assemblea necessario all’elezione viene esteso fino al sesto scrutinio, rendendo quindi possibile eleggere un Presidente della Repubblica con la sola maggioranza assoluta a partire dal settimo scrutinio e non più dal quarto come attualmente previsto.
Questa modifica rappresenta un maldestro tentativo di attenuare la torsione maggioritaria che l’elezione diretta del Presidente del Consiglio imporrebbe all’ordinamento ed è finalizzata a ritardare, a decorrere dal settimo scrutinio, la possibilità che il Presidente della Repubblica sia eletto senza il coinvolgimento delle minoranze.
Articolo 3
Interviene sull’articolo 88, integrando la modifica originaria - che eliminava la facoltà del Presidente della Repubblica di sciogliere solo una delle due Camere - con la previsione che il divieto di procedere allo scioglimento delle Camere nell’ultimo semestre del mandato presidenziale (il c.d. “semestre bianco”) non trovi applicazione nei casi in cui lo scioglimento costituisca un “atto dovuto”. La modifica apportata, dunque, estende la previsione che il
Presidente della Repubblica possa sciogliere le Camere anche durante gli ultimi sei mesi del suo mandato, a prescindere dal fatto che coincidano con la fine della legislatura, facendo venir meno l’elemento di terzietà insito nella disposizione previgente.
Questa modifica è strettamente connessa a quella della forma di Governo proposta dalla riforma e alla conseguente alterazione dell’equilibrio tra poteri che essa determina. Infatti, la discrezionalità del Presidente della Repubblica - garante della Costituzione e della volontà popolare rappresentata dal Parlamento - viene meno per sottostare alle procedure previste per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio e per la sua eventuale decadenza. Procedure che rendono lo scioglimento delle Camere un “atto dovuto” e non più la conseguenza delle valutazioni del Presidente della Repubblica a seguito dell’evoluzione del quadro politico in Parlamento.
Articolo 4
Interviene sul primo comma dell’art. 89, relativo al potere di firma del Presidente della Repubblica, indicando i provvedimenti che non devono essere controfirmati dai ministri proponenti o dal Presidente del Consiglio.
Questa modifica è volta a dare una parvenza di separazione ed equilibrio dei poteri tra Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio, fingendo di rafforzare la terzietà del Capo dello Stato. Ma gli atti su cui non si prevede la controfirma o sono determinazioni proprie del Presidente della Repubblica (ad esempio i messaggi alle Camere) o sono strettamente connessi alla volontà della maggioranza.
Articolo 5
È l’articolo cruciale che archivia la Repubblica parlamentare stravolgendo la nostra Costituzione.
Anche dopo la discussione in Commissione, se ne confermano i contenuti principali.
Il Presidente del Consiglio sarà eletto direttamente dai cittadini con un mandato di 5 anni.
Si introduce il limite massimo di due legislature consecutive, estese a tre nel caso in cui la durata delle precedenti sia stata inferiore a sette anni e sei mesi.
La principale novità, rispetto al DDL governativo, è la cancellazione della quantificazione del premio di maggioranza, inizialmente previsto al 55%. Si conferma la previsione della contestuale elezione del Presidente del Consiglio e del Parlamento, e dell’assegnazione di un premio di maggioranza alle liste collegate al Presidente del Consiglio. Continua a mancare l’indicazione di una soglia minima necessaria a far scattare il premio.
Ulteriore novità è che il premio dovrà essere rispettoso del principio di tutela delle minoranze linguistiche.
Infine, l’articolo prevede che il Presidente della Repubblica - oltre a conferire l’incarico al Presidente del Consiglio eletto - debba nominare e revocare i ministri su proposta di quest’ ultimo.
L’intervento sull’articolo 92 della Costituzione è quello che stravolge l’ordinamento superando la centralità del Parlamento in favore della preminenza del Presidente del Consiglio. Se oggi i cittadini eleggono il Parlamento ed è quest’ultimo – mediante la consultazione dei gruppi da parte del Presidente della Repubblica - a indicare il Presidente del Consiglio; con la modifica proposta, invece, i cittadini eleggono il Presidente del Consiglio e, con un premio di maggioranza attribuito alle liste a lui collegate, si compone il Parlamento: una sorta di elezione indiretta e “a strascico” dell’Assemblea.
A suggellare la primazia del Presidente del Consiglio, modificando anche i rapporti interni al Governo, concorre la previsione che i ministri siano non solo nominati, ma anche revocati su sua proposta.
Si realizzerebbe così un nuovo sistema in cui la sede della sovranità popolare non risiede più nel Parlamento - organo collegiale, plurale e di rappresentanza di tutta la Nazione, maggioranza e minoranza - ma nel Presidente del Consiglio, espressione della sola parte vincente. Un sistema in cui il bilanciamento tra potere legislativo (Parlamento) e potere esecutivo (Governo) viene meno, determinando la supremazia dell’Esecutivo e annullando ogni contrappeso.
Articolo 6
In ragione della previsione contenuta nell’articolo 5 del DDL, che stabilisce la costituzionalizzazione del sistema elettorale maggioritario, si modifica l’articolo 57 relativo alla composizione del Senato, la cui elezione su base regionale dovrà tener conto - nell’attribuzione dei seggi - del principio maggioritario.
Articolo 7
Le modifiche intervengono sull’articolo 94, che disciplina il rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento. Nel confermare la previsione del DDL governativo in base alla quale, in caso di mancata fiducia al Governo guidato dal Presidente del Consiglio eletto, è facoltà del Presidente della Repubblica rinnovargli l’incarico una seconda volta, dopo la quale, in caso di nuovo esito negativo, si sciolgono le Camere, la Commissione del Senato ha riformulato l’ ultimo comma. Il nuovo articolato prevede, in aggiunta a quanto richiamato, che:
· in caso di revoca con mozione motivata della fiducia al Presidente del Consiglio eletto, siano sciolte le Camere;
· in caso di dimissioni del Presidente del Consiglio eletto, questi possa proporre al Presidente della Repubblica, che lo dispone, lo scioglimento delle Camere;
· nel caso in cui il Presidente del Consiglio non proponga lo scioglimento, ovvero in caso di morte, impedimento permanente o decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire - per una sola volta nel corso della legislatura - l’incarico di formare il Governo nuovamente al Presidente del Consiglio eletto o ad altro parlamentare purché eletto in collegamento al Presidente del Consiglio.
Le disposizioni volte a modificare l’art. 94 sul rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento, oltre a non essere particolarmente chiare rispetto alle possibilità in base alle quali può essere nominato un Presidente del Consiglio diverso da quello eletto, confermano l’impostazione del “premierato” che azzera i poteri del Presidente della Repubblica - non più chiamato a nominare il Presidente del Consiglio, ma solo a ratificarne l’incarico attraverso il conferimento - annullandone, di fatto, ogni capacità discrezionale e di valutazione politica dell’evoluzione del dibattito parlamentare e del rapporto tra maggioranza e opposizione.
Articolo 8
Le norme transitorie confermano la previsione che gli attuali senatori a vita rimangano in carica nonostante il DDL preveda la loro abrogazione, e - più in generale - che le nuove disposizioni entrino in vigore a decorrere dalla prossima legislatura.