La legge di conversione in commento conserva le problematiche sottolineate nelle nostre prime osservazioni. Il testo è infatti privo della capacità di rispondere alle condizioni di necessità e urgenza in cui versa il SSN, di cui il fenomeno delle liste d’attesa è una manifestazione. La legge di conversione è uno strumento privo di effettiva efficacia, recando unicamente misure di monitoraggio (art. 1 - Piattaforma nazionale delle liste di attesa), vigilanza e controllo (art 2 - Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria), o di misure già previste (art. 3 – CUP unico regionale e divieto di liste chiuse) e addirittura in parte già utilizzate (art. 4 – Potenziamento offerta assistenziale nel finesettimana) nel nostro ordinamento, o di carattere solo programmatorio (art. 6).

Il provvedimento, emanato a chiari scopi propagandistici appena prima dell’appuntamento del voto europeo, al suo articolo 5 contraddice il proprio annuncio “Superamento del tetto di spesa per l’assunzione di personale sanitario”. La promessa e declamata abrogazione delle previsioni vigenti in materia di limiti di spesa non è presente nemmeno nella legge di conversione. Si preservano infatti gli effetti del Decreto Calabria fino alla piena operatività della nuova metodologia di calcolo del fabbisogno, rimandata al 2025. Rimane poi all’art.7, misura di defiscalizzazione simil flat tax dei compensi erogati per le prestazioni aggiuntive su base volontaria del personale medico e del comparto sanitario – con finalità d’incentivo di dubbia utilità sul piano dell’incremento delle prestazioni ma di certo crea disuguaglianza tra lavoratori sul piano fiscale.

La legge di conversione si presenta dunque come una scatola vuota, reiterando previsioni del PNGLA 2019-2021, non superando il tetto di spesa per l’assunzione del personale sanitario, rinviando strumenti operativi a futuri decreti, e non prevedendo nuove risorse per l’assunzione del personale e l’aumento delle retribuzioni. Il paradigma dell’invarianza finanziaria si ripete infatti in quasi tutte le disposizioni, a conferma della volontà del Governo di non risollevare il SSN in ginocchio dopo anni sottofinanziato e esternalizzazioni.

Questa è stata l’ennesima occasione per la maggioranza di mostrare il proprio spregio per il confronto democratico. Infatti, oltre al consueto abuso della decretazione d’urgenza, il Governo ha tardato a portare il decreto-legge al confronto parlamentare, tenendo in ostaggio le aule di Camera e Senato in attesa della risoluzione del conflitto tra Governo e Regioni attorno all’art. 2. Attorno a questo articolo ruota la palese contraddizione interna alla maggioranza di destra, che da un lato ha promosso e approvato l’autonomia differenziata, e dall’altro ha tentato di introdurre un meccanismo di controllo lesivo dell’autonomia regionale in materia di tutela della salute.

Il provvedimento non interviene sulla presa in carico della cronicità, sull’appropriatezza e cambia passo spingendo ancor più l’acceleratore sulla privatizzazione del Servizio sanitario: non più solo attività libero professionale nel SSN ma nei fatti si dirottano le persone al privato senza prima aver assicurato un adeguato finanziamento del sistema pubblico.

LE MODIFICHE IN SEDE DI CONVERSIONE

Articolo 2

L’articolo prevedeva nella versione originale un organismo ministeriale (Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria) con poteri di controllo sulle Asl nonché poteri sanzionatori in caso di inadempienze sulle norme anti-liste d'attesa. La disposizione aveva suscitato la reazione negativa della Conferenza Stato-Regioni, che aveva ravvisato la violazione nelle norme costituzionali in materia di riparto di competenze. Il testo è stato emendato, prevedendo che i controlli sulle Asl restino alle Regioni e che, solo in caso di inadempienze, l’Organismo si attiverà in seconda battuta il potere sostitutivo dello Stato. All’Organismo sono inoltre sottratte le funzioni di polizia amministrativa e giudiziaria assegnategli in precedenza.

Si aggiungono poi due commi che prevedono che le Regioni istituiscano l'Unità centrale di gestione dell'assistenza sanitaria e dei tempi e delle liste di attesa, che individuerà il Responsabile unico regionale dell’assistenza sanitaria (RUAS) con funzioni, obiettivi e responsabilità in termini di efficacia ed efficienza dell’assistenza sanitaria e quelli contenuti nel Piano regionale sulle liste di attesa.

Articolo 3

All’articolo 3 viene aggiunto il comma 4-bis, che prevede che gli erogatori pubblici e privati accreditati garantiscano piena trasparenza delle agende in ordine alle prenotazioni effettuate e ai relativi posti a disposizione. Tale adempimento costituirà elemento contrattuale qualificante.

Viene inoltre aggiunto il comma 10-bis che prevede che, nel caso in cui i tempi previsti dalle classi di priorità individuate nel PNGLA 2019-2021 non possano essere rispettati (comma 10), le misure da adottare possono consistere nei seguenti: ridefinizione dei volumi di attività e della tipologia delle prestazioni delle strutture pubbliche e private accreditate, mediante rivisitazione dell’accordo contrattuale; riprogrammazione delle ore di medicina specialistica ambulatoriale interna; richiesta di prestazioni, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale, da parte delle aziende ai propri dirigenti; incremento delle ore a specialisti ambulatoriali interni già in servizio o attivazione di nuove ore di specialistica ambulatoriale interna con stipulazione di rapporti convenzionali. Si tratta di una facoltà (e non un obbligo) ad attuare misure non precedentemente vietate, che non prevede novità ma che accompagna l’aumento di spesa pubblica verso prestazioni in convenzione e libera professione e verso il privato accreditato.

Il comma 11-bis invece interviene a modificare l’articolo 5, comma 15, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università), stabilendo che le Asl possono assumere dirigenti medici e sanitari, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di spesa di personale degli enti del SSN, della disciplina prevista dagli articoli da 15 a 15-sexies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e della contrattazione collettiva nazionale dell’Area sanità. Cade il vincolo di stipulare contratti “di lavoro a tempo determinato, di durata non superiore a 4 anni, non rinnovabili” come previsto in precedenza.

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