Mentre è notevole lo zelo nell’ostacolare in ogni modo la libertà di scelta delle donne di decidere del proprio corpo e della propria vita, con il Governo e il Parlamento che hanno spalancato le porte dei consultori alle associazioni antiabortiste, totalmente assente è l’attenzione del Governo alla condizione nella quale si trovano i consultori in Italia: pochi e alle prese con difficoltà strutturali per mancanza di risorse e personale.

I consultori familiari sono stati una grande conquista, frutto della mobilitazione dei movimenti femministi e per il diritto alla salute. Sono stati i primi veri servizi sociosanitari di prossimità, diffusi nel territorio, con competenze multidisciplinari, determinanti per la promozione e la prevenzione della salute della donna e dell’età evolutiva, per l‘assistenza alla famiglia e alla maternità e alla paternità.

Ai bisogni che 50 anni fa hanno portato alla nascita dei consultori si aggiungono i nuovi bisogni di salute indotti dai cambiamenti demografici e sociali, rendono i consultori servizi ancora più necessari, e per questo occorre una forte azione per difenderli e soprattutto per potenziarli e garantirli in ogni territorio, superando le profonde diseguaglianze esistenti.

Oggi i consultori versano in una condizione di profonda criticità: sono pochi, privi di risorse economiche e del personale necessario, come già confermato dai dati dell’ultima Relazione al Parlamento sull’attuazione della Legge 194/1978 del Ministero della Salute.

Nel 2021 a livello nazionale risultano 1.871 consultori familiari pubblici, 1.078 in meno rispetto ai 2.949 necessari a garantire il livello standard di un consultorio ogni 20 mila abitanti che viene garantito in sole tre Regioni: Valle d’Aosta, Emilia Romagna e Umbria.

In media c’è un consultorio ogni 32 mila abitanti con profonde differenze tra le regioni: si passa da un bacino di 12 mila abitanti per consultorio in Valle d’Aosta a 49 mila in provincia di Trento, a 48 mila in Molise fino a 66 mila abitanti in Lombardia.

Profonde sono anche le differenze nelle prestazioni e servizi offerti, come nelle figure professionali presenti, che risultano comunque sempre sotto gli standard.

Nell’ultima indagine dell’Istituto Superiore di Sanità risulta un generale sottodimensionamento del personale: c’è un’equipe multidisciplinare (con ginecologi, ostetriche, psicologi e assistenti sociali) solo in un consultorio su due, solo in pochissime regioni vengono garantite le ore necessarie ma mai per tutte le figure professionali dell’equipe.

La gravissima carenza di personale non consente di svolgere le funzioni e attività fondamentali che la legge affida ai consultori.

Un quinto dei consultori non offre servizi nell’area coppia, famiglia e giovani, un quarto non offre attività rivolte alle donne in menopausa e post menopausa e solo un quarto offre gratuitamente i contraccettivi.

Per garantire il rispetto degli standard indicati per l’equipe consultoriale è necessario incrementare gli organici di: +33% per i ginecologi, +31% per le ostetriche, +6% per gli psicologi, +63% per gli assistenti sociali.

Governo e Regioni devono mettere i consultori nelle condizioni di funzionare, garantendo le risorse e il personale necessario: facciano funzionare le equipe multidisciplinari, facciano entrare ginecologi, ostetriche, psicologi, assistenti sociali, assistenti sanitari, mediatori culturali, personale amministrativo, anziché antiabortisti.

E’ necessario restituire ai Consultori il loro ruolo centrale di presidio della salute pubblica, nel percorso di vita dalla nascita all’invecchiamento.

I consultori familiari sono uno straordinario patrimonio di esperienze e competenze da difendere, potenziare e sostenere, così come è indispensabile difendere e rafforzare il SSN per la salute di tutti e tutte. Per questo occorre proseguire nella mobilitazione a partire dalla partecipazione alla manifestazione nazionale a Roma del 19 ottobre promossa dalle categorie dei settori pubblici di CGIL e UIL.