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È di ieri l’assegnazione di 725 milioni di euro, (meno dei 949 milioni messi originariamente a disposizione dal PNRR), per la realizzazione dei rilegamenti in fibra ottica di oltre 10.000 siti radiomobili (backhauling), previsti da uno dei due bandi per la concessione di contributi pubblici nell’ambito del Piano “Italia 5G”.
“Il bando di gara, gestito da Infratel Italia sulla base della convenzione stipulata con il Dipartimento per la trasformazione digitale e Invitalia, prevedeva 6 aree geografiche (i cosiddetti lotti), che sono stati assegnati a TIM, con un finanziamento che copre fino al 90% del costo complessivo delle opere.
Tutti gli altri operatori interessati avranno accesso all’ingrosso alle infrastrutture finanziate secondo le condizioni definite dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom).”
I lavori dovranno essere completati entro il 30 giugno 2026.
I sei lotti sono così distribuiti:
L’assegnazione di questa gara a TIM è certamente una buona notizia, che però colma solo parzialmente i ritardi dovuti alle proroghe subite dai bandi di gara per le reti 5G e il rinvio dei termini per quelle legate ai piani Sanità e Scuola fin qui registrati.
Tra questi “mancati obiettivi”, come ricorderete, il secondo bando sul 5G, quello relativo alla gara da 1 miliardo finanziata dal Pnrr per coprire con il servizio di telefonia 5G le aree bianche (quelle ‘a fallimento di mercato’), è andato deserto ed è stato dunque riformulato il 20 maggio 2022..
Nel nuovo bando però è prevista una diminuzione del contributo pubblico (che passa da 974.016.970 a 567.043.033 euro) cui corrisponde, una riduzione del 50% della copertura delle aree originariamente previste, che verranno raggiunte dalle reti 5G.
Si tratta di un fatto particolarmente grave, dal momento che le aree oggetto di questi interventi sono proprio quelle “a fallimento di mercato”, quelle cioè in cui gli operatori di tlc non intendono impegnarsi perché situate in zone periferiche, da cui trarrebbero pochi profitti.
Ridurre gli incentivi ad esse dedicate, dimezzando le aree di intervento, conferma dunque l’orientamento mercatista che sta alla base delle scelte del Governo in tema di infrastrutture digitali e condanna ampie parti del nostro Paese ad una condizione di arretratezza tecnologica.
Gli operatori hanno tempo fino alle ore 18:00 del 10 giugno 2022 per presentare le offerte in forma individuale o associata.
Rimane il fatto che, come abbiamo già avuto modo di dire, il Governo non può trattare il tema dell’intera copertura del Paese come una possibilità e non come un dovere.
Vanno trovati strumenti e modalità per dotare tutta Italia di infrastrutture digitali in grado di mettere il Paese in condizione di affrontare le sfide del futuro. Troppo facile occuparsi solo delle zone a ‘successo di mercato’.
Per questa ragione è importante chiedere l’apertura e il mantenimento costante di tavoli di confronto con le Regioni e le Province, con l’obiettivo di mantenere un presidio attento e costante anche riguardo alle ricadute che queste scelte avranno sullo sviluppo dei territori.
Il PNRR rappresenta uno strumento unico ed irripetibile per riprogettare e innovare il Paese.
Per questo è utile manifestare in tutti i luoghi di confronto, ad ogni livello, le nostre preoccupazione e la nostra contrarietà riguardo a scenari che rischiano di lasciare indietro ampie parti del Paese.