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Care lavoratrici e cari lavoratori,
la vostra vertenza e la vostra lotta sono prima di tutto una battaglia di civiltà ed una mobilitazione generale a forte significato confederale, perché unisce il bisogno di tutelare il lavoro con l’esigenza di mantenere alto il profilo universalistico dei servizi postali.
La vostra lotta, innanzitutto tesa a contrastare il declino di un’azienda che, sempre più, si sta trasformando da “partecipata pubblica” ad una vera e propria holding a forte caratteristica economico-finanziaria, si rivolge ad un’azienda per la quale, in maniera sempre più arrogante, l’interesse degli azionisti è prevalente rispetto a quel ruolo fortemente sociale che ha visto in passato Poste Italiane rappresentare con orgoglio uno dei più importanti presidi territoriali del paese.
Negli ultimi dieci anni la privatizzazione di Poste Italiane ha significato la chiusura di otre 700 uffici, la riduzione degli orari e dei giorni di apertura (nel 2024, 247 aperti a giorni alterni, 186 chiusi il pomeriggio); la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro (organico da 143.700 nel 2015 a 120.155 nel 2023). A questi numeri, si aggiunge il ridimensionamento del servizio universale di recapito, per cui migliaia di cittadini in tutta Italia non ricevono più la posta regolarmente tutti i giorni.
Gli uffici postali sono stati e devono rimanere servizi fondamentali per garantire i diritti di cittadinanza soprattutto ad anziani e pensionati, per i quali la prossimità è ancora un valore imprescindibile, soprattutto in un paese dove il 60% del territorio è a rischio abbandono e spopolamento. Si tratta del 48% dei comuni, dove vive solo il 13,6% della popolazione, costituita per lo più da anziani”. Manca il lavoro per i giovani, che se ne vanno. Mancano i servizi per gli anziani che restano.
È per questo che le azioni di protesta e di sciopero che state pervicacemente portando avanti sono emblematiche di una nostra precisa volontà di contrastare questa pulsione a rendere il lavoro postale una variabile economica, da rendere compatibile con gli interessi preminenti degli azionisti.
Ma la vostra azione è anche a difesa della democrazia del lavoro ed è contro il tentativo di Poste Italiane di offendere il sistema della rappresentanza sindacale e della tutela collettiva degli interessi; è contro quest’idea ormai arrogante per la quale i processi di riorganizzazione del lavoro e dei servizi che quel lavoro assicura vanno perseguiti e realizzati senza alcun processo di partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori e senza il loro contributo.
Riorganizzare poste, ridefinire gli ambiti territoriali, intervenire sui modelli organizzativi e sugli orari di lavoro, secondo l’azienda può, anzi deve essere fatto senza, o addirittura contro quegli stessi lavoratori che poi ne dovranno assicurare i servizi.
La scelta di poste di aprire uno scontro con Cgil e Uil, utilizzando biecamente un potere non più partecipato da interessi pubblici, ma solo dall’arroganza padronale va contrastata fino in fondo.
È per questo che intendiamo parteciparvi il pieno sostegno delle strutture nazionali, confederale e di categoria, per una lotta che non solo è giusta, ma che, come per i Referendum dell’8 e 9 giugno p.v. su lavoro e cittadinanza, è anche necessaria al Paese.
Grazie a tutte e tutti voi.
Pino Gesmundo, Segretario Confederale CGIL
Riccardo Saccone, Segretario Generale SLC CGIL