Il Decreto Legge n. 69/2024, cd. Salva Casa, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 175 del 27-7-2024, entra in vigore (Gazzetta Ufficiale). Diventano quindi operative le misure in materia di semplificazione edilizia e urbanistica che modificano e integrano il D.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

La CGIL aveva condiviso alcuni elementi volti a una semplificazione della materia, soprattutto in relazione alla possibilità di favorire la riqualificazione del patrimonio edilizio, anche per attuare le disposizioni della direttiva europea “case green”, di contenere il consumo di suolo e di favorire processi di rigenerazione urbana, cosi come espresso tra le finalità del decreto.

Nell’audizione sostenuta insieme alla Fillea CGIL presso l'VIII Commissione della Camera dei Deputati il 17 giugno (leg19.com08.Audizioni.Memoria.PUBBLICO.ideGes.39320.19-06-2024-14-38-50.674.pdf (camera.it)), tuttavia, la CGIL aveva sottolineato alcuni elementi di grande criticità, in particolare legati alla possibilità di variazioni di destinazioni d'uso, alla sostituzione del silenzio diniego con il silenzio assenso, ad alcuni elementi legati allo stato legittimo. La CGIL aveva espresso la necessità di non aprire la strada, con ulteriori semplificazioni a deroghe per abusi maggiori, trasformando elementi di semplificazione in sanatorie conclamate e condoni.

Nel percorso parlamentare sono apportate modifiche che vanno a caratterizzare la norma in modo più impattante, configurando caratteri di deregolamentazione molto forti.

Con gli emendamenti approvati, tra le altre misure, il regime della doppia conformità viene superato oltre che per parziali difformità anche per le variazioni essenziali rispetto al progetto originario; aumentano gli interventi che rientrano nella cosiddetta edilizia libera; i cambi di destinazione d’uso e il recupero dei sottotetti sono consentiti con maggiore flessibilità; i limiti per l’abitabilità passano, per un monolocale, da 28 mq a 20 mq se vi risiede una persona e da 38 mq a 28 mq per due persone, superando la normativa igienico-sanitaria del 1975, l’altezza minima intera passa da 2,70 metri a 2,40 metri. Le tolleranze, già ampliate nella prima stesura del decreto, per gli appartamenti con superficie inferiore a 60 metri quadrati possono essere contemplate fino al 6%.

Tali norme intervenute vanno sicuramente in contraddizione con gli strumenti urbanistici dei piani, permettendo sia deroghe sulle destinazioni, sia legittimazioni di variazioni rilevanti.

Circa lo stato legittimo, le difformità e gli abusi presenti sulle parti comuni in condominio non potranno bloccare i lavori di riqualificazione di un appartamento e le irregolarità presenti su un singolo immobile non potranno intralciare la ristrutturazione delle parti condivise dell’edificio.

Per rimuovere gli abusi edilizi, l’obbligo di procedere entro 90 giorni dall’ingiunzione del Comune potrà slittare fino a 240 giorni. Infine, diminuiscono le sanzioni.

Il decreto si pone espressamente l’obiettivo di far fronte al crescente fabbisogno abitativo agendo sulla regolarizzazione di piccole difformità che creano problemi alla compravendita.

Bisogna domandarsi se sia questa la strada per affrontare un fabbisogno che investe un numero crescente di famiglie che vedono aumentare la vulnerabilità e crescere difficoltà economiche e condizioni di precarietà. E se a fronte di una risposta pubblica carente, di un mercato degli affitti insostenibile, soprattutto nelle grandi città, dell’impatto dilagante del fenomeno degli affitti brevi a scapito delle locazioni di media e lunga durata, possano essere significative le misure contenute nel decreto. A nostro parere, no.

Al di la delle sanatorie su elementi edilizi, l’allargamento della possibilità di cambi di destinazione d’uso, peraltro non vincolata a regimi di locazione agevolati, potrà concorrere all’ulteriore aumento delle locazioni di breve durata. I limiti dell’abitabilità, non andranno certo incontro alle esigenze di studenti, giovani lavoratori, giovani coppie o single, ma favoriranno un mercato speculativo.

Addirittura, potrebbe prospettarsi un processo di frazionamenti che darebbero vita a un patrimonio di “abitazioni-stanze”, estensibili anche all’edilizia pubblica per la quale le varie norme regionali fanno riferimento alla stessa normativa.

Sembra tornare la discussione sull’Abitazione per il livello minimo di esistenza, l’Existenzminimum di primonovecentesca memoria. Allora con la crisi economica e i costi delle abitazioni nei grandi centri, si ragionò su alloggi di piccola metratura, sottodimensionati, anche se questo sembrava un’opportunità per la progettazione tanto da generare un filone di studio e pratiche. Oggi, dopo decenni di conquiste su standard più adeguati, anche a livello igienico-sanitario, questo ritorno, e nei termini proposti dal decreto, si configura come un arretramento.

Per affrontare il disagio abitativo e un’emergenza che rimane inalterata, è necessario altro.

Una reale politica della casa deve tornare al centro dell'agenda politica, con interventi in grado di affrontare le condizioni di emergenza ed i nodi strutturali del settore, così come indicato nelle piattaforme della CGIL.

In primis investimenti e azioni devono essere indirizzati verso l’edilizia pubblica e sociale, al fine di incrementarne il patrimonio disponibile, attualmente non sufficiente a rispondere a bisogni consolidati ed a nuove domande che emergono, anche attraverso la riqualificazione del patrimonio non utilizzato, in processi rigenerativi in ambito urbano. Il tema degli “affitti brevi”, che sta deformando il mercato, deve essere regolato attraverso una norma quadro, come avviene in molti Paesi europei, dando facoltà ai Comuni di prevedere forme di utilizzazione, eventuali differenziazioni e limitazioni. Le locazioni di durata medio-lunga devono essere maggiormente incentivate, favorendo il canale concordato. Per favorire il diritto allo studio devono essere realizzate residenze studentesche pubbliche dedicate. Forme di sostegno al reddito per le famiglie in difficoltà economica devono essere ripristinate, attraverso Il Fondo di Sostegno all’Affitto e per la morosità incolpevole.

Infine i fabbisogni, differenziati nei territori, dovrebbero essere realmente monitorati per mettere in campo azioni socialmente significative, attraverso uno strumento centrale individuato nella precedente legislatura nell’Osservatorio nazionale della condizione abitativa (OSCA), che tuttavia non ha avuto operatività.