Audizione
presso l’VIII Commissione della Camera dei deputati (Ambiente, Territorio e Lavori pubblici) sulle proposte di legge C. 589 recanti modifiche al codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 018, n. 1, e altre norme in materia di gestione delle emergenze di rilievo nazionale e C. 647 per la disciplina organica degli interventi di ricostruzione nei territori colpiti da eventi emergenziali di rilievo nazionale.


I temi oggetto dell’audizione, contenenti misure volte ad affrontare gli stati di emergenza e le ricostruzioni in seguito a eventi naturali con effetti disastrosi, sempre più frequenti nel nostro Paese, sono oggetto dell’attenzione della CGIL da tempo. In primis per l’attività costante che la CGIL svolge a fianco delle comunità colpite da tali eventi, a partire dalle prime fasi di emergenza. È solo di qualche mese fa l’alluvione che ha colpito Emilia-Romagna e Marche, a conferma della vulnerabilità del territorio di fronte ad eventi violenti ed inediti. La CGIL ha avuto un’audizione presso questa Commissione in relazione ai primi interventi normativi per l’emergenza e per la ricostruzione, laddove ha registrato, tra l’altro, forti ritardi, risorse finanziarie e misure riguardanti cittadini e lavoratori non sufficienti.
Difatti ogni volta, nelle tante criticità che il nostro Paese si è trovato ad affrontare legate agli eventi calamitosi, l’azione politica, intervenendo necessariamente ex post, si è tradotta sempre in uno schema reattivo e in norme d’urgenza, perché lo stato di emergenza implica procedure e norme a ridosso dell’evento che contrastano con un approccio organico e con la necessità di un ordinamento che consenta di agire attraverso azioni condivise che scattino automaticamente. Una difficoltà che pone l’esigenza, in primis, di una governance unica centralizzata a livello nazionale.

Eppure la fragilità del nostro Paese è condizione nota. È forse superfluo ricordarlo, e peraltro è ben riportato nelle proposte di legge oggetto dell’audizione. Evidenziamo solo come sul rischio idrogeologico, le ultime stime dell’ISPRA ci dicono che il 20% della popolazione italiana risiede in aree potenzialmente soggette a alluvioni e un quarto delle case è esposto a tale rischio. Banca d’Italia ha recentemente certificato che il valore del patrimonio immobiliare esposto è di circa 1.000 miliardi di euro, la perdita annua attesa potrebbe arrivare a 3 miliardi. Circa la pericolosità sismica, secondo CRESME e Protezione Civile, il 36% dei comuni sono in zona sismica 1 e 2, 22 milioni di persone e più di 6 milioni di edifici, oltre la metà realizzati prima del 1970, senza l’utilizzo di tecniche costruttive antisismiche. Sempre il CRESME, valutando alcune condizioni multirischio e prendendo in considerazione il rischio simico, il rischio di frana, il rischio di alluvione e un’elevata impermeabilizzazione dei suoli, ha stimato a rischio molto elevato quasi 18.000 kmq, il 5,9% della superficie nazionale, con oltre 8 milioni di persone.

I temi oggetto dell’audizione fanno tuttavia parte anche della nostra elaborazione. A luglio 2021, infatti, abbiamo lanciato alcune proposte per una Legge Quadro per la riduzione dell’impatto delle calamità naturali, per la qualità delle ricostruzioni, per la salvaguardia dei rischi, con la convinzione che il Paese deve essere in grado di affrontare i traumi causati dagli eventi “naturali” con metodologie e criteri già pianificati, sia nelle fasi di emergenza che nei processi di ricostruzione. È importante anche per un principio di democraticità, essenziale cioè per codificare dei diritti in presenza di stati di deroghe ordinamentali connesse a stati di eccezionalità. Bisogna che venga fornita un'unica cornice giuridica, prescindendo dalle gestioni straordinarie e superando la differenziazione delle regole, che non garantiscono equità di trattamento ai cittadini, né tempestività degli interventi, anche a causa delle tante ordinanze ad opera del governo centrale e dei governi locali che vengono emanate per la necessità di riscrivere ogni volta procedimenti.
Apprezziamo, quindi, che il tema di una disciplina organica degli interventi di ricostruzione nei territori colpiti da eventi emergenziali di rilievo nazionale sia all’attenzione e auspichiamo che il percorso abbia seguito.
In particolare, sulle proposte che ci sono state sottoposte, evidenziamo alcuni punti.

In materia di gestione delle emergenze di rilievo nazionale, l’Atto 589 interviene sul codice della protezione civile (decreto legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018) riscrivendo gli articoli dal 24 al 27, proponendosi di accelerare e favorire il superamento dell’emergenza. In generale, il provvedimento sembra tendere ad una relazione diretta Stato-Comuni, tramite il Dipartimento della Protezione Civile, con un ridimensionamento del ruolo delle Regioni e delle Province Autonome. Ammesso che tale impostazione sia corretta e rispettosa delle competenze attribuite dalla Costituzione ai differenti livelli istituzionali, sarebbe difficilmente sostenibile alla luce della mole di interventi connessi all’emergenza che dovrebbero essere assicurati, richiedendo un potenziamento delle risorse del Dipartimento della Protezione Civile e dei Comuni. Le misure di sostegno post-emergenza possono essere condivisibili, ma non si tiene sufficientemente conto che spesso lo stato di emergenza riguarda piccoli territori per eventi localizzati per i quali, invece, le Regioni richiedono lo stato di emergenza, allo scopo esclusivo di accedere ai finanziamenti del fondo per le emergenze nazionali (FEN).
In particolare, l’articolo 2 del disegno di legge riscrive l’art. 24 apportando modifiche su cui rileviamo alcuni elementi di criticità.
Si elimina il riferimento alle Province Autonome in relazione alla facoltà di richiedere la deliberazione dello stato di emergenza e di emanazione delle ordinanze che rimarrebbe in capo ai soli presidenti di Regione creando un evidente vuoto in riferimento ad eventi che potrebbero verificarsi nei territori di Trento e Bolzano e in contraddizione con la giurisprudenza costituzionale. Attualmente la ricognizione delle risorse effettivamente necessarie è effettuata dal Dipartimento Protezione Civile congiuntamente con le Regioni; nella proposta di modifica verrebbe effettuata dal solo Capo del DPC: questa centralizzazione della ricognizione affidata interamente all’Amministrazione Centrale, oltre a richiedere un rafforzamento della dotazione organica della stessa, potrebbe forse aprire contenzioni con le Regioni e le Province Autonome. La previsione di ridurre la durata dello stato di emergenza, attualmente di 12 mesi prorogabile per altri 12, a 6 mesi prorogabili per ulteriori 6, è condivisibile in linea di principio, ma l’esperienza dimostra che 6 mesi + 6 mesi può non essere un tempo congruo per il superamento dell’emergenza.
L’art. 2 interviene anche sull’articolo 25 del Codice concernente le ordinanze di protezione civile i cui contenuti sono riportati nell’art 24 con alcune importanti modifiche.
È eliminato, nell’elenco dei contenuti delle ordinanze, il riferimento allo smaltimento dei rifiuti, macerie, materiale di scavo o alluvionale, alla continuità amministrativa, attività necessarie al superamento dell’emergenza che non dovrebbero essere cancellate. È eliminata la possibilità (prevista dal vigente comma 11 dell’art. 25) da parte di Regioni e Province Autonome di emanare provvedimenti in relazione agli eventi di cui all’ art. 7, comma 2 lettera b) in deroga alla normativa regionale; conseguentemente, non è chiaro come saranno gestite le emergenze di livello regionale e con quali strumenti per le Regioni. È eliminata la parte che prevede che le ordinanze di protezione civile NON siano soggette al controllo preventivo della Corte dei Conti, è quindi intenzione del legislatore far rientrare le ordinanze volte ad affrontare l’emergenza emanate dalla Protezione civile nel controllo previsto dall’art. 3 della legge 20/1994?
L’Articolo 3 contiene modifiche all’articolo 26 prevedendo che l’ordinanza di rientro sia emanata almeno 10 giorni prima del termine dello stato di emergenza (attualmente 30 giorni) e che si preveda la chiusura immediata della contabilità speciale (oggi prorogabile sino a 36 mesi), misure condivisibili in linea di principio, ma con una rigidità eccessiva, specialmente se si riduce il periodo dell’emergenza a sei mesi + sei mesi.
Circa le norme a sostegno ai lavoratori e alle imprese, queste devono avere applicabilità fin da subito, indispensabili per garantire la tenuta economica dei territori colpiti, evitare delocalizzazioni, fenomeni di abbandoni e spopolamento. A questi vanno aggiunte norme a sostegno dei cittadini in molti settori e su vari adempimenti.
In particolare, sul tema delle misure a sostegno dei lavoratori, di cui Capo II all’art 7 dello stesso atto 589, si rappresentano le seguenti criticità.
È necessario rendere obbligatorio il diritto di informazione alle Organizzazioni Sindacali sull’utilizzo da parte delle imprese dell’ammortizzatore sociale, che non può essere una facoltà del datore di lavoro. Per i lavoratori impossibilitati a recarsi sul luogo di lavoro posto al di fuori dei Comuni coinvolti dall’evento calamitoso è necessario per l’ammortizzatore sociale una previsione della durata massima di 30 giornate e che sia data la possibilità di una sua proroga fino ad un massimo di 90 giornate. È altresì necessario dare la possibilità di prorogare almeno di 2 mesi le prestazioni NASPI e Dis-Coll che entrano in scadenza entro i 60 gg. successivi all’evento calamitoso. Nel caso siano coinvolti lavoratori stagionali non ancora assunti alla data d’inizio dell’evento calamitoso o che hanno cessato in conseguenza all’evento il loro rapporto di lavoro, come nel caso del turismo, terme, parchi divertimento, industria alimentare, è necessario che l’ammortizzatore sociale preveda una durata massima di 30 giornate con possibilità di proroga fino ad un massimo di 90 giornate.
Dal capitolo indennità, di cui all’’art. 7 comma 3, risultano esclusi tutti i lavoratori autonomi e occasionali e i collaboratori sportivi e i lavoratori “domestici” e a “domicilio” dello spettacolo ai quali va invece garantita la medesima indennità. Ai lavoratori con contratto intermittente va garantita l’integrazione salariale, nel limite massimo di 30 giornate con possibilità di proroga fino a 90 giornate, in deroga alle normative vigenti, indipendentemente dal fatto che la causa di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa si sia verificata prima che il lavoratore venga chiamato o risponda ad una chiamata, e dal numero di giornate lavorate negli ultimi 12 mesi; inoltre serve vincolare il datore di lavoro a comunicare all’INPS il numero di giornate per le quali, in assenza dell’evento calamitoso, il lavoratore con contratto intermittente avrebbe invece prestato il proprio servizio.
Riguardo ai lavoratori agricoli si osserva quanto segue. L’indennità di cui al comma 1, lettera a) dell’art.7, per i lavoratori agricoli, dovrebbe essere equiparata al lavoro ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola (come avvenuto durante l’emergenza covid). Infatti, nella ipotesi in cui, a causa dell’evento calamitoso, il lavoratore non riuscisse a maturare i requisiti per la disoccupazione agricola (pur avendo ricevuto l’indennità in questione), sarebbe penalizzato da un punto di vista contributivo/previdenziale, visto che il pagamento dell'indennità di disoccupazione agricola determina automaticamente l'accredito di contribuzione figurativa, per l’intero anno ai fini pensionistici. Del resto, giustamente la proposta di legge, per i lavoratori non agricoli, prevede l’indennità con la relativa contribuzione figurativa. Il riconoscimento della indennità per le giornate di mancata prestazione dell’attività lavorativa, per un numero massimo di trenta giorni di retribuzione, potrebbe non essere un sostegno sufficiente, visto che i fenomeni “calamitosi” sempre più spesso determinano sospensioni dell’attività lavorativa per un arco temporale più lungo. Al fine di tutelare efficacemente gli operai agricoli a tempo determinato si potrebbe potenziare il particolare beneficio previdenziale, cosiddetto “trascinamento delle giornate” (art. 2, comma 6, L.223/1991) che consiste nel riconoscimento, sia ai fini previdenziali che assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate nell’anno in cui si verifica l’evento calamitoso, di un numero di giornate necessarie al raggiungimento di quelle lavorative svolte presso i medesimi datori di lavoro nell’anno precedente (datori di lavoro che operano in aree dichiarate calamitate). L’utilizzo del beneficio sarebbe maggiore se venisse estesa la definizione “calamità naturali” prevista dalla norma sul “trascinamento delle giornate”, a tutti gli eventi distruttivi per la produzione e l’occupazione, come ad esempio eventi climatici estremi, pandemie, attacchi parassitari, stabilendo che sia il lavoratore e non il datore di lavoro, come attualmente previsto, a presentare la relativa domanda alle Istituzioni.
Desta infine dubbi la possibilità di agire “in deroga a ogni disposizione vigente, fatto salvo il rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico” in quanto, stante la genericità, non si dà conto di alcuni ambiti inderogabili che non possono essere suscettibili di interpretazioni (alcune norme urbanistiche, salute e sicurezza, legalità, ambiente).

◼ In materia di interventi di ricostruzione nei territori colpiti da eventi emergenziali di rilievo nazionale, L’atto 647 disciplina interventi e governance, distinguendo l’ambito della ricostruzione da quello emergenziale.
L’articolo 1 delega il Governo ad adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi volti a disciplinare gli interventi di ricostruzione agli edifici e alle infrastrutture e per la ripresa economica e sociale e culturale nei territori colpiti, la governance della fase post emergenziale con particolare riferimento a una procedura che preveda poteri, competenze, procedimenti e misure. La necessità di una Legge quadro che detti principi inderogabili immediatamente applicabili al verificarsi di stati di emergenza, dovrebbe superare l’iter legato a innumerevoli decreti-legge.
L’articolo 2 indica i principi e i criteri direttivi cui deve attenersi il Governo nell’esercizio della delega. È necessario chiarire i ruoli con processi di semplificazione e snellendo le procedure, evitando sovrapposizioni. In questo senso, tuttavia, comitati istituzionali, che dovrebbero essere presieduti dalla Regione, devono avere potere decisionale, accompagnati da tavoli della durata di tutto il periodo legato a emergenza e ricostruzione, con la presenza dei cittadini e delle parti sociali.
Una Legge quadro deve fornire indirizzi univoci, e delineare una governance chiara, evitando gestioni diverse sia per le strutture coinvolte che per i provvedimenti legislativi adottati, come accaduto in passato. Una struttura centrale presso la Presidenza del Consiglio - il punto di riferimento può essere rappresentato da Casa Italia - deve essere permanente, avere un forte ruolo di indirizzo e coordinamento per limitare un sistema di politiche separate, elaborare linee guida anche sugli strumenti di sostegno socioeconomico alle popolazioni e di rilancio dei territori colpiti. Di particolare interesse, a questo proposito, la previsione di una quota fissa, nella proposta non superiore al 4%, destinata alla ricostruzione socio-economica, fondamentale per il futuro dei territori. Tra le misure di sostegno ai cittadini, positiva anche la previsione di un meccanismo di sospensione automatica dei termini su adempimenti, versamenti tributari e contributivi.

Non da ultimo è prioritario, nel disciplinare le attività di ricostruzione, un riferimento esplicito all’obbligo di definizione di un Protocollo di Legalità, prendendo a riferimento il modello delle opere e infrastrutture strategiche e prioritarie ed il modello di quello del Sisma 2016, ovvero: Struttura di Missione Prevenzione e Contrasto Antimafia Sisma 2016, protocollo nazionale e protocolli territoriali di legalità a tutela della qualità e diritti del lavoro, tutela salute e sicurezza, regolarità delle imprese con il DURC per congruità, formazione sulla sicurezza dei lavoratori e nei cantieri, nonché linee guida antimafia Sisma 2016 che finora hanno dimostrato importanza ed efficacia preventiva nel contrasto alla illegalità. I riferimenti si trovano negli articoli, art.30 e 35, della legge 189/2016 e s.m.i.
Per quanto riguarda la certificazione e il controllo antimafia è necessario che per la certificazione antimafia si segua la procedura del Sisma 2016 con l’utilizzo dalla Struttura di Missione Prevenzione e Contrasto Antimafia Sisma 2016 (che svolge il compito di prevenzione e contrasto della criminalità e mafie e di eseguire le verifiche antimafia per il rilascio dell’informativa antimafia indispensabile per l’affidamento e l’esecuzione dei contratti pubblici e privati) per l’esperienza e le competenze già maturate e acquisite, nonché per il supporto fornito alle locali Prefetture.
Attualmente l’operatività e le competenze della Struttura di Missione Sisma 2016 sono state estese agli eventi Sismici Abruzzo 2009, Ischia 2017, Campobasso e Catania 2018. Inoltre, il modello operativo è stato esteso anche ai Giochi Olimpici e Paraolimpici di Milano-Cortina.
La CGIL ritiene che molti temi dovrebbero essere oggetto di una norma quadro: il tema della governance, multilivello, con tutte le istituzioni rappresentative e la partecipazione di abitanti e attori sociali; il coordinamento e l'intervento in relazione al tipo di emergenza coi ruoli e la catena delle responsabilità politiche e amministrative; il modello di primo soccorso; il fronteggiamento dell’evento e il modello di ricostruzione; le procedure urbanistiche ed edilizie, le modalità e procedure per la realizzazione delle opere private e pubbliche; il tema degli appalti di servizi; quello delle imprese con misure che evitino la de-localizzazione e sostengano la tenuta e lo sviluppo territoriale socio-economico; gli interventi e le priorità per la ricostruzione; il tema della legalità, della trasparenza e della sicurezza, di contrasto a possibili infiltrazioni criminali e mafiose, agli abusi e al lavoro irregolare; il tema delle risorse, delle agevolazioni e dei contributi; gli interventi per il patrimonio abitativo. Infine, gli interventi per l'occupazione: per il mantenimento dei rapporti di lavoro, proroghe e indennità, garanzie salariali, l’obbligo di Protocolli con le maggiori stazioni appaltanti e le loro associazioni, l’applicazione della clausola sociale.
Sono solo titoli, rispetto ai quali rimandiamo alla nostra proposta.

Una considerazione finale che in realtà dovrebbe avvenire prima di qualsiasi altra: a fronte della fragilità e delle condizioni di rischio del nostro territorio, degli effetti moltiplicatori su tali condizioni dovuti agli effetti dei cambiamenti climatici, dei tanti eventi, con effetti disastrosi diventati sempre più frequenti, delle conseguenze in termini di danni economici e di perdita di vite umane, vogliamo ribadire come sia sempre più urgente aprire una riflessione seria sulla necessità di investire in strategie e azioni di prevenzione capaci di ridurre i gradi di vulnerabilità dei territori, da sempre carenti nel nostro Paese, riorganizzando l'azione pubblica attorno ad alcuni concetti chiave che superino quelli di emergenza e episodicità.
I temi della prevenzione, del monitoraggio e della manutenzione del territorio necessitano di una pianificazione di ampio respiro, di strategie che devono articolarsi nel breve, medio e lungo termine, di lungimiranti azioni ex ante rispetto a lunghe e poco efficaci azioni ex post. E necessitano di investimenti adeguati che tuttavia compenserebbero i tanti costi da affrontare nelle ricostruzioni.
Al contrario, solo per citare una delle ultime misure relative alle proposte per la revisione al PNRR diramate il 27 luglio, si propone il definanziamento di circa 1,3 miliardi per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico. È l’ennesima testimonianza che serve un cambio culturale, ancora assente nel nostro Paese, che partendo dalle condizioni di fragilità e vulnerabilità dei territori, diventi una “questione nazionale” come grande emergenza del Paese.

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