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La CGIL ha a suo tempo espresso un parere favorevole in ordine alle previsioni contenute nella Legge di Bilancio per il 2022 (Legge 30 dicembre 2021, n.234) nei commi dal 720 al 726 in merito alla revisione della disciplina sui tirocini extra-curriculari da realizzarsi attraverso un accordo in sede di Conferenza Permanente tra Stato, Regioni e Province Autonome attraverso la definizione di nuove
linee guida conformi ai criteri previsti nella sopracitata norma di legge.
Si condivide la necessità di un intervento teso a restituire genuinità all’utilizzo di tale strumento che ha una espressa finalità formativa e di orientamento e non può configurarsi, nel suo utilizzo, come strumento di ingresso al lavoro a scapito della tipologia contrattuale, l’apprendistato professionalizzante, che risponde a tale finalità.
Se da un lato occorre intervenire per contrastare l’uso improprio dei tirocini, dall’altro per restituire centralità al ricorso all’apprendistato è necessario un intervento sul complesso delle tipologie contrattuali (contratti a termine e somministrazione, contratto intermittente, stagionalità) che ne erodono l’utilizzo come strumento d’ingresso al lavoro.
Un intervento sul mercato del lavoro deve rispondere a criteri di semplificazione e organicità per evitare l’effetto “vasi comunicanti” che si genera nell’intervenire in modo sporadico sulle singole tipologie senza il necessario sguardo d’insieme. In questo senso a partire dalla proposta avanzata dalla CGIL di investire su un’unica forma d’ingresso a contenuto formativo è necessario ridurre le tipologie attuali e investire sul lavoro stabile.
Nel merito di quanto evidenziato nel corso dell’incontro sui criteri d’intervento:
• è condivisibile per la CGIL l’impostazione di una decisa riduzione della platea dei soggetti che possono accedere al tirocinio;
• il riferimento al CLUSTER 4 del programma GOL permette una precisa perimetrazione dei soggetti attivabili attraverso il ricorso al tirocinio e risponde al criterio previsto in norma di circoscrivere l’applicazione in favore dei soggetti con difficoltà d’inclusione sociale;
• riteniamo condivisibile la riduzione della durata del tirocinio a massimo sei mesi, mentre esprimiamo qualche riserva sulla durata dei tirocini per le persone con disabilità con la possibile estensione dai 12 ai 24 mesi seppure attraverso il coinvolgimento del Centro per l’Impiego competente per territorio; a tal fine si evidenzia che occorre perseguire l’obiettivo della inclusione lavorativa delle persone con disabilità, anche attraverso l’adozione di specifici programmi, e che una durata eccessivamente prolungata del periodo di tirocinio può determinare un processo di negazione di tale obiettivo;
• si condivide l’ introduzione di vincoli più stringenti all’attivazione di nuovi tirocini nel caso non si sia dato luogo a una quota di assunzioni.
A nostro giudizio gli elementi emersi nel corso dell’incontro vanno opportunamente integrati con ulteriori specificazioni riguardanti:
• l’utilizzo del tirocinio extra-curriculare non può avere alcuna finalità produttiva data la sua espressa finalità formativa e di orientamento
• la definizione dei Livelli Essenziali della Formazione che comprendano il bilancio di competenze all’inizio del tirocinio, l’individuazione delle competenze da acquisire e la successiva certificazione delle stesse, come previsto dalla norma;
• introdurre criteri per la valutazione della capacità formativa dei soggetti ospitanti, a partire dalla complessità organizzativa degli stessi e dall’individuazione di figure professionali in grado di accompagnare l’accrescimento delle competenze dei tirocinanti;
• limitare il ricorso ai tirocini per ripetute attivazioni sulla stessa mansione, situazione che può determinare degli usi impropri;
• definire per quali mansioni e attività i tirocini possono essere attivati, evitando le mansioni con carattere ripetitivo e con relativo contenuto formativo;
• occorre avere riguardo al fatto che l’istituto del tirocinio è un’azione formativa e che quindi l’indennità di partecipazione nella sua misura deve essere coerente con tale finalità; occorre inoltre garantire una omogeneità della stessa tra le diverse regioni.
Relativamente al punto sull’apprendistato professionalizzante nella premessa abbiamo già evidenziato la necessità di interventi esterni al perimetro di tale tipologia contrattuale per farla risaltare come strumento primario d’ingresso al lavoro.
Abbiamo già avuto modo di evidenziare, sia nell’indagine conoscitiva sugli strumenti d’ingresso al lavoro che nel corso delle audizioni che si sono tenute su alcune proposte di legge, la non opportunità di introdurre delle ulteriori flessibilità nell’istituto dell’apprendistato che ne snaturerebbero la funzione e la sua finalità.
Per contro ci sono evidenti alcuni elementi di criticità in particolare riferiti alla organizzazione della formazione regionale, alla qualità e omogeneità e ai tempi della sua erogazione nonché al suo finanziamento.
Inoltre è da valutare l’opportunità di introdurre vincoli più stringenti relativamente alla possibilità di attivazione di nuovi contratti di apprendistato attraverso l’innalzamento della percentuale minima di trasformazione dei contratti già attivati presso l’azienda.