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Come abbiamo già evidenziato alla Presentazione del PNRR abbiamo giudicato positivo aver previsto una specifica linea d’intervento per la lotta al lavoro sommerso a integrazione delle riforme e degli investimenti in materia di politiche attive del lavoro.
Il tema del contrasto al lavoro sommerso, eccetto l’ambito del settore agricolo con il richiamato piano recentemente varato e con alcuni interventi legislativi seppure non esclusivamente riferiti a tale settore, non vede da anni la definizione di specifici assi d’intervento a contrasto di una dimensione consistente sia per numero di lavoratori, con una incidenza di oltre il 15% sul lavoro regolare, che per valore economico stimata nel 4,5% del prodotto interno lordo (Fonte ISTAT 2020).
Come viene evidenziato nel Rapporto CNEL sul Mercato del Lavoro e la Contrattazione del 2021 nel capitolo specificatamente dedicato al lavoro nero scritto dal Professor Reyneri, se si escludono le ripetute sanatorie per i lavoratori immigrati, che soprattutto nei primi anni Duemila hanno avuto esiti un rilevanti successo, in Italia i tentativi di far emergere il lavoro nero non hanno sortito risultati degni di nota.
Altrettanto occorre dire che anche l’idea di sviluppare nuove forme di lavoro flessibili, da alcuni giustificate con l’intento di rendere trasparente ciò che non lo era (interinale, voucher, tempi determinati), più che favorire l’emersione del lavoro irregolare ha favorito la crescente precarietà e deregolamentazione del mercato del lavoro a tutto svantaggio dei diritti e delle condizioni del lavoro.
Il tema, come viene indicato nel capitolo del Rapporto, certamente è determinato dalla carenza di controlli ma occorre anche evidenziare che l’attività repressiva funziona solo se è sostenuta da un forte consenso e questo purtroppo non è il caso dell’Italia, soprattutto nelle regioni ove il lavoro irregolare costituisce una parte rilevante dell’occupazione e fornisce l’unico mezzo di sussistenza per molte famiglie.
D’altronde il confronto tra i paesi europei ha mostrato che l’occupazione irregolare è meno diffusa dove migliore è la qualità amministrativa, minore la corruzione percepita e maggiore la fiducia nelle autorità.
Per queste ragioni il tema della qualità del lavoro e della sua regolazione e non solo quello della sua quantità dovrebbero essere centrali nelle scelte in materia di mercato del lavoro, molto di più di quanto non lo siano nel Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza.
In questo contesto il Piano per il Contrasto al lavoro sommerso, che come giustamente viene evidenziato nella parte di analisi del piano stesso, è un fenomeno ampio e multiforme strettamente collegato alla condizione e alla evoluzione del sistema produttivo e del sistema sociale di un Paese, può essere uno strumento importante e decisivo per il miglioramento del nostro modello economico e di sviluppo, oltre che per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
È certamente positivo che il Piano si strutturi attraverso una pluralità d'interventi, a partire dalla necessità di migliorare il sistema della raccolta e della condivisione dei dati non solo integrando le banche dati e condividendo le informazioni fra i diversi enti e soggetti che sono chiamati a costruire le azioni di contrasto, ma anche condividendo percorsi e azioni sia per far crescere la cultura della regolarità che potenziando le norme volte ad accrescere la regolarizzazione.
Altrettanto positivo ma da valutare anche alla luce della difficoltà riscontrata in questi ultimi mesi rispetto al necessario e urgente potenziamento degli organici dell’Ispettorato del Lavoro, è l’evidenza sulla necessità di rafforzare l’azione di vigilanza attraverso investimenti anche infrastrutturali oltre che facilitando l’interazione fra i diversi livelli istituzionali.
Importante appare poi la possibilità di sperimentare misure di politica attiva specifiche per i lavoratori più fragili per evitare che possano scivolare in una trappola di continuo lavoro senza regole e privo di diritti: anche in questo caso tuttavia tali politiche pretendono di essere attivate in contesti in cui possa invertirsi, specie in determinati contesti, una tendenza alla crescita di proposte di lavoro dequalificato, a basso valore aggiunto e povero, figlie anche della crescita della dimensione e della pervasività della economia illegale o economia non osservata.
Nella lettura del Piano, su cui ci riserviamo una più attenta e approfondita valutazione, anche in relazione alle diverse misure e azioni previste in altri strumenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, come la Programmazione integrata pluriennale in tema di Lavoro, integrazione e inclusione, appaiono alcuni limiti che ci permettiamo di segnalare:
- Il Piano contiene una importante e condivisibile proposta di misure dirette e indirette volte a favorire l’emersione del sommerso nell’ambito del lavoro domestico. Sarebbe stato necessario definire specifiche linee d’indirizzo e d’azione per altri settori a grande incidenza del lavoro sommerso, settore della ristorazione e del turistico alberghiero, servizi della logistica e dei servizi alla persona che hanno un carattere più ampio rispetto al lavoro domestico, agricoltura.
Insieme alle azioni di sistema a livello macro, comuni a tutti i settori di attività, vanno individuate specifiche linee d’intervento caratterizzate per settore merceologico. In questo senso apparirebbe necessario che il Piano fosse strutturalmente collegato con il piano sul contrasto al caporalato e sulla necessità di superare gli insediamenti informali e abusivi ancora presenti in alcune aree del Paese, che oggi rendono evidente quanto in determinati contesti gli stessi siano, ancorché indegni di un Paese che si definisce civile, privi di credibili alternative; le azioni individuate andrebbero poi allargate e supportate con interventi di regolazione più marcati per esempio nel settore degli appalti, che nascondono spesso delle elusioni parziali della corretta applicazione delle regole. Il fenomeno delle cooperative spurie particolarmente presenti nel settore dei servizi, oltre che la diffusione delle modalità di distacco dei lavoratori e dei contratti di rete tra imprese accentuano il rischio di deregolamentazione e complicano l’attività di vigilanza. La scelta che il Governo sta intraprendendo in questi giorni circa una nuova liberalizzazione del subappalto, con i rischi d'incremento delle frodi e delle pratiche elusive che può determinare, appare profondamente in contrasto con gli obiettivi contenuti in questo Piano, anzi l’arretramento proposto, rispetto alle norme del Codice degli Appalti Pubblici, non potrà che peggiorare le condizioni di irregolarità e di evasione. - Ci pare del tutto carente la parte relativa al nesso fra il Piano e le politiche dell’immigrazione.
La relazione tra lavoro irregolare e mancato accesso al titolo di soggiorno è evidente e, in ragione delle norme oggi esistenti, si alimenta vicendevolmente.
La più recente procedura di regolarizzazione ha raggiunto modesti risultati per i limiti a suo tempo evidenziati. Implementare i flussi d’ingresso per lavoro subordinato, in quantità utile a dare risposta alle necessità dei diversi settori merceologici, permettendo anche a chi è già presente in Italia di avere accesso alla procedura, determina di per sè la riduzione della forza lavoro che può essere oggetto di lavoro irregolare che spesso si nutre proprio della condizione di non regolarità amministrativa delle lavoratrici e dei lavoratori migranti. - Relativamente agli strumenti, unitamente alla intensificazione dell’attività ispettiva sulla quale è aperto il punto del coordinamento, specie nella dimensione locale tra i diversi enti che ne hanno competenza, andrebbero individuate delle specifiche procedure mutuando e utilizzando la positiva esperienza di quanto realizzato nel 2007.
La lettura tempestiva dei dati, il miglioramento del quadro analitico e la creazione di un sistema fortemente cooperativo fra i diversi livelli istituzionali, un forte impegno sulla prevenzione e sulla cultura della regolarità sono fattori essenziali per sostenere le misure di contrasto al sommerso e d'incentivazione alla regolarizzazione.
Avevamo già espresso perplessità circa le tempistiche individuate che rischiano di non tenere conto dell’urgenza degli interventi in questione.
Come Cgil diamo fin da ora disponibilità ad accompagnare le attività di monitoraggio, anche al fine di implementare, rafforzare, modificare le azioni intraprese che, come abbiamo provato ad evidenziare in questo breve contributo, hanno carattere multidisciplinare e dipendono dalle politiche sociali ed economiche complessivamente intraprese e non solo dalle specifiche azioni contenute nel Piano, che dalle stesse possono essere influenzate.