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Roma, 9 dicembre - Nel corso dell’incontro che si è tenuto oggi presso il Mise, in modalità mista (in presenza e in remoto) e al quale erano presenti l’azienda, le Organizzazioni sindacali nazionali e territoriali e le istituzioni locali, è stato presentato l’accordo “che finalmente mette fine a una vertenza iniziata molto male”. Lo hanno dichiarato oggi Barbara Tibaldi, segretaria nazionale e responsabile FIOM del settore dell’elettrodomestico e Silvia Spera, Area politiche industriali della CGIL nazionale.
“L’accordo firmato oggi, e che sarà ratificato dal voto in assemblea di tutti i dipendenti, è una buona notizia, è un risultato importantissimo per le lavoratrici e i lavoratori della Elica di Ancona e per la salute dell’industria italiana. Solo pochi mesi fa l’azienda, in modo avventato e irricevibile, aveva dichiarato la delocalizzazione delle produzioni in Polonia con il conseguente esubero di circa 400 persone. Ma, ancora una volta nella storia di questo paese, abbiamo dimostrato che se rimaniamo compatti e lottiamo con gli strumenti che abbiamo a disposizione, con gli scioperi e con le iniziative di protesta, possiamo cambiare le decisioni sbagliate e migliorare la condizione delle persone.
L’accordo, nel merito, prevede la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, il rientro di alcune produzioni dalla Polonia (reshoring), l’utilizzo degli ammortizzatori sociali sotto forma di contratti di solidarietà nella quantità necessaria a portare avanti il piano industriale senza prevedere licenziamenti e la previsione di incentivi fino a 70 mila euro per chi volontariamente decidesse di essere messo in mobilità.
Ovviamente continueremo a monitorare con tavoli aziendali e ministeriali il rispetto dell’accordo e l’andamento del piano industriale, ma per oggi possiamo essere soddisfatti di aver ottenuto un risultato importante sia per le lavoratrici e i lavoratori della storica azienda italiana di cappe da cucina, sia per il rilancio della nostra industria. Di questo abbiamo bisogno oggi più che mai nel nostro paese: di un’industria che non licenzi ma investa e contrasti le delocalizzazioni.”