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Il 16 settembre il precedente Consiglio dei Ministri presieduto da Draghi ha votato lo schema di decreto attuativo della delega sulla riforma dei servizi pubblici locali contenuta nella legge sulla concorrenza n. 118/2022, testo recentemente bollinato.
L’accelerazione nell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, indubbiamente anomala vista la tempistica delle elezioni che hanno prodotto una nuova maggioranza di governo, corrisponde all’esigenza di mantenere le scadenze prospettate per la realizzazione del PNRR.
In quanto al merito, salvo alcune eccezioni rilevanti, il testo ci sembra coerente con la ratio della delega:
- da una parte c’è un tentativo di razionalizzazione delle norme sulla materia: ricordiamo che il legislatore negli ultimi vent’anni è intervenuto più volte con l’approvazione di provvedimenti di regolamentazione del sistema che hanno prodotto una sovrapposizione normativa complessa da questo testo solo in parte semplificata;
- dall’altra, ritroviamo il tentativo di disincentivare il ricorso alla gestione In house dei servizi, presente nella delega, seppur indebolito nel corso dell’iter parlamentare.
Nel dettaglio il testo definisce l’organizzazione e la ripartizione delle funzioni, disciplina il sistema di reti e impianti, regola il rapporto di pubblico servizio.
L’articolo 4 estende le nuove regole a tutte le attività “di interesse economico generale”. Le disposizioni in esso contenute prevalgono sulle normative di settore e le integrano in quanto espressione di principi generali. Ne restano esclusi la distribuzione di energia elettrica e gas, nonché le funivie (articolo 35).
L’articolo 5 interviene sui meccanismi di incentivazione delle aggregazioni, limitandosi a riprendere quanto previsto dalla legislazione precedente in termini di possibilità di definizione degli ambiti di gestione, nonché di valorizzazione del ruolo di Province e Città metropolitane; l’elemento di novità è un rinvio ad un decreto del MEF che entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo dovrebbe definire misure di incentivazione “anche attinenti a semplificazioni sul piano organizzativo e contabile”. L’assenza di vincoli precisi e di una previsione di risorse economiche a favore dell’incentivazione delle aggregazioni rende dubbia l’efficacia di un intervento che favorirebbe il salto di qualità in particolare nella gestione dei servizi a rete.
L’articolo 6 introduce l’incompatibilità tra le funzioni di regolazione, di indirizzo, di controllo e le funzioni di gestione dei servizi pubblici locali a rete. Nei casi di assunzione diretta da parte dell’Ente locale o per mezzo di società partecipata, l’incompatibilità suddetta viene declinata nell’ambito dell’organizzazione del personale dirigente e del comparto dell’Amministrazione interessata.
L’articolo 7 definisce le competenze delle autorità di regolazione dei servizi pubblici locali a rete: l’individuazione dei costi di riferimento dei servizi, dello schema tipo di piano economico finanziario, degli indicatori e dei livelli minimi di qualità dei servizi, nonché la predisposizione degli schemi di bandi di gara e degli schemi di contratto tipo.
L’articolo 8 invece interviene sulle competenze regolatorie nei servizi non a rete: per questi servizi, non operando un’autorità di regolazione, gli atti e gli indicatori sono predisposti dalle competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri.
L’articolo 9 prevede la possibilità per le Regioni di formulare e deliberare protocolli che consentano il coordinamento delle politiche sugli indicatori e i parametri che garantiscano l’efficienza e il confronto concorrenziale.
Gli articoli 10, 11 e 12 introducono la possibilità per gli Enti locali di istituire servizi di interesse economico generale diversi da quelli già previsti dalla legge o di favorire iniziative per assicurare un adeguato soddisfacimento dei bisogni degli utenti.
L’articolo 13 limita l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi.
Gli articoli 14, 15, 16 e 17 regolamentano le forme di gestione del servizio pubblico locale. Le tre forme di gestione previste sono: l’affidamento a terzi mediante procedura di evidenza pubblica, l’affidamento a società mista, l’affidamento a società In house, l’affidamento ad aziende speciali solo nei casi di servizi diversi da quelli a rete. Questa parte, come già evidenziato in occasione dell’approvazione della legge delega, mette in luce le criticità più rilevanti dell’intero impianto.
Innanzitutto evidenziamo con preoccupazione la scelta di escludere la gestione da parte delle Aziende speciali dei servizi a rete: è una previsione non menzionata tra i principi di delega contenuti nella legge sulla concorrenza che potrebbe generare delle difficoltà nella gestione di determinati servizi, nonché violare l’autonomia decisionale delle amministrazioni locali. Gli altri sistemi di gestione sono quelli previsti dalla normativa europea. Tra di essi figura chiaramente anche la gestione In house per la quale il testo, come già aveva fatto la legge, prevede una serie di vincoli in più. Infatti, nonostante siano scomparsi i riferimenti a formule di autorizzazione sostanziale, la scelta della gestione In house deve essere accompagnata da adeguata motivazione: innanzitutto, si prevede una preventiva valutazione della sostenibilità della scelta adottata; poi, viene prevista una delibera di affidamento sulla base di una qualificata motivazione che dia conto del mancato ricorso al mercato, delibera che deve essere pubblicizzata sul sito dell’Osservatorio dei servizi pubblici locali. L’intento della norma è evidentemente di disincentivo all’adozione della gestione In house, seppur risultino scongiurate le previsioni originali della legge che avrebbero nei fatti contrastato questa fattispecie. Questa politica, insieme all’intervento sulle aziende speciali, continua a vederci fortemente contrari: si tratta di una scelta ideologica che continua a vedere la gestione pubblica come il problema.
L’articolo 18 prevede la possibilità per gli Enti locali di attivare con enti del terzo settore rapporti di partenariato.
L’articolo 19 prevede che l’ente locale fissi la durata dell’affidamento che, nel caso della gestione In house, non potrà essere superiore ai cinque anni, fatte salve le eccezioni dovute alla necessità di prolungare la durata per garantire l’ammortamento degli investimenti.
L’articolo 20 avrebbe dovuto rispondere al principio di delega finalizzato alla garanzia di tutele occupazionali. La previsione ci sembra sufficientemente generica, anche in considerazione della necessità di mettere in evidenza non solo il mantenimento dei livelli occupazionali, ma anche la necessità di mantenere le condizioni economiche e contrattuali nei casi di passaggio da un gestore ad un altro.
Gli articoli 21, 22 e 23 riguardano la gestione degli impianti nell’ambito dei servizi a rete.
Innanzitutto, si prevede che gli Enti non possano cedere la proprietà di reti, impianti e altre dotazioni patrimoniali legate al servizio pubblico, salvo la possibilità di cedere a società a capitale interamente pubblico. Qualora sia separata dalla gestione del servizio, la suddetta gestione può essere affidata con le stesse modalità di cui abbiamo parlato prima (gara, società mista, gestione In house). Alla scadenza del periodo di gestione, in caso di subentro, si applicano le norme in tema di indennizzo del gestore uscente. È bene sottolineare come la possibile scelta di separare la gestione delle reti e degli impianti dalla gestione del servizio, anche attraverso due diversi affidamenti, freni il rafforzamento di questi settori in chiave industriale: in nome della concorrenza si solletica la logica della frammentazione che finora ha prodotto risultati fallimentari.
L’articolo 24 regolamenta il Contratto di servizio che regola i rapporti tra gli enti affidanti e i soggetti affidatari e/o le società di gestione delle reti.
L’articolo 25 obbliga il gestore del servizio a redigere e aggiornare la carta dei servizi (corredata dalle informazioni relative alla composizione della tariffa) alla quale darà adeguata pubblicità.
L’articolo 26 regolamenta i criteri per la definizione delle tariffe: correlazione tra costi e ricavi finalizzata all’equilibrio di gestione, equilibrio nel rapporto tra finanziamenti raccolti e capitale investito, valutazione dell’entità dei costi efficienti di gestione delle opere, adeguatezza della remunerazione del capitale investito. Si prevede la possibilità per gli Enti di garantire tariffe agevolate, nonché di aggiornare le tariffe seguendo il metodo del “price cap”.
Gli articoli 28 e 30 definiscono che la vigilanza sulla gestione sia affidata agli Enti locali o agli Enti competenti, secondo un programma di controlli finalizzato alla verifica del corretto svolgimento della prestazione. Definiscono, inoltre, che gli stessi Enti, anche in forma associata, realizzino una ricognizione periodica della situazione gestionale, con una particolare attenzione all’entità del ricorso all’affidamento a società In house. Quest’ultima ricognizione dovrà essere aggiornata contestualmente all’analisi dell’assetto delle società a partecipazione pubblica prevista dal Testo unico sulle società partecipate.
L’articolo 31 ritorna sulla motivazione della scelta della modalità di affidamento. Infatti, si prevede di pubblicare “senza indugio” sul sito internet istituzionale le delibere relative all’istituzione di un nuovo servizio, alla scelta sulla modalità di gestione e alla motivazione della scelta della gestione In house. Gli stessi atti dovranno essere trasmessi all’Osservatorio per i servizi pubblici locali e saranno visibili nella piattaforma unica della trasparenza gestita da ANAC.
Le disposizioni finali (articoli da 32 a 37) prevedono delle disposizioni specifiche per il settore del trasporto pubblico locale, per il settore del servizio idrico, per le farmacie comunali, per impianti di trasporti a fune per i quali si rinvia alle normative di settore. Le abrogazioni previste dall’articolo 36 puntano invece a semplificare il quadro legislativo di riferimento attraverso una parziale rimozione dei riferimenti normativi che vengono regolamentati dal decreto legislativo.
Lo schema di decreto attuativo mira a disciplinare l’intero mondo dei servizi pubblici locali, superando le normative di settore, senza tenere nella giusta considerazione che il Trasporto pubblico locale sia già normato da regole fissate nel 2017 in applicazione della normativa europea del 2016.
Quindi una normativa già armonizzata alle recenti disposizioni comunitarie, correttamente richiamate nell’art 9, della legge n. 118/2022.
In conclusione, vogliamo sottolineare, ancora una volta, come l’ennesimo tentativo di regolamentare il sistema dei servizi pubblici locali con il testo presentato finisca per dare una risposta parziale all’esigenza di semplificare la materia e di investire su un processo di rafforzamento in chiave industriale soprattutto dei servizi a rete, mentre prosegua nell’ormai storico quanto miope processo di limitazione dell’intervento pubblico sulla base di un pregiudizio ideologico che abbiamo sottolineato in precedenza. Per tali ragioni, in occasione dei prossimi passaggi funzionali all’approvazione definitiva del testo, proseguiremo nell’opera di pressione nei confronti sia del nuovo Parlamento che del nuovo Governo affinché sia possibile migliorare l’intervento in questione.
→ Di seguito il testo che verrà trasmesso alle Commissioni parlamentari competenti.