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Con questa nota vogliamo condividere alcune prime valutazioni sul Decreto “Aiuti-ter” – ultimo provvedimento del Governo attualmente in carica – presentato nella conferenza stampa del 16 settembre scorso dal Presidente Draghi e dai Ministri Franco e Cingolani.
Il provvedimento, che mobilita 14 miliardi, dopo gli oltre 50 già messi in campo per arginare le conseguenze della crisi inflazionistica ed energetica, non si discosta dai provvedimenti già approvati nei mesi scorsi. Il finanziamento della misura è garantito essenzialmente da nuove entrate, senza – come da noi richiesto – un aumento aggiuntivo dell’imposta sugli extra-profitti delle imprese del settore dell’energia.
Appare chiaro che gran parte delle risorse impiegate (circa 10 miliardi) saranno destinate alle imprese, in particolare con corposi crediti d’imposta in favore delle imprese per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale, aiuti nei settori agricolo e pesca, oltre alla possibilità di rateizzare le bollette a tassi agevolati con garanzia SACE.
È evidente che si tratta di un provvedimento insufficiente per rispondere all’aumento esponenziale del costo dei beni energetici e dalla dinamica dell’inflazione, sia sul versante della protezione dei redditi di lavoratori e pensionati che per l’assenza di strumenti di tutela dei lavoratori nelle filiere maggiormente in difficoltà per l’impennata dei prezzi dell’energia. Mancano completamente anche le scelte strutturali che possono determinare effetti efficaci per affrontare la fase che stiamo attraversando, in primis sul versante delle risorse necessarie. Ci riferiamo principalmente agli extraprofitti, sottolineando che proprio su questo tema la stessa Presidente della Commissione Europea durante il discorso sullo stato dell'Unione ha annunciato un contributo a carico “delle grandi compagnie petrolifere, del gas e del carbone che stanno realizzando enormi profitti” oltre ad un tetto alle entrate delle aziende che producono elettricità a basso costo, una riforma profonda e completa del mercato dell'elettricità, stabilendo anche un prezzo di riferimento “più rappresentativo” rispetto al prezzo del Title Transfer Facility (TTF) olandese. Il punto è che queste decisioni sono già in estremo ritardo rispetto alle necessità di lavoratori e pensionati oltre che delle imprese, e non sembrano essere oggetto di facile accordo neanche a livello europeo, dove i paesi più forti sembrano volere imboccare la strada delle soluzioni in autonomia.
Il Governo italiano, per parte sua, ha deciso sostanzialmente di rimettere al prossimo esecutivo la responsabilità di interventi profondi e strutturali. Il problema è che il prossimo esecutivo entrerà in carica tra alcune settimane e dovrà “correre” per chiudere la legge di bilancio 2023 in tempo per evitare l’esercizio provvisorio. Questo quadro che fotografa una sorta di stallo istituzionale nei prossimi mesi (al netto della conversione in legge di questo decreto che sarà compito del nuovo Parlamento) si somma alla crescente preoccupazione per il quadro generale.
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