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Pubblichiamo l'intervento del segretario generale della Cgil in occasione della giornata conclusiva di L20 - Labour 20
Le disuguaglianze nel mondo, negli ultimi vent’anni, sono aumentate e questo è il tema da cui partire. Dobbiamo capire come cambiare i modelli economici e sociali per rimettere al centro il lavoro che è stato svalorizzato. Abbiamo attraversato tante crisi finanziarie ed economiche e da ultima la pandemia che non è ancora sconfitta e nonostante siamo nell’era degli algoritmi ci siamo trovati impreparati ad affrontare questa grande crisi. Certo oggi abbiamo il vaccino, ma anche qui emerge una disuguaglianza: su 5,7 miliardi di dosi di vaccino che sono state effettuate, il 73% è stato somministrato solo in dieci Paesi. Ci stiamo battendo per sospendere la proprietà intellettuali e i diritti sui vaccini in modo che la vaccinazione diventi un diritto per tutelare le persone e la salute di tutti noi.
Allo stesso tempo le disuguaglianze sono anche frutto di una precarietà del lavoro che non ha precedenti e di una concentrazione della ricchezza sempre più in mano a pochi. In Italia ci sono più di sei milioni di italiani in povertà assoluta, oggi troppo spesso si può essere poveri anche lavorando. Questo pone sia un problema globale di precarietà del lavoro che un problema di sistema di tassazione che sia in grado di intervenire sulle grandi ricchezze e sui patrimoni affinché attraverso questa redistribuzione della ricchezza si possa investire proprio sui diritti fondamentali, dal diritto alla salute, al diritto alla conoscenza e all’istruzione.
E proprio per questo, da questo punto di vista la pandemia deve rappresentare una cesura: non possiamo tornare al modello sociale ed economico che c’era prima della pandemia. Dobbiamo batterci per cambiare questo modello di sviluppo. Anche nel nostro Paese, in questi anni, negli ultimi dieci anni, c’è stato un taglio alla sanità pubblica molto pesante. Io credo che invece uno degli elementi centrali quando parliamo di diritto alla salute è proprio il ruolo del pubblico. C’è la necessità di rafforzare la sanità pubblica, di rafforzare la prevenzione, di rafforzare la presenza sul territorio perché come ci ha insegnato la pandemia è proprio questo il modo per poter sostenere le persone più deboli, fragili, le persone anziane.
E allo stesso tempo, un nuovo modello di sviluppo richiede la necessità di investire sul sapere, sulla conoscenza, su un lavoro che non deve essere precario ma deve essere sicuro e con diritti. E proprio per questa ragione bisogna indirizzare le risorse e gli investimenti verso quelle produzioni che siano sostenibili, verso la rivalutazione dei beni comuni e pubblici, verso una mobilità positiva e non inquinante che comporta nuove politiche industriali.
Per questo bisogna investire sulla conoscenza, sulla cultura e sulla formazione. Pensiamo che il mercato da solo non è in grado di affrontare un processo di questa natura: c'è bisogno di vincoli sociali, di un intervento pubblico in grado di indirizzare gli investimenti e creare nuovi prodotti, di creare nuove competenze. Prospettare un nuovo modello di sviluppo comporta sicuramente un grande investimento per l’apprendimento e l’accrescimento culturale delle persone.
In poche parole dobbiamo sia far diventare il diritto all’istruzione e alla scuola come un diritto anche questo pubblico per le persone fino ad una certa età, ma c’è un tema nuovo che riguarda la formazione come diritto permanente lungo tutto l’arco della vita delle persone, una grande lotta alle disuguaglianze è quella di mettere tutti nelle condizioni di avere le stesse conoscenze e oggi una grande disuguaglianza è proprio questa: tra chi ha le conoscenze e chi non le ha, tra chi ha avuto l’opportunità di essere formato e di conoscere e chi quest’opportunità non l’ha ricevuta.
Qui c’è un tema importante proprio per i processi che abbiamo da affrontare: sia la transizione ambientale sia la transizione digitale. Per questo c’è bisogno che la scuola sia una scuola pubblica, che sia aperta, che diventi un luogo di espressione della creatività, di crescita culturale degli adulti, ma anche luogo di integrazione, capacità di accoglienza dei migranti, capacità di gestione dei cambiamenti tecnologici e proprio perché stiamo vivendo una situazione complessa, difficile, c’è bisogno di un impegno collettivo.
Mai come adesso il ruolo dell’organizzazione sindacale, intesa nella sua parola di fondo e cioè mettere insieme le persone con giustizia, abbiamo bisogno di recuperare questa dimensione del nostro agire contrattuale, del nostro agire collettivo. C’è bisogno cioè di un impegno che vada in questa direzione e proprio il virus ci dice quanto le vite di tutti siano collegate a quelle degli altri, e che i comportamenti di ognuno di noi condizionano quelli degli altri. Nessuno può permettersi di chiudersi nella sua bolla pensando di essere immune. Si è in relazione, ognuno con il suo carico di responsabilità.
Da soli non si costruisce nulla perché da soli non si è in grado di affrontare problemi così complessi, solo insieme si può essere nella condizione di cambiare e di dare delle risposte. Io penso che questo sia l’impegno fondamentale che dobbiamo assumere e la ragione stessa dell’esistenza del sindacato ma così dicendo e così facendo noi non stiamo difendendo solo gli interessi di una parte – quella del mondo del lavoro –, stiamo difendendo e ci stiamo battendo per un’idea di società diversa, per una società che, mettendo al centro le persone, il lavoro e la sostenibilità sociale e ambientale, darà un futuro anche a questo pianeta. Ed è questa la battaglia importante nella quale dobbiamo tutti insieme impegnarci.