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Il decreto-legge 1/2022 istituisce l’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni e individua ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID 19, rivolte in particolare ai luoghi di lavoro, pubblici e privati, alle scuole e agli istituti di formazione superiore.
In termini generali, come abbiamo più volte evidenziato, serviva per la CGIL un intervento più chiaro e deciso, come l’obbligo vaccinale per tutta la popolazione.
Siamo davanti a un ennesimo provvedimento insufficiente e non risolutivo, figlio delle mediazioni politiche all’interno della maggioranza, che crea divisioni e che istituisce diversi regimi che certamente determineranno problemi e contenziosi e soprattutto non istituiscono norme chiare per i cittadini.
La fase critica che stiamo vivendo, con i contagi in forte aumento, il sistema del tracciamento sostanzialmente saltato, con l’impossibilità spesso di effettuare tamponi di controllo, il sistema sanitario in difficoltà avrebbe meritato invece provvedimenti più decisi, a partire anche dagli interventi di sostegno (ammortizzatori Covid, copertura della quarantena, lavoratori fragili...) che auspichiamo possano essere presi già nei prossimi giorni, a cominciare dall’incremento di luoghi pubblici dove effettuare le operazioni di verifica e controllo della pandemia (screening di massa).
All’art. 1 del decreto si definisce l’estensione dell’obbligo vaccinale per gli ultracinquantenni.
Un provvedimento quindi che integra la scelta finora fatta di operare verso l’obbligo per categorie di lavoratori, e che indica nell’età anagrafica il determinante dell’obbligo vaccinale, esteso dalla entrata in vigore del decreto e fino al 15 giugno 2022.
L’obbligo si applica anche a coloro che compiono il cinquantesimo anno successivamente alla entrata in vigore della disposizione ma non sussiste in caso di accertato pericolo per la salute in relazione a specifiche condizioni cliniche certificate dal medico curante o vaccinale.
L’obbligo viene esteso quindi anche a tutti i lavoratori ultracinquantenni, che a partire dal 15 febbraio dovranno per accedere al proprio luogo di lavoro esibire il Green Pass rafforzato. In questo caso, positivamente come già accaduto per gli altri lavoratori già sottoposti ad obbligo, il differimento al 15 febbraio, permette di espletare il ciclo vaccinale primario ai lavoratori che ancora non lo avessero fatto.
Per tutti i lavoratori ultracinquantenni, quindi, non sarà più possibile accedere ai luoghi di lavoro con tampone antigienico ogni 48 ore ma solo con le casistiche di cui all’art. 9 comma 2 lettere a), b), e nuovo c-bis ).
Permane il controllo del rispetto delle disposizioni in capo ai datori di lavoro, come già definito nei precedenti provvedimenti.
I lavoratori non in possesso della certificazione o privi al momento dell’accesso saranno considerati assenti ingiustificati, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto, fino alla presentazione della certificazione, e comunque non oltre il 15 giugno 2022. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione ne’ altro compenso o emolumento, comunque denominati.
La norma , con il comma 7 prevede che il datore di lavoro possa adibire a mansioni diverse, senza decurtazione della retribuzione, i lavoratori non soggetti ad obbligo nel periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio.
La norma prevede anche un sistema di sanzioni pecuniarie una tantum rivolte a tutti i cittadini, mentre conferma da una parte le sanzioni economiche già previste per datori di lavoro e lavoratori riguardo all’ingresso senza Green Pass nei luoghi di lavoro, e rimanda dall’altra ad un decreto ministeriale per la definizione dei servizi essenziali al cui accesso non sarà necessario esibire il Green Pass (vedi dopo art.3).
L’Art. 2 estende l’obbligo vaccinale anche al personale delle Università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori, a partire dal 1° febbraio 2022.
L’Art. 3 prevede invece l’estensione delle certificazioni verdi Covid 19 per l’accesso degli utenti ad ulteriori attività rispetto a quelle già previste.
Fino al 31 marzo 2022 sarà consentito l’accesso solo con certificazioni verdi Covid 19 di cui all’art.9 comma 2 (tutte, compreso quindi il tampone antigienico nelle 48 ore precedenti) alle seguenti attività:
- Servizi alla persona (dal 20 gennaio )
- pubblici uffici, servizi postali, bancari e finanziari, attività commerciali, fatti salvi quelli necessari per assicurare il soddisfacimento di esigenze essenziali e primarie della persona, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro della salute, d'intesa con i Ministri dell'economia e delle finanze, della giustizia, dello sviluppo economico e della pubblica amministrazione, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione (dal 1° febbraio)
- Colloqui visivi in presenza con i detenuti e gli internati, all’interno degli istituti penitenziari per adulti e minori (dal 20 gennaio)
Nell’articolo 3 si prevede anche una misura che modifica il comma 7 all’articolo 9 – septies del DL 52/ 2021 convertito poi con la legge 87/2021.
L’articolo indica per tutte le aziende (e non solo per quelle sotto i 15 dipendenti come nella norma modificata) il fatto che il datore di lavoro possa sospendere il lavoratore, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sua sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni lavorativi, rinnovabili fino al termine del 31 marzo 2022 (termine dello stato di emergenza, ma non corrispondente al termine dell’obbligo ) senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso.
Anche in questa occasione indichiamo come sarebbe più corretto che il lavoratore con diritto alla conservazione del posto potesse rientrare dall’assenza ingiustificata non appena in possesso del certificato.
Gli articoli 4 e 5 del decreto sono relativi rispettivamente a: Gestione dei casi di positività all’infezione da SARS-CoV-2 nel sistema educativo, didattico e formativo e a Misure urgenti per il tracciamento dei contagi COVID-19 nella popolazione scolastica.
Queste in sintesi le misure:
Sulle specifiche misure molti sono gli elementi di criticità:
- in caso di positività nella primaria (così come per tutti i gradi) sarà estremamente difficile effettuare il test antigenico nell’immediatezza perché i tempi delle farmacie (per non parlare delle ASL) sono ormai lunghissimi, con il rischio di vanificare il tracciamento con testing e alimentare dei cluster nei tempi di attesa. Sarebbe perciò necessario poter garantire l’effettuazione dei test direttamente nella scuola
- l'autosorveglianza con utilizzo delle mascherine FFP2, con due casi accertati nella classe, senza effettuare il test rapido a tutti gli alunni, rischia di essere una misura insufficiente ai fini del contenimento del contagio. Peraltro nella secondaria di I grado la metà degli alunni ha un’età inferiore a 12 anni, quindi si tratta di alunni solo parzialmente vaccinati (e con la sola prima dose). Tra l’altro sottolineiamo i dati della campagna vaccinale nella scuola che vede il 70,4% tra i 12 e 19 anni di vaccinati con due dosi (solo il 4,8% con il booster), non sappiamo i numeri di coloro con la chiusura del ciclo vaccinale effettuato da più di centoventi giorni. Solo il 16,72% risultano vaccinati con ciclo completo tra 5 e 11 anni.
- prevedere nella scuola secondaria, in caso di due contagi accertati, la possibilità di attività in presenza per coloro che diano dimostrazione di aver completato il ciclo vaccinale e la didattica digitale integrata per i non vaccinati o per coloro che abbiano concluso il ciclo vaccinale primario da più di centoventi giorni o che siano guariti da più di centoventi giorni, oltre a essere una misura discriminante, rischia di trasformarsi in una soluzione inefficace anche dal punto di vista didattico, dal momento che le metodologie didattiche, i tempi di attenzione e strategie attivate nella didattica in presenza e in quella a distanza non sono sovrapponibili e applicabili contemporaneamente agli alunni presenti in classe e a quelli che seguono a distanza.
Ribadiamo la necessità di scelte omogenee e tempestive per garantire il diritto allo studio senza alcuna discriminazione e senza sovraccaricare inutilmente le istituzioni scolastiche con procedure troppo complesse. Infatti occorre sottolineare l’aumento dei dati dei contagi tra il personale docente e Ata che rischia di non garantire la gestione ordinaria della didattica per l’impossibilità, soprattutto in alcune regioni e in particolare nel centro-nord, di reperire il personale supplente.
Abbiamo ripetutamente chiesto screening, personale aggiuntivo per assicurare il distanziamento, sistemi di aerazione e presidi sanitari all'interno delle scuole e la fornitura gratuita di mascherine FFP2 a personale e alunni, senza distinzione per ordine di scuola. Molti di questi gli strumenti, contenuti nel Protocollo di sicurezza del 14 agosto 2021 sono stati disattesi dal governo mentre avrebbero consentito di assicurare maggiori condizioni di sicurezza per tornare a scuola in presenza. Le scelte operate oggi non garantiscono la sicurezza e non rispettano il valore inclusivo dell'unità del gruppo classe. Al di là delle dichiarazioni di principio sulla scuola in presenza, se il governo intende garantire la salute dei nostri alunni, è necessario che si utilizzi temporaneamente la didattica a distanza e si abbia il coraggio di avviarla in modo coerente con l'utilizzo delle strategie e degli strumenti, anche contrattuali, che abbiamo sperimentato nei momenti più difficili della pandemia. In conclusione riteniamo necessarie misure flessibili e pluralità di interventi che
evitino il contagio, tutelino la salute, assicurino il massimo della didattica in presenza ma senza escludere a priori didattica a distanza secondo necessità.