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Alla luce di quanto avvenuto nei giorni scorsi con l’SMS inviato da INPS a tutti i percettori di Reddito di Cittadinanza cui non è più riconosciuto il diritto al sostegno, riepiloghiamo alcune indicazioni interpretative e operative su quanto avvenuto e, soprattutto, su cosa è utile fare per supportare al meglio le oltre 160 mila famiglie in povertà che hanno già perso il beneficio economico.
Nella legge di Bilancio 2023 era già prevista la cessazione del Reddito di Cittadinanza nel corso dell’anno per i nuclei che avessero percepito 7 mensilità e non avessero al loro interno un minore, un disabile o un over 60 anni, o non fossero in carico ai servizi sociali.
Il “decreto lavoro”, n. 48/2023 nel confermare questa previsione aveva indicato come termine per la comunicazione all’INPS, tramite piattaforma Gepi, dell’avvenuta presa in carico ai servizi sociali dei comuni, il 30 giugno 2023 (quindi prima della scadenza dei 7 mesi). Nel corso della conversione in legge del decreto, detto termine per la comunicazione è stato prorogato al 31 ottobre 2023, prevedendo un eventuale periodo di sospensione del beneficio nel caso in cui la comunicazione non fosse pervenuta prima del termine del 7° mese.
Questa ultima previsione è all’origine dell’avventato SMS inviato da INPS in questi giorni contenente la dicitura “in attesa dell’eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali” che, nella sua inaccettabile approssimazione, ha generato e sta generando un aggravio di problematiche, per le famiglie che lo hanno ricevuto e per gli operatori dei servizi pubblici, alla già sufficiente drammaticità della fine di un sostegno al reddito per le centinaia di migliaia di persone ritenute ”occupabili” voluta dal Governo.
In base a quanto disposto dalla legge (comma 5, art. 13, legge 85/2023) salvo interpretazioni estensive dell’ipotesi di sospensione al momento escluse o salvo provvedimenti che rivedano – come richiesto dalla CGIL – la proroga del termine di 7 mesi, i nuclei che non sono stati presi in carico dai servizi sociali, ma unicamente dai Centri per l’Impiego, non potranno ricevere il beneficio economico oltre i 7 mesi (luglio, se il beneficio era in essere da gennaio, agosto se lo era da febbraio ecc.).
Il Governo, nei fatti, con il suo intervento normativo - abolizione del Reddito di Cittadinanza e introduzione dell’Assegno di inclusione che mira a sostenere solo una parte della platea in condizione di bisogno, abbandonando senza sostegno i ritenuti “occupabili” -, non solo sta colpendo direttamente la popolazione in condizione di povertà, ma sta anche scaricando sui servizi pubblici territoriali, a partire da servizi sociali e centri per l’impiego, la risposta ai loro bisogni, senza aver provveduto al loro necessario rafforzamento, né in termini di dotazioni organiche né in termini di interventi e servizi attuabili, soprattutto nelle aree del Paese in cui la rete di servizi è maggiormente deficitaria e in cui sono maggiori i contesti di vulnerabilità. È, dunque, importante intervenire ad ogni livello istituzionale per fare quanto possibile perché sia potenziata l’infrastruttura sociale territoriale, utilizzando le risorse già disponibili e rivendicando i necessari stanziamenti aggiuntivi, e perché le stesse amministrazioni si facciano promotrici di politiche di welfare universale che non lascino indietro nessuno.
→ Di seguito riportiamo la scheda tecnica relativa alle nuove misure che sostituiscono il Reddito di Cittadinanza