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GIULIA PALMIGIANI
Roma, 27 settembre - “Domani, 28 settembre, Giornata internazionale per l’aborto libero e sicuro, la Cgil mobilita le proprie strutture territoriali, che nei giorni scorsi hanno inviato a tutti i Presidenti di Regione una richiesta formale di garanzie sull’esercizio di un diritto fondamentale per le donne, messo oggi in discussione da scelte politiche e dalle criticità in cui versa il SSN”. È quanto si legge in una nota della Cgil nazionale.
Daniela Barbaresi, segretaria confederale Cgil con delega alla sanità, spiega che “in Italia i consultori versano in una condizione di profonda criticità: sono pochi, privi di risorse economiche e del personale necessario. In media c’è solo un consultorio ogni 32 mila abitanti, con profonde differenze tra regioni, nonostante la normativa ne preveda uno ogni 20 mila. I presidi ospedalieri dove si effettuano le IVG non garantiscono un’adeguata copertura nei territori e il pieno rispetto del diritto all’autodeterminazione anche a causa dell’elevata presenza di obiettori”.
“Occorre ridare centralità al servizio sanitario nazionale e ai consultori a tutela della salute delle donne, delle giovani e la libera scelta consapevole. E, a differenza di quanto accade oggi – sottolinea Barbaresi – applicare su tutto il territorio nazionale le Linee guida sull’aborto farmacologico, che garantisce maggiore sicurezza e minore invasività nelle IVG evitando inutili rischi per la salute delle donne”.
La segretaria confederale della Cgil responsabile delle Politiche di genere, Lara Ghiglione, ricorda che “critichiamo la cultura della colpevolizzazione alimentata dalle norme che consentono l’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori e nei presidi dove si effettuano le IVG, come nel caso della Stanza dell’ascolto dell’ospedale S. Anna di Torino”.
“Le donne italiane – prosegue – con le lotte e l’emancipazione hanno conquistato il diritto a scegliere se essere madri o no, se interrompere o meno una gravidanza indesiderata. Consentire agli antiabortisti di interferire con la loro libera scelta è un atto violento e retrivo che riporta il nostro Paese indietro di cinquant’anni sul versante dei diritti. Per questo – conclude Ghiglione – chiediamo che i luoghi dell’aborto siano antiabortisti-free”.