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Roma, 10 settembre - “Abbiamo sempre sostenuto l’importanza dell’Assegno Unico Universale, ma è urgente porre rimedio ad una discriminazione inaccettabile, contro cui è intervenuta anche la Commissione Europea, e rendere esigibile il diritto di tanti minori e delle loro famiglie all’accesso a strumenti di sostegno. Famiglie che con il passaggio alla nuova misura hanno subito perdite economiche considerevoli”. Così le segretarie confederali della Cgil Daniela Barbaresi e Maria Grazia Gabrielli a proposito dell’impossibilità di percepire l’assegno per i lavoratori e le lavoratrici che non sono residenti in Italia da almeno 2 anni o i cui figli non risiedono in Italia, e che non hanno un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato della durata di almeno 6 mesi.
La Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese poiché tale regime viola il principio di parità di trattamento delle persone e i lavoratori mobili, che pagano le tasse e contribuiscono al sistema di sicurezza sociale allo stesso modo degli altri lavoratori e lavoratrici, hanno diritto alle stesse prestazioni familiari. Dopo la lettera di costituzione in mora di un anno fa, nel luglio scorso, la questione è stata deferita alla Corte di giustizia dell'Unione Europea.
“Nei giorni scorsi la Presidente Meloni nel suo video-messaggio, con il Ministro Giorgetti sorridente alle spalle, ha usato parole al veleno nei confronti della Commissione, e la Ministra Roccella ha sostenuto che quanto richiesto dall’Europa allargherebbe in modo incontrollabile la platea dei fruitori e renderebbe la misura insostenibile per la tenuta dei conti dello Stato”. “Ma quello che Meloni, Roccella e Giorgetti non dicono è che molti lavoratori e lavoratrici, soprattutto migranti, oltre ad essere discriminati, con il passaggio alla nuova misura hanno perso migliaia di euro che prima percepivano”.
In particolare, coloro i cui figli sono residenti all’estero prima dell’introduzione dell’Assegno Unico potevano beneficiare delle altre misure (Assegno al Nucleo Familiare, detrazioni per figli a carico, ecc.) mentre oggi sono esclusi da tutto. Secondo le simulazioni elaborate dall’Area Stato Sociale e Diritti e dall’Area Contrattazione, Politiche del Lavoro, Politiche industriali della Cgil nazionale, un lavoratore dipendente con coniuge e 2 figli di 10 e 12 anni residenti all’estero, che nel 2020 percepiva un reddito di 25.300 euro l’anno, ha potuto beneficiare dal 1° luglio 2021 al 28 febbraio 2022 di 160,83 euro mensili di Assegno al Nucleo Familiare (ANF) e di 122,00 euro mensili di detrazioni fiscali (61,00 euro per ciascun figlio). Per lui, il passaggio all’Assegno unico ha determinato una perdita mensile di 282,83 euro e di 3.393,96 euro l’anno.
Ancora più pesante la perdita per una lavoratrice vedova e con 2 figli di 8 e 11 anni residenti all’estero, con un reddito da lavoro domestico percepito nel 2020 di 14.800 euro, alla quale dal 1° luglio 2021 al 28 febbraio 2022 spettava un ANF mensile di 257,25 euro a cui si aggiungevano 137 euro di detrazioni (69 euro per ciascun figlio): la sua perdita con il passaggio all’Assegno unico è stata di ben 394,25 euro al mese e 4.731,00 euro l’anno.
Arriva a 446,46 euro mensili e 5.357,52 euro l’anno la perdita di un lavoratore con coniuge e 3 figli di 2, 6 e 10 anni residenti all’estero, e un reddito da lavoro dipendente percepito nel 2020 di 30.200 euro, a cui spettava un ANF mensile di 249,46 euro e una detrazione mensile di 197 euro per i 3 figli, di cui uno minore di 3 anni.
Occorre poi considerare che tali cifre non tengono conto della rivalutazione in relazione all’inflazione che ci sarebbe stata se fossero stati ancora vigenti ANF, dunque, la perdita reale per queste famiglie è ancora maggiore.
“Ci opporremo a ogni tentativo di far cassa su lavoratori e lavoratrici – proseguono Barbaresi e Gabrielli – che peraltro pagano tasse e contributi, e all’utilizzo, ancora una volta strumentale della questione immigrazione per distogliere l’attenzione dal problema da affrontare. Con il Patronato INCA stiamo attivando tutte le azioni necessarie per cancellare questa discriminazione”.
“È inverosimile e paradossale che un Governo che ha costruito tanta parte della propria propaganda sull’incremento della natalità – concludono le segretarie confederali della Cgil – continui a deprivare molte famiglie dell’unico strumento strutturale sul quale è oggi possibile fare affidamento”.