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Roma, 5 maggio - “Una norma intollerabile, pericolosa, che ci fa tornare indietro anche rispetto alle sentenze sulla trasparenza algoritmica che abbiamo vinto nei confronti delle aziende che prevedono l’utilizzo di sistemi ‘integralmente’ automatizzati, una norma che cancella - di fatto - gli obblighi informativi nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori, un regalo alle piattaforme”. Così la Cgil nazionale commenta le misure contenute nel Decreto Lavoro che intervengono sul Decreto Trasparenza.
“La riscrittura della norma - spiega la Confederazione - operata con il provvedimento pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale, prescrive gli obblighi informativi solo in presenza di sistemi ‘integralmente’ automatizzati e specifica che tali obblighi non si applicano ai sistemi protetti da segreto industriale e commerciale. Tali obblighi erano stati introdotti con il cosiddetto Decreto Trasparenza in fase di recepimento della Direttiva Europea sulle condizioni di lavoro eque, trasparenti e prevedibili e aprivano una via importante verso la trasparenza obbligatoria nel caso di utilizzo di sistemi di monitoraggio automatizzati, attribuendo una valenza importante al concetto di trasparenza algoritmica, fermi restando i vincoli dell’art 4 dello Statuto dei lavoratori”. “Questa norma - aggiunge la Cgil - rendeva meno sperequato il rapporto tra datore di lavoro e lavoratori, e stabiliva precisi obblighi di trasparenza nell'utilizzo dei sistemi ‘algoritmici’. La norma aveva permesso l’avvio anche di contestazioni per inadempimenti, come avvenuto per il ricorso contro Uber eats Italy, attivato dalle strutture Filcams, NIdiL e Filt a Palermo, tra le altre cose, chiedeva con successo che si ordinasse alla società di adempiere in tema di informazioni specificamente richieste dalle organizzazioni sindacali”.
Per il sindacato di corso d’Italia “il nuovo decreto ha riportato la situazione decisamente indietro. Di fatto la trasparenza si applicherà solo ai sistemi integralmente automatizzati che, nella realtà, sono già regolamentati dal GDPR che all’art.22 sancisce un generale divieto di sottoporre un individuo a processi decisionali automatizzati compresa la profilazione. Dunque, in un tempo in cui è sempre più diffuso l’utilizzo di sistemi algoritmici e l’Europa stessa si muove per rendere la trasparenza l’elemento cardine del loro utilizzo, il Governo decide di fare un passo indietro garantendo i datori di lavoro, accettando di non contrastare l’opacità dell’algoritmo e privando lavoratori e loro rappresentanze di uno strumento essenziale per esercitare diritti”, conclude la Cgil.