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Roma, 30 gennaio 2024 - Nel corso dell’audizione alla Commissione Industria-Agricoltura del Senato sul decreto legge ex Ilva, come Fiom e Cgil abbiamo ribadito che la salita del capitale pubblico era la soluzione che avrebbe garantito la continuità aziendale, produttiva e occupazionale dei lavoratori diretti, dell’ex Ilva in AS e dell’indotto.
Abbiamo presentato una serie di modifiche da apportare al decreto legge ex Ilva del 18 gennaio 2024, n° 4. In riferimento all'articolo 2 abbiamo formulato la richiesta che sia specificata sia la continuità aziendale sia la continuità produttiva. Il decreto attualmente menziona solo la continuità aziendale. È necessario garantire l’occupazione e il blocco dei licenziamenti, per tutti i lavoratori compresi indotto e appalti, in modo che sia assicurata anche la continuità produttiva.
A tal fine il limite massimo di investimento di 320 milioni nel 2024 fissati nel decreto non è sufficiente a garantire il mantenimento della produzione di acciaio. Occorrono risorse aggiuntive a Taranto per la ripartenza degli altiforni e a Genova per la rimessa in funzione del carroponte e della linea della banda stagnata, oltre agli investimenti per manutenzioni in tutti gli stabilimenti al fine di garantire la salute, la sicurezza e la tutela dell’ambiente.
Riteniamo positivo che nel decreto, come da nostra richiesta, sia garantita l’attività dei lavoratori addetti alle manutenzioni ordinarie e straordinarie.
È necessario un ammortizzatore unico in deroga per garantire la continuità occupazionale e l’integrazione salariale per i lavoratori.
Dobbiamo scongiurare la paralisi delle attività, aumentare lo stanziamento, rilanciando la produzione, mettendo in sicurezza impianti, lavoratori e ambiente e garantendo la tenuta industriale dell’indotto. Senza acciaio non c'è futuro industriale per il nostro Paese. Ci aspettiamo la convocazione in queste ore da parte di Palazzo Chigi, in quanto occorre agire immediatamente”.
Lo dichiarano in una nota congiunta Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil e Pino Gesmundo, segretario nazionale della Cgil