Roma, 10 dicembre - “L’Istat, che solo pochi giorni fa aveva dovuto rettificare le previsioni sul Pil 2024, riportando il tasso di crescita al più realistico 0,5%, oggi ha certificato il 21° mese consecutivo di calo della produzione industriale, confermando una tendenza negativa su beni di consumo, beni strumentali e intermedi. Una fotografia distante anni luce dalle roboanti dichiarazioni della Presidente Meloni che continua a raccontare un paese immaginario, mentre quello reale affonda”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo.

“A parte i settori alimentari, quelli dell’energia e della riparazione e installazione di apparecchiature, il resto dell’industria italiana mostra i segni inequivocabili della recessione”, commenta il dirigente sindacale, che sottolinea: “il settore della produzione di mezzi di trasporto segna un drammatico calo del 16,4% su base annua, così come a due cifre è il calo della produzione legata ai prodotti petroliferi raffinati e alle attività estrattive, rispettivamente -15,9% e -12,4%; la chimica, la metallurgia, il manifatturiero e il settore del tessile registrano ancora una volta decrementi di produzione ben al di sotto della media complessiva, che si attesta ad un -3,6% su ottobre 2023”.

“È un dato che come Cgil ci aspettavamo - prosegue Gesmundo - perché, al di là della narrazione sempre meno credibile del Governo, la crisi dell’industria la misuriamo quotidianamente ai tanti tavoli istituzionali di crisi al Mimit e a quelli che quotidianamente affrontiamo sui territori. Tavoli che ormai hanno un tratto comune fatto di chiusure e delocalizzazioni di fabbriche e imprese, di riconversioni industriali che impoveriscono qualità di produzione e occupazione, di licenziamenti e cassa integrazione, ammortizzatore che a settembre (ultimo dato disponibile) registra poco meno di 45 milioni di ore, con un incremento del 18,87% sullo stesso mese del 2023”.

“Per citarne alcune - aggiunge il segretario confederale della Cgil - stiamo parlando di Stellantis, Beko, Versalis, Glencore e di tante altre situazioni di gravi crisi in settori nodali della nostra industria, sulle quali il Governo, a cominciare dal Ministro Urso, il più delle volte si limita ad assecondare passivamente e senza protagonismo alcuno le richieste delle imprese, in primis delle grandi holding e dei fondi di investimento, senza nessuna visione sulle politiche industriali che necessiterebbero al Paese”.

“Una situazione ormai al limite - sostiene Gesmundo in conclusione - resa ancora più grave dalle previsioni dello stesso Istat, che solo cinque giorni fa ha stimato per la seconda parte del 2024 un progressivo peggioramento delle prospettive sull’occupazione in tutti i comparti, con un rallentamento del tasso di crescita dell’occupazione nel corso del 2025. Ciò significherà anche che il disallineamento tra i dati sull’occupazione, definiti dal Censis ‘una sorta di bolla’, e quelli sulla crescita inizieranno a convergere, acclarando una crisi che solo l’incapacità e il populismo di questo Governo continuano a negare”.