Roma, 24 febbraio - “Le donne italiane sono ancora profondamente vittime di una grave discriminazione di genere, irrobustita, se non aggravata, da alcuni dei provvedimenti assunti dall’attuale governo. Nonostante siano più preparate e più istruite dei colleghi uomini, lavorano meno, guadagnano meno, fanno meno carriera. Non solo un’ingiustizia, ma anche un’evidente perdita di competenze e abilità per il Paese, sulla quale si dovrebbe intervenire in modo strutturale per rilanciare l’economia e lo sviluppo”. Così la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione commenta il Rendiconto di genere 2024 Inps, presentato oggi nel corso di un convegno al quale è intervenuta.

La dirigente sindacale sottolinea che “in Italia, il gap occupazionale uomo/donna, che subisce anche divari ampissimi per aree geografiche, è ancora di 17 punti percentuali e con una differenza di 26 punti nelle assunzioni con contratti a tempo indeterminato. In questo segmento poi solo il 21% delle lavoratrici ha contratti da dirigente e il 32,4% da quadro, a differenza degli uomini che rispettivamente sono il 79 e il 67,6%. Non solo non ottengono contratti a tempo indeterminato, ma soprattutto le loro maggiori competenze non vengono riconosciute. Basti pensare che, in aumento rispetto agli anni precedenti, oltre il 40% delle donne tra i 25 e i 34 anni è sovra istruito rispetto alle professioni e agli inquadramenti ottenuti. È evidente che c’è un problema di pregiudizi culturali che vanno scardinati. Nulla che bonus occasionali e non misure sistematiche possa cambiare”.

“Anche per questo – aggiunge Ghiglione – è fondamentale sostenere il referendum sul lavoro promosso dalla Cgil, affinché si possa migliorare questa condizione e garantire maggiore equità e stabilità nel mercato del lavoro, riducendo le discriminazioni nei contratti e nelle carriere delle donne”.

Per quanto riguarda i dati previdenziali, “confermano come le donne, penalizzate lungo l’intero arco della vita lavorativa, non possano che esserlo anche da anziane, con pensioni mediamente più basse rispetto agli uomini di oltre il 25%, ma soprattutto con età di uscita dal lavoro più alte a causa della discontinuità lavorativa e dei part time che rendono più difficile il raggiungimento dei requisiti”.

Per Ghiglione “l’intero Rendiconto inanella una serie di discriminazioni che colpiscono le donne da quando iniziano a lavorare fino alla pensione. Ma da questo Esecutivo sentiamo demagogicamente parlare solo di inverno demografico e di incentivi alla natalità, quando tutti i dati confermano l’esistenza di una child penality che contribuisce a discriminare le donne che lavorano. Aumentare il congedo obbligatorio di paternità, ad esempio, sarebbe una misura importante, ma il Governo – denuncia – si è limitato a dare attuazione al minimo previsto dalla Direttiva europea, portandolo a 10 giorni e dimostrando ancora una volta di non voler davvero fare nulla”.

“Inoltre – aggiunge la segretaria confederale della Cgil – la cronica carenza di asili nido e servizi per l’infanzia nel nostro Paese, soprattutto al Sud, continua a rappresentare uno dei principali ostacoli alla piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro, spesso costrette a ridurre l’orario o ad abbandonare l’occupazione. Senza un investimento strutturale su servizi educativi per l’infanzia, qualsiasi discorso sulla parità di genere rischia di rimanere vuoto”, conclude Ghiglione.