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- CGIL e UIL insieme hanno proclamato per venerdì 29 novembre p.v. 8 ore di sciopero generale.
L’Assemblea Nazionale delle delegate e dei delegati della CGIL svolta a Milano il 6 novembre 2024 invita tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori ad aderire alla giornata di sciopero e a partecipare alle manifestazioni che si svolgeranno contemporaneamente in tante città del nostro Paese. - È il momento di riprenderci la scena e di lottare tutti insieme per difendere l’occupazione, aumentare i salari, superare la precarietà nei settori pubblici e privati per creare un lavoro stabile e sicuro, garantire il diritto universale alla sanità, all’istruzione, alla pensione pubblica, contrastando il processo di privatizzazione in corso.
- È il momento di lottare insieme per garantire un futuro al nostro sistema industriale manifatturiero e dei servizi, attraverso uno straordinario piano di investimenti pubblici e privati, mettendo in campo politiche industriali in grado di affrontare la transizione digitale, ambientale ed energetica, invertendo un declino produttivo sempre più evidente in Italia ed in Europa.
- È in gioco la libertà di esistere di tutte le persone che per vivere vogliono lavorare in sicurezza, con dignità, con giustizia sociale in un mondo ambientalmente sostenibile e senza guerre.
- È il momento di lottare insieme per conquistare una vera riforma fiscale per cambiare le scelte e gli indirizzi di politica economica e sociale del governo andando a prendere i soldi dove sono: grandi patrimoni, profitti, extraprofitti, rendita finanziaria, ed immobiliari, lotta all’evasione fiscale, al lavoro nero ed al caporalato.
Non è sopportabile che il reddito da lavoro dipendente e da pensione sia tassato più del doppio della rendita finanziaria immobiliare, dei profitti e del lavoro autonomo al punto che nel 2024 saranno 17 i miliardi di maggiori entrate dell’IRPEF al 90% pagate da dipendenti e pensionati, mentre il potere di acquisto dei salari non è tutelato.
È paradossale che ciò avvenga quando l’Area Studi di Mediobanca certifica che nel 2023 il fatturato ed il valore aggiunto delle prime 200 medie e grandi imprese è aumentato del 33%, il peso dell’utile netto è aumentato del 14% mentre il costo del lavoro è calato del 12%.
E tra il 2020 e il 2023 gli azionisti si sono distribuiti ogni anno una media dell’80% degli utili lasciando solo il 20% come contributo all’autofinanziamento degli investimenti. - La crisi che ora stiamo vivendo del nostro sistema industriale, manifatturiero e dei servizi è dovuta, oltre che al quadro internazionale ed al ritorno della guerra, anche alla riduzione degli investimenti, ai ritardi tecnologici, alla mancanza di infrastrutture, all’aumento della precarietà, all’affermarsi di un modello di fare impresa fondato non sulla qualità e l’innovazione ma su un sistema di subappalti che incentiva la competizione sulla riduzione dei costi e dei diritti e che produce un aumento dei morti e degli infortuni sul lavoro.
La produzione industriale è in calo da 19 mesi, calano le ore di lavoro, aumenta il ricorso alla CIG, interi settori produttivi, come ad esempio automotive, abbigliamento, petrolchimici, sono al collasso e si stanno moltiplicando annunci di chiusure, trasferimenti d’impianti e licenziamenti. - Le scelte del governo di tagliare la spesa pubblica per i prossimi 7 anni e di non agire sull’aumento delle entrate e degli investimenti aggrava la situazione e peggiora le condizioni di vita e di lavoro delle persone.
Nella legge di bilancio consegnata al Parlamento non c’è alcuna svolta sulle politiche industriali, anzi vengono tagliati gli investimenti pubblici a cominciare dal settore automotive, aumentano i ritardi e le incognite sulla realizzazione del PNRR, non è previsto nulla sulla riduzione dei costi dell’energia e sull’incremento delle fonti rinnovabili, anzi conferma un PNIEC del tutto inadeguato, fondato sull’idea non condivisibile della neutralità tecnologica; si riducono le risorse agli enti locali, alla sanità, all’istruzione; si peggiorano le pensioni, si fanno nuovi condoni fiscali, non si adeguano i salari all’inflazione reale. - Nella legge di bilancio l’unica spesa pubblica che aumenta è quella per le armi e ciò è inaccettabile perché fomenta solo la guerra.
- Un governo che pericolosamente mette in discussione la nostra Costituzione con il provvedimento dell’autonomia differenziata, con il premierato che mortifica la democrazia, con il disegno di legge sulla sicurezza che mette in discussione la libertà di espressione e di manifestare, con l’attacco inaccettabile alla indipendenza della magistratura.
- La crisi è italiana ed europea.
Insieme al Sindacato Europeo (CES) giudichiamo negativamente le scelte della Commissione Europea, approvate anche dal governo italiano, che hanno riproposto un nuovo patto di stabilità che non esce dalle politiche di austerità che sono la causa della crisi industriale, tecnologica e occupazionale che il Continente europeo sta vivendo.
Insieme al Sindacato Europeo, per fermare il vero e proprio rischio di marginalizzazione e deindustrializzazione dell’Italia e dell’Europa, rivendichiamo lo stanziamento di risorse pubbliche e private per realizzare centinaia di milioni di euro di investimenti necessari per i prossimi 10 anni per le nuove politiche industriali. Accompagnate da piani di salvaguardia, riqualificazione ed ampliamento dell’occupazione anche tramite una strategia di riduzione degli orari di lavoro, di formazione permanente e di sostegno al reddito.
Solo così si può affrontare la transizione ecologica ed energetica, quella digitale ed il drammatico cambiamento climatico. - Così come rivendicato con la proclamazione di scioperi nel settore metalmeccanico, chimico, dell’istruzione e della ricerca, del trasporto è il momento che direttamente laPresidenza del Consiglio convochi specifici tavoli per realizzare accordi sindacali che impegnino le imprese ed il governo a precisi progetti d’investimento ed industriali.
- Consideriamo necessario creare una vera e propria Agenzia Pubblica per un nuovo modello di sviluppo per tutto il Paese comprese le aree interne ed il Mezzogiorno.
- Rivendichiamo un confronto per accelerare la produzione di energia rinnovabile e separare i costi da quella derivante da fonti fossili al fine di ridurre il costo dell’energia e condizionarlo a piani di investimento e di sviluppo.
- Rivendichiamo una piena tutela delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti dai processi di cambiamento determinati dalle transizioni in corso anche con la definizione di un apposito ammortizzatore sociale e con il ripristino del blocco dei licenziamenti.
In tale ambito la riduzione degli orari di lavoro e il diritto alla formazione permanente devono essere oggetto di contrattazione nei contratti nazionali e di specifici provvedimenti legislativi quali strumenti di governo dei processi d’innovazione compreso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi. - Rivendichiamo la necessità di sostenere la ricerca di base e l’innovazione tecnologica, investimenti in ricerca e sviluppo, collaborazioni tra industria ed Università con particolare attenzione alla transizione digitale e verde ed alla crescita dimensionale delle imprese.
- Servono, cioè, politiche pubbliche capaci di coniugare sviluppo sostenibile con la difesa e la creazione di nuovo lavoro, strumenti che garantiscano tutela sociale, sostegno al reddito, riqualificazione e formazione per le lavoratrici e i lavoratori a partire da quelli coinvolti nei processi di riconversione.
Proclamando insieme alla Uil lo sciopero generale del 29 Novembre, ci siamo assunti la responsabilità di indicare a tutto il Paese che non c’è futuro se non si rimette al centro delle politiche economiche e sociali il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita delle lavoratrici e dei lavoratori, i loro diritti sociali e civili, la giustizia sociale e la sostenibilità ambientale.
Al lavoro e alla lotta !