Roma, 16 maggio - “Siamo di fronte alla resa del Governo Meloni ai poteri forti della finanza: le privatizzazioni annunciate sembrano un segnale ai mercati per convincerli a sostenere il debito pubblico italiano. Al solo scopo di fare cassa si adotta una soluzione vecchia, già sperimentata e fallimentare, che invece di migliorare l’apparato industriale del Paese in passato ha distrutto campioni nazionali pubblici e le grandi aziende private che si erano sviluppate a sostegno del business principale, con l’unico beneficio per gli azionisti che si sono arricchiti grazie agli enormi dividendi”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo in seguito alla notizia della cessione da parte del Ministero delle Finanze del 2,8% del capitale sociale di Eni.

Per il dirigente sindacale “siamo di fronte ad un’operazione non conveniente dal punto di vista economico, come ha dovuto ammettere anche il ministro Giorgetti. La vendita delle azioni possedute dal Mef – spiega – avrà in realtà un effetto negativo per i conti dello Stato, che a causa dei mancati incassi per i dividendi vedrà ridursi le entrate in maniera maggiore della riduzione della spesa per gli interessi sul debito”. Inoltre, questo progetto “indebolirà ancora di più il ruolo di Eni sul processo di transizione ambientale proprio nel momento in cui l’Italia dovrebbe concentrare tutti i suoi sforzi per recuperare i ritardi accumulati, che rischiano di produrre pesanti danni per l’economia del nostro Paese”.

“Se nei piani di impresa che si stanno predisponendo – prosegue Gesmundo – sarà prevista la societarizzazione di rami, sarà evidente l’accordo di governance raggiunto con gli investitori finanziari: uno scambio tra un sostegno dei poteri finanziari forti all’acquisto del debito pubblico italiano e la cessione di sovranità degli asset strategici del Paese, che relegherà l’Italia a ruolo di mero mercato europeo e non più di nazione industriale d’Europa. Se a questo aggiungiamo le voci sulla vendita di quote azionarie di Ferrovie dello Stato e dei Porti il quadro è completo: il privato entrerà nelle leve di comando degli asset strategici del Paese condizionando le scelte del Governo”.

Passando a Poste Italiane, per il segretario confederale della Cgil “nonostante il Governo continui a dire che il controllo resterà nelle mani dello Stato, con la cessione di una quota significativa delle azioni il nuovo management farà esattamente quello che è stato fatto in Telecom, Autostrade, Alitalia, ossia tagliare gli investimenti e i servizi sul territorio, mentre gli azionisti staccheranno cedole di dividendi straordinarie. In questo caso si chiuderanno gli sportelli, si spingerà sull’automazione del servizio mettendo in difficoltà la clientela di Poste in larga parte composta da persone anziane. Ciò comporterà da un lato una riduzione drastica del personale e dall’altra il ridimensionamento di tutte le aziende che per Poste operano. Nel medio lungo periodo – aggiunge in conclusione – sarà inoltre ridimensionata la capacità di Poste di attrarre il risparmio privato con una decurtazione di quelle entrate che oggi rappresentano il flusso economico di Cassa Depositi e Prestiti”.

→ Per approfondire, l’intervista di Pino Gesmundo a Collettiva.it