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Roma, 11 gennaio - "Il mercato delle Tlc italiano perde valore perché sono troppe le aree in ritardo di connessione veloce. Ciò significa che, ad oggi, è fallita l’avventura delle ‘2 reti’. Inoltre, l’avere riposto l’attenzione solo sulla capacità del mercato di riequilibrare il sistema delle reti italiane ha prodotto le condizioni di fallimento attuali”. Lo affermano Barbara Apuzzo, responsabile Politiche e sistemi integrati di telecomunicazione della Cgil nazionale, e Riccardo Saccone, segretario nazionale Slc Cgil a seguito delle dichiarazioni di oggi del Ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, in audizione in commissione Trasporti della Camera.
“Ovviamente - aggiungono Apuzzo e Saccone - questa situazione spiega il perché in Italia coesistono più operatori rispetto agli Usa che, se da un lato consentono condizioni tariffarie sempre più basse, dall’altro non sono in grado di sostenere gli investimenti. La frammentazione e la debolezza delle imprese rischia di tenere il Paese nel limbo del sistema alto delle Tlc”. Per i due dirigenti sindacali “c’è bisogno di un bagno di realtà e, a parte l’inopportunità di definire in una fase come questa ‘war room’ quella che immaginiamo voglia essere l’ennesima operazione di monitoraggio, è necessaria una forte direzione pubblica nel sistema delle Tlc”.
“Se c’è un elemento che emerge dai dati sui ricavi, è che il valore delle reti - sottolineano Apuzzo e Saccone - diventa forte quando si abbina agli asset a maggiore valore aggiunto delle Tlc. La letteratura di comodo sulla separazione tra reti e servizi serve solo ad aggravare le condizioni esistenti nel mercato delle Tlc. Questo settore, probabilmente come tutto il sistema produttivo del Paese, paga la scomparsa di un'azienda di riferimento, di sistema”. “L'analisi evidentemente non fa difetto al Ministro Urso, ora attendiamo i fatti. La vicenda della rete unica e dei destini di Tim rappresenta forse l'ultima occasione per garantire a questo Paese, a questo settore, un campione nazionale che sappia indirizzare le politiche di sviluppo e gli investimenti. Altrimenti i dati odierni non potranno che peggiorare, così come - concludono Apuzzo e Saccone - peggiorerà lo sviluppo infrastrutturale del Paese”.