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FIBERCOP TIM AZIENDA TELECOMUNICAZIONE TELECOMUNICAZIONI CENTRALINA FIBRA OTTICA
Roma, 19 febbraio – “Bisogna leggere il Financial Times per avere i dettagli della fibrillazione che sta riguardando FiberCop in queste ore. La società prevede per il 2025 un EBITDA inferiore di 449 milioni di euro rispetto alle stime iniziali, con la verosimile possibilità che il gap per i prossimi cinque anni possa raggiungere i 2 miliardi di euro. Tanto è bastato per agitare i fondi speculativi, KKR in testa (con il 37,8% delle azioni), che come avevamo denunciato, contrariamente a tutte le narrazioni che descrivevano lo scorporo della rete come un’opportunità per Tim e per il Paese, puntavano ad una massimizzazione degli investimenti e dei profitti”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo.
“Ora si cercherà di recuperare quella massimizzazione – prosegue il dirigente sindacale – visto che FiberCop sta lavorando a un nuovo budget per il 2025, che dovrebbe essere pronto entro fine mese e presentato il 25 febbraio. Ma il tema è come ciò avverrà. Domanda non di poco conto, dal momento che quello che accade nel perimetro dell'ex Incumbent ha evidenti ricadute su tutto il settore delle TLC”.
“Spiace doverlo ricordare – ribadisce Gesmundo – ma la Cgil ha lanciato l’allarme sin da subito sulla pericolosità di un’operazione di scorporo della rete che non ha precedenti in Europa. Era ed è oggi più che mai evidente che gli interessi di un fondo di investimento americano sarebbero stati prioritari rispetto al progetto di sviluppo infrastrutturale del Paese".
Per il segretario confederale “questo doveva essere il tempo degli investimenti pazienti, per accompagnare la fase di transizione digitale. Ma il Governo ha scelto di sostenere lo spacchettamento di uno degli ultimi player nazionali, seguendo la logica miope e scellerata con cui continua a privatizzare le partecipate pubbliche, cedendo di fatto a fondi di investimento asset strategici del Paese invece di utilizzarli per piani di sviluppo”.
“Tra l’interesse generale e il mercato si è scelto quest’ultimo. A pagare per queste scelte sciagurate sono ancora una volta cittadini e imprese, mentre i lavoratori rischiano di essere travolti da ulteriori giochi di finanza creativa. Il Governo – conclude Gesmundo – convochi immediatamente un tavolo”.