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Roma, 4 dicembre – “L’azienda ha confermato la volontà di procedere alla ristrutturazione delle attività, con la chiusura degli ultimi due impianti di cracking, a Priolo e Brindisi, e la chiusura totale del sito industriale di Ragusa, che producono i prodotti della chimica di base in Italia. Chiusure che, dopo quelle avvenute negli ultimi anni a Porto Torres, Gela e Porto Marghera, oltre a comportare la perdita a cascata di migliaia di posti di lavoro, significa porre fine alla produzione di questi prodotti, fondamentali poiché l’80% di essi viene utilizzato da tutti gli altri settori industriali del nostro Paese. Eni è un’azienda partecipata dallo Stato con una quota rilevante, non può comportarsi come un qualsiasi fondo finanziario che agisce solamente per aumentare la profittabilità degli investitori. Il Governo impedisca questo scempio”. È quanto dichiarano in una nota congiunta Cgil nazionale e Filctem Cgil in merito all’incontro convocato ieri dal ministro Urso sul piano di riorganizzazione annunciato da Eni in relazione al ruolo della controllata Versalis.
“Le produzioni chimiche nel nostro Paese – sottolineano – hanno la necessità di mantenere una loro forte integrazione, e questo piano rischia di mettere in discussione tutti gli altri stabilimenti come Ferrara, Mantova, Ravenna, causando un effetto domino di portata devastante dal punto di vista industriale e sociale, che riguarderebbe, tra occupati diretti e indotto, oltre 20.000 persone”.
Per Cgil e Filctem “in questo modo si guarda all’interesse degli azionisti, che lamentano le perdite derivanti da una crisi congiunturale legata alla sovraproduzione cinese e al rallentamento della produzione industriale mondiale. Ma ciò che si determinerà – ribadiscono – avrà impatti gravissimi, perché indebolirà ulteriormente il tessuto produttivo italiano e ci condannerà, anche in questo settore, alla subalternità delle importazioni estere, esponendo la fragilissima competitività delle nostre aziende alle ben più forti e consolidate dinamiche dei mercati mondiali. Una lotta impari, aggravata dalle tensioni geopolitiche che rappresentano un rischio gravissimo per il nostro Paese”.
“Siamo convinti che il ministro Urso sbagli a ritenere positiva la riconversione annunciata dall’azienda. Perché Eni si limiterà svolgere di fatto la funzione di intermediario sull’acquisto dei prodotti della chimica di base, non potendo agire per soddisfare i bisogni nazionali. Esattamente come già avvenuto durante il periodo della pandemia”.
“Chiederemo al Governo che al tavolo per la chimica convocato per il giorno 5 dicembre p.v. si discuta di come impedire questo scempio. Occorre intervenire urgentemente sui veri problemi che riguardano l’intero tessuto industriale del nostro Paese, a partire dal tema centrale del costo sproporzionato dell’energia. Il sovranismo – concludono Cgil e Filctem – non può essere la risposta alla crisi, ormai evidente dopo venti mesi di calo della produzione industriale. Vanno introdotte azioni e strategie concrete per garantire la competitività delle imprese italiane, evitando di esporle a rischi di mercato legate a dinamiche internazionali e dunque non governabili”.