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© Marco Merlini / Cgil
Per poter avanzare delle considerazioni di maggiore dettaglio occorrerebbe avere a disposizione un corredo di dati maggiormente particolareggiato e che incroci il dato relativo alle richieste di nulla osta con i settori e le diverse tipologie di quote per ambiti regionali e territoriali.
In particolare, tale maggiore dettaglio è del tutto necessario per l’analisi dei nulla osta rilasciati, dei visti d’ingresso e dei contratti di lavoro attivati che nel dato reso disponibile si limita alla sola annualità del 2022 senza alcuna ripartizione territoriale.
Sarebbe utile poter disporre correntemente di un cruscotto di dati, accessibile attraverso i siti istituzionali, per poter operare un monitoraggio continuativo e per l’aggiornamento delle valutazioni anche in relazione agli interventi che possono essere agiti dalle parti economiche e sociali nell’ambito delle rispettive competenze.
È noto l’incremento delle quote d’ingresso a valere sui flussi per il triennio 2023-2024-2025.
Negli incontri che si sono tenuti per la definizione dei fabbisogni si era data evidenza che il solo incremento delle quote senza intervenire sulla procedura e sulla impostazione complessiva della regolazione legislativa tra lavoro e migrazioni non avrebbe di per sé risolto il tema di come garantire un efficace incrocio tra la domanda e l’offerta di lavoro per superare le inefficienze e la casualità che caratterizza la modalità del click-day.
Per le successive programmazioni, alla luce anche delle richieste di nulla osta presentate per il 2024, occorre ampliare le quote.
È utile evidenziare già lo scarto che si è generato tra il fabbisogno espresso dalle parti sociali e le quote complessive previste dal DPCM del 27 settembre 2023 che ha individuato i flussi in ingresso.
Complessivamente gli ingressi complessivi sono previsti per il triennio in 482.000 unità, il fabbisogno che era stato espresso si attestava a 788.000 unità.
Si evidenzia inoltre che delle quote previste dal decreto il 60% riguarda il lavoro stagionale e il 40% il lavoro non stagionale.
Pertanto, la valutazione sul rapporto con le richieste di nulla osta non occorre riferirlo al fabbisogno espresso ma alle effettive quote che sono state previste dal decreto: a fronte di 151.000 unità previste per il 2024 dai dati forniti sono state presentate oltre 687.000 richieste.
Se ci si riferisce al solo lavoro non stagionale a fronte di 61.250 previste dal DPCM sono state presentate, il dato è dell’aprile 2024, oltre 350.000 richieste.
Si è in presenza di un differenziale tra quote in ingresso e richieste di nulla osta che si attesta intorno al + 450% complessivo e di quasi il + 600% per il solo lavoro non stagionale.
Al netto di fenomeni che hanno un carattere “distorsivo” l’eloquenza di tali numeri, a partire dal differenziale tra il fabbisogno espresso dalle parti sociali e le quote effettivamente previste, evidenziano una insufficienza della programmazione triennale.
Questo è il dato più evidente dal quale partire per rivedere le modalità di ingresso per lavoro e porre correttivi rispetto anche alla programmazione 2023- 2025 riconfermando le criticità sopra evidenziate su cui pure occorre intervenire.
Altro elemento di valutazione che emerge dai dati è la sintesi relativa agli effetti del decreto flussi del 2022.
Il primo dato che emerge è il differenziale tra i nulla osta rilasciati e i visti d’ingresso rilasciati, incidenza che si attesta intorno al 50%.
Occorrerebbe avere un dettaglio delle ragioni per le quali non si completa il percorso, quantificando le varie casistiche: requisiti soggettivi che non permettono il rilascio del visto, l’azienda che non informa il lavoratore per potersi recare all’Ambasciata o al Consolato per il rilascio del visto, il lavoratore che non si presenta.
Il dato però eclatante è il numero dei contratti attivati rispetto ai visti rilasciati: per il lavoro non stagionale sono stati attivati 4.206 contratti di lavoro a fronte di 17.073 visti d’ingresso rilasciati (24,60%).
Per gli stagionali del settore agricolo i contratti attivati sono 10.836 a fronte di 34.482 visti d’ingresso rilasciati (31,40%). Per i stagionali del settore turismo 1.508 contratti di lavoro attivati a fronte di 2.561 visti rilasciati (58,90%).
Se poi si raffronta il dato dei contratti attivati con i nulla osta rilasciati si può rilevare che non più del 15% delle domande di nulla osta si tramuta poi in contratto di lavoro.
Tali elementi evidenziano due distinte problematiche: la prima è che tutta la procedura dei flussi d’ingresso per lavoro si rivela solo teorica, se solo una minima parte delle quote stabilite dei nulla osta rilasciati e dei visti rilasciati diventa un effettivo contratto di lavoro.
La seconda evidenza, ancora più grave, è che questo meccanismo genera irregolarità nel lavoro e nella condizione giuridica della persona.
Anche per questo occorrerebbero dati più approfonditi (per settori di attività, per territorio) per indagare le cause alla ricerca di rimedi efficaci, anche di natura sanzionatoria.
Il punto è infatti anche valutare quale profilo di responsabilità è in capo a un’azienda che attiva la procedura di rilascio del nulla osta al lavoro e poi non conclude il percorso con l’attivazione del regolare contratto di lavoro.
Di fatto non sussistono obblighi previsti dalla normativa: è il lavoratore che entro otto giorni dall’ingresso nel paese deve recarsi presso lo sportello unico per l’immigrazione per la sottoscrizione del contratto di soggiorno.
La stessa norma prevede che nelle more del rilascio del contratto di soggiorno è possibile svolgere attività lavorativa.
Un’analisi dei dati su più annualità permetterebbe di valutare se per esempio sussistono comportamenti ricorrenti da parte di alcune aziende con la necessità di attivare anche i percorsi ispettivi.
Nel caso di coinvolgimento delle associazioni datoriali con la definizione di una specifica quota per le richieste di nulla osta direttamente presentate, previsione di legge presente per il solo lavoro stagionale, la norma si limita a individuare “un impegno a sovraintendere alla conclusione del procedimento di assunzione fino all’effettiva sottoscrizione dei rispettivi contratti di lavoro”, formula che però non ha un carattere vincolante né sanzionatorio.
Si evidenzia inoltre la necessità di prevedere uno specifico approfondimento sui percorsi di formazione all’estero alla luce delle linee guida emanate nel 2023 e dei diversi progetti che sono stati presentati nei diversi settori produttivi.
La procedura dei flussi, oltre agli elementi legati alla tempistica e al disallineamento tra richiesta di nulla osta ed effettiva conclusione della procedura, è pesantemente condizionata dalla stratificazione che si è generata anche per effetto dei problemi che sono stati evidenziati con i dati presentati.
Sinteticamente:
• la pressione esercitata sul decreto flussi, dal bacino della irregolarità nei titoli di soggiorno, quale strumento possibile di regolarizzazione;
• per questa ragione è necessario prevedere una nuova procedura di regolarizzazione, che avrebbe il duplice effetto di regolarizzare il titolo di soggiorno e far emergere il rapporto di lavoro; così da permettere che sui flussi non ricadano tensioni che non sono direttamente connesse alla copertura dei fabbisogni e che generano – insieme ad altri fattori “distorsivi” – una quota parte di richieste di nulla osta specie per alcune attività lavorative;
• i dati sulla effettiva attivazione dei contratti di lavoro, se messi in relazione ai visti rilasciati, sono una ulteriore determinante incrementale della irregolarità lavorativa e nella condizione di soggiorno.
Si determina quindi l’effetto “paradosso” che l’attuale procedura dei flussi non è efficace per garantire la copertura dei fabbisogni, con quote comunque sottostimate, ed è generativa di irregolarità.
Anche per queste ragioni, oltre a quelle più complessive riguardanti le politiche dell’immigrazione, per la nostra Organizzazione è necessario il superamento dell’attuale quadro legislativo e la definizione di un nuovo modello per regolare la relazione tra le dinamiche migratorie e il lavoro.